Favino carismatico: così i critici stranieri promuovono Il traditore

Conferenza stampa affollata e ottima accoglienza per Il traditore di Marco Bellocchio al Festival di Cannes. E la critica internazionale promuove il film


CANNES – Conferenza stampa affollata e ottima accoglienza per Il traditore di Marco Bellocchio al Festival di Cannes. Tante e tutt’altro che superficiali le domande rivolte al regista, mentre la critica internazionale promuove il film e in particolare si sofferma sull’interpretazione di Pierfrancesco Favino. Ecco i giudizi dei principali trade. Per Jay Weissberg di Variety: “Mettendo in discussione la natura del pentimento, Marco Bellocchio ricrea il maxiprocesso mafioso in cui Tommaso Buscetta fu testimone chiave in un dramma forte e inaspettatamente diretto. Nella sua prima collaborazione con il regista, il DOP Vladan Radovic cattura la visione del maestro, dai panorami totali di Rio alle scene potenti e incisive degli omicidi di mafia nel rapido montaggio della collaboratrice abituale di Bellocchio Francesca Calvelli. Come sempre l’uso superbo della musica è ancora una volta fonte di piacere, con la celebre canzone messicana Historia de un amor sulla scena della tortura in elicottero o con il coro del Nabucco Va, pensiero su quella della sentenza del maxiprocesso”.

Per Deborah Young di The Hollywood Reporter, attenta osservatrice del cinema italiano, “la dote principale del film è Pierfrancesco Favino (Rush, The Chronicles of Narnia: Prince Caspian) che offre serietà e intensità al suo ritratto di Tommaso Buscetta, figura chiave nel testimoniare davanti al giudice Falcone e al maxiprocesso contro la mafia che si è svolto in Italia dal 1986 al 1992″. E ancora: “nonostante l’assenza di scene da mafia movie – non ci sono teste di cavallo mozzate o omicidi sul sagrato di una chiesa – è uno dei ritratti più rivelatori di Cosa Nostra al cinema. Accanto a Buongiorno, notte del 2003, sul terrorismo e l’omicidio di Aldo Moro, è uno studio di una società malata”.

Roger Ebbert su Screen International esprime così il suo giudizio: “Il traditore è uno sguardo immersivo nella struttura di potere della mafia e sull’enigmatica decisione di un uomo di tradire tutto ciò che un tempo aveva caro. Per quanto avvincente sia questo mondo, Marco Bellocchio non può completamente aggirare le due principali limitazioni insite nella materia: la conoscenza che il pubblico ha di questo ambiente e la densità dei dettagli della storia vera. Detto questo, Pierfrancesco Favino è una presenza talmente carismatica nei panni di Buscetta – capace di imporsi ma anche di restare inconoscibile – che tutto il resto passa in secondo piano”.

Il quotidiano francese Libération, solitamente poco tenero con il cinema italiano più classico, coglie perfettamente il senso del film e ne loda l’abilità nel discostarsi dai cliché del “cinema di mafia” e concentra la sua attenzione su personaggi che, da Buscetta a Falcone, “non sono raccontati come eroi o antieroi, bensì come persone normali, a loro modo perbene, che credono ancora in un’etica all’interno di un mondo dove i valori si sono fatti sempre più rari, ciascuno a modo proprio e ciascuno dalla sua parte”. Anche The Guardian segnala l’eccezionale interpretazione di Pierfrancesco Favino (candidandolo a premio) e applaude il film come “un grande racconto di mafia magnificamente filmato mafia che abbraccia più di 30 anni della vita italiana con l’autorevolezza della storia ufficiale”. Il cuore del film – per il critico che gli assegna tre stellette – è certamente il maxi-processo ripreso come un gran teatro all’italiana, pieno di bizzarrie, colori e personaggi di contorno. E forse è proprio questa però la parte della rappresentazione che lascia più incerti i critici anglosassoni che – come per esempio Indiewire – rimproverano a Il traditore una certa mancanza di emozione ed empatia, come se l’indagine storica trattenesse in qualche modo la passione del regista.

Cristiana Paternò
24 Maggio 2019

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