Bertolucci, l’ultima intervista: tra Marlon Brando e la ‘big nipple’

A Cannes Classic il documentario di Mario Sesti, prodotto da Erma Pictures in associazione con Istituto Luce Cinecittà


Una locomotiva corre verso lo spettatore, bandiere rosse sventolano attorno allo sbuffo di vapore: è un’immagine mai montata di Novecento che Bernardo Bertolucci regalò a Mario Sesti dopo un incontro pubblico alla Festa del cinema di Roma. Uno dei tanti incontri tra il critico e il grande regista. L’ultimo avvenne in occasione di un’intervista realizzata per la serie Cinecittà I mestieri del cinema prodotta da Erma Pictures in associazione con Istituto Luce Cinecittà e in collaborazione con Sky Arte: 10 puntate per raccontare la settima arte dando la parola ad artisti come Daniele Ciprì, Vittorio Storaro e Luciano Tovoli e premi Oscar come Luciana Arrighi, Gabriella Cristiani, Danilo Desideri, Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo, Dario Marianelli, Manlio Rocchetti. Testimonianze e racconti insieme alle immagini di repertorio dell’Archivio Luce e gli effetti digitali del videoartista Gianluca Abbate. Una delle puntate, quella che vede come protagonista Bernardo Bertolucci, morto pochi mesi dopo l’incontro, il 26 novembre del 2018, ha assunto un sapore speciale, unico. Quello di “ultima intervista”. Ed è ora a Cannes Classics, prestigiosa sezione del Festival che propone restauri di classici accanto a documentari sul cinema, che la mostrerà in prima mondiale il 23 maggio alle 19 in Sala Bunuel.

Mario Sesti ha scelto per il film una chiave personale, persino intima. Proprio a partire dall’immagine di quella locomotiva sfrenata e vittoriosa che è anche un omaggio agli albori del cinema, ai Lumière, e che si lega al titolo del film – 55′ che andranno in onda dopo l’estate su Sky Arte – Bernardo Bertolucci: No End Travelling. Carrelli infiniti, sia in senso spaziale che temporale, come il cinema dell’autore parmense, Che si racconta attraverso i tanti incontri con Sesti prima di quell’ultima intervista.

Ce ne sono di aneddoti imperdibili. La scelta di Marlon Brando per Ultimo tango a Parigi. L’attore americano venne giudicato “troppo vecchio e bolso” dalla Paramount, che non volle fare il film, poi passato alla United Artists, che disse subito di sì. Ma il divo era preceduto da una fama pessima. “Gillo Pontecorvo con Brando aveva appena fatto Queimada e mi avvertì che lui, così timido e gentile, andava sul set con la pistola sperando di avere occasione di sparargli”. Gli Oscar per L’ultimo imperatore che battè L’impero del sole. “Agli Oscar, che a 21 anni avevo promesso a me stesso di rifiutare come Jean Paul Sartre rifiutò il Nobel, c’era questa atmosfera mistica, ispirata… io non la vivevo, mi veniva anzi da ridere. E quando salii sul palco feci una battuta che gelò la sala per un tempo interminabile, fino all’applauso liberatore. Avevo paragonato Los Angeles a un ‘big nipple’, un grande capezzolo, la mattina dopo un DJ in radio aveva ripreso il mio gioco di parole, big nipple contro big apple”.

Bernardo, ventenne imbevuto di Nouvelle Vague e innamorato di Godard, che impone ai giornalisti italiani di intervistarlo in francese per La commare secca, perché il francese è la lingua del cinema, racconta di aver perso l’illusione di immortalità a 35 anni, sul set di Novecento, quando ebbe problemi agli occhi per qualche giorno.

“Quando ho avuto con lui la lunga conversazione che compone il cuore di questo film – racconta Sesti – Bertolucci era da parecchio tempo su una sedia a rotelle e conosceva molto bene la fragilità del corpo, che aveva raccontato attraverso empatici, dolci e toccanti film come Il tè nel deserto, Piccolo Buddha, Io ballo da sola. Il documentario restituisce molti incontri che abbiamo fatto (a volte, su un palco, insieme a grandi personalità come Patti Smith, Wim Wenders, Gérard Depardieu, Marco Bellocchio) e le lunghe chiacchierate su film e registi, sul suo cinema e su quello, sterminato, che amavamo. Nato come episodio di una serie dedicata ai mestieri del cinema, è un omaggio ad un autore che non credo abbia eguali – quanti sono stati un mito delle Nouvelle Vague e allo stesso tempo hanno conquistato Hollywood con un canestro di Oscar? – ed anche un modo personale per conservare la memoria di quei momenti e impedire loro di dissolversi”.

Sesti, che intravediamo in casa di Bertolucci insieme al produttore Max De Carolis, ha impresso alla narrazione un andamento avvolgente, anche grazie all’uso di uno schermo tripartito che permette alle parole di sovrapporsi alle immagini di repertorio, alle foto, agli sguardi. Ai tanti momenti della carriera del regista, dall’invito a pranzo di Billy Wilder che volle vedere la sua casa piena di oggetti Art Nouveau, all’incontro con Francis Ford Coppola nella dimora di Zeffirelli, con l’americano che canticchiava un motivo da Il conformista

Cristiana Paternò
16 Maggio 2019

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