Eduardo a ritmo di rap

Mario Martone attualizza e porta in concorso 'Il sindaco del rione sanità di De Filippo'


VENEZIA – Passa oggi in concorso l’atteso Il sindaco del rione sanità di Mario Martone, ispirato al testo immortale di Eduardo De Filippo. Testo che Martone ha già diretto a teatro e che viene qui attualizzato e rivisitato, con un Antonio Barracano assai più giovane della versione originale (Francesco Di Leva), un’ambientazione moderna con la colonna sonora rap, e un finale asciugato e affidato esclusivamente al mezzo cinematografico e alle immagini, senza monologhi. Il plot, però, resta inalterato: Don Antonio Barracano è una figura temuta e rispettata nel rione Sanità di Napoli, dove è noto come “il Sindaco” e si occupa di dirimere le liti e amministrare la giustizia secondo i propri criteri, attraverso metodi anche brutali. Quando un ragazzo deciso a uccidere suo padre richiede il suo aiuto, Barracano rivede in lui la sete di vendetta che da giovane lo ha reso ciò che è ora e decide di intervenire, mettendosi in una situazione pericolosa.

“Come attore – dice Di Leva – ho analizzato il testo in cerca di spunti, partendo da dove e quando è nato. Tra il 59 e il 60, quando Che Guevara iniziava la sua rivoluzione a Cuba e Muhammad Ali vinceva le Olimpiadi a Roma. Con il Che non mi tornavano i conti, quindi mi sono riferito a Muhammad, che tra le varie cose è considerato uno degli inventori del rap. Chissà se Eduardo aveva in mente questo nero alto e arrogante che conquistava il mondo quando ha creato Barracano. Questo film doveva avere un sound diverso da quello che aveva lo scritto di Eduardo e lo abbiamo individuato nel rap. Eduardo racconta il Sindaco alla fine della sue vita, in vestaglia e pantaloncini. Io ho provato qualcosa di diverso, a teatro. Entravo in scena in tuta e cappuccio, portandomi una panca dalla palestra e mettendomi a fare gli addominali, cosa che è stata la mia tortura per tutte le prove. Mi sono anche rotto una mano, abbiamo sfruttato la cosa in scena”. Lo conferma anche il giovane Antonio Pantaleo: “dentro di noi risuonavano le parole di Eduardo e il suo ritmo, ma Mario ci ha detto: ‘è uno spartito. Se Eduardo è la chiave classica, noi dobbiamo suonarlo come un pezzo rap’. E il suono ha iniziato a prendere concretezza”.

Martone si concentra in conferenza soprattutto sul rapporto tra cinema e teatro: “Ci sono ovviamente i maestri del ‘cinema teatrale’: Polanski, Fassbinder, Wells e anche Kurosawa. Nel momento in cui ho portato questo testo a teatro ho subito immaginato che se ne potesse fare un film, ma il passaggio funziona solo se il teatro lo conosci e lo rispetti, con la sua compattezza drammaturgica, senza volerlo allargare o ampliare. Abbiamo girato in due ambienti soli, due appartamenti, è una limitazione ma anche una bella sfida. Nel terzo atto, pieno di personaggi in una sola stanza, mi sono ispirato a Hitchcock. Rossellini diceva che la macchina da presa è una forchetta, e quello che conta è cosa porti alle labbra”.

Sul cambio di rotta finale, interviene la sceneggiatrice Ippolita di Majo: “Il finale per noi è solo parzialmente divergente dall’originale, abbiamo affidato alla sola immagine quello che Eduardo affidava a un monologo moraleggiante, e che abbiamo trovato potesse risultare retorico. Non avrebbe avuto la stessa potenza civile, quindi ci siamo totalmente appoggiati sull’immagine cinematografica”. “Di Eduardo si parlerà ancora tra trent’anni e oltre – dice Martone – ma non potevo rappresentare lo spettacolo ai cittadini della Napoli di periferia mettendo in bocca a un personaggio le parole ‘si ammazzassero tra di loro’. Io volevo incontrarli, mettendo in risalto il gesto di responsabilità individuale. Il sacrificio di Barracano diventa ancora più significativo e potente se attuato da una persona giovane e non da un uomo sul viale del tramonto”.

Nel cast anche Massimiliano Gallo, Roberto De Francesco, Ernesto Mahieux. In sala dal 30 settembre al 2 ottobre con Nexo Digital.

Andrea Guglielmino
30 Agosto 2019

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