Motherless Brooklyn, noir a ritmo di Jazz

Il protagonista Lionel Essrog, detto Testadipazzo, è un detective affetto da sindrome di Tourette


E’ un noir venato di Jazz, classico ma personale, il film Motherless Brooklyn di Edward Norton, che apre la Festa del Cinema di Roma. Il romanzo originale di Jonathan Lethem è edito in Italia da Bompiani, e segue la collaudata struttura dell’indagine a scoperte multiple, dove però è il ‘difetto fatale’ del protagonista a costituire l’elemento originale. Lionel Essrog, detto Testadipazzo, è infatti un detective affetto da sindrome di Tourette, interpretato dallo stesso Norton, che si mette sulle tracce degli assassini del suo mentore e amico (Bruce Willis). Dalla Brooklyn del titolo ad Harlem a Wall Street, si troverà impigliato in un intenso crime-drama ricco di rivelazioni e colpi di scena, che sarebbe un peccato se venisse oscurato dall’imminente arrivo alla Festa di Scorsese e del suo The Irishman.

Nel cast anche Alec Baldwin, Gugu Mbatha-Raw e Willem Dafoe. Il film di Norton ha chiuso il New York Film Festival. Norton dichiara in conferenza: “Il mio legame con New York è più antico di qualunque altra città.  Ci vivo da trent’anni e la amo tantissimo, ne conosco gli aspetti meravigliosi ma anche quelli disfunzionali. Ho fuso questo amore con quello per il personaggio che mi ha affascinato fin da quanto ho letto per la prima volta il libro. E’ stato un puzzle complicato, ma sono un tipo piuttosto ostinato”.

Evidentemente, è un momento in cui il cinema si apre alla rappresentazione del disagio, se pensiamo anche al successo del Joker di Todd Philips con la sua isterica ridarella. “Il mio Lionel – dice Norton – rappresenta sia una sfida che una variazione del freak e dell’incompreso. Nella mia carriera ho interpretato lo schizofrenico di Schegge di paura, l’inside man con accanto Brando e De Niro in The Score, il neo-nazi con la svastica tatuata sul petto in American History X… però alla fine è la prima volta che mi approccio a un personaggio con un disagio reale. Quando fai questo, devi essere rispettoso, prenderti il tempo per studiare, magari incontrare persone che la malattia ce l’hanno davvero. La particolarità della sindrome di Tourette è che è molto individuale. Per ciascuno si manifesta con sintomi molto diversi. Io ho fatto un mix per rendere il personaggio vicino quello che mi piaceva. Nel libro c’è una parte bellissima che spiega come la musica possa essere di beneficio per la mente delle persone. Oltre ad essere adatto agli anni Cinquanta che hanno visto la crescita di artisti enormi come Miles Davis e Charlie Parker,  il Jazz era perfetto per un’analogia con il pensiero del protagonista, con le sue melodie ripetute, l’improvvisazione e i cambi repentini e improvvisi”. Tra i compositori della colonna sonora c’è tra l’altro un nome importante, quello di Thom Yorke.

Gugu Mbatha-Raw è il love interest del protagonista. Entrambi sono lontani dallo stereotipo del noir. Lui da quello del duro tutto d’un pezzo e lei sia da quello della femme fatale che della damigella in pericolo. “E’ piuttosto lei a salvare lui. Nel noir spesso sono proprio le donne a spingere il protagonista verso soluzioni ciniche, rivelandosi parte del sistema di corruzione dal quale non si esce”.

“Questa donna – dice invece Mbatha-Raw – è invece colta, laureata, è un’attivista. Certo emarginata proprio per questo e perché donna di colore. Inizialmente i due pensano di potersi aiutare a vicenda, il rapporto sentimentale arriva dopo”.

Il film è distribuito da Warner Bros e In Italia uscirà con il titolo Motherless Brooklyn – I Segreti di una Città il 7 novembre.

A Norton viene chiesto anche un approfondimento su Netflix e sulla presunta polemica lanciata a Spielberg circa la sua posizione sul rapporto tra cinema e nuove piattaforme, ma l’attore minimizza: “Lasciare perdere queste voci che circolano online – dice – Spielbergo è un mio idolo, un amico e uno dei miei mentori. E quella era una conversazione privata, tra amici, in cui affrontavamo gli argomenti con una certa leggerezza. Penso che Netflix abbia gestito benissimo, ad esempio, la distribuzione di Roma, ma io volevo solo fare un’osservazione, non certo una polemica. Il cinema e la sala restano un’esperienza importantissima per tutti noi”.

L’ambientazione anni Cinquanta è un’invenzione del film, dato che il romanzo era ambientato nel suo presente (il 1999). Forse una scelta politica e una critica dell’attuale governo statunitense, attraverso un’allegoria ? Norton si mantiene sul vago anche se durante un’intervista all’Huffpost era stato più esplicito: “Mi sono ispirato a Roman Polanski e al suo Chinatown – aveva dichiarato – Come accade nei film di Polanski, oltre alla componente psicologica c’è un sottotesto politico. Il genere noir può essere letto come una risposta socialista all’attuale amministrazione Trump e alle culture della divisione e del razzismo che tanto vanno di moda. Ho tradito il romanzo: non volevo una storia troppo vicina a noi, ambientata nel 1999; mi piaceva confrontarmi con la realtà odierna immergendo i personaggi negli anni Cinquanta. In quegli anni era impossibile scappare dalla realtà. Dovevi farci i conti per forza”. 

Oggi dice: “Non voglio starci a girare troppo intorno, probabilmente conoscete già la risposta. Se vedete una metafora politica nel film, probabilmente c’è. Tutti coloro che credono nella democrazia hanno investito sul concetto che il popolo debba avere il potere, ma ci sono sempre delle forze, non solo negli USA, che si oppongono a questo concetto”.

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Andrea Guglielmino
17 Ottobre 2019

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