Josephine e Tomasz sono una giovane coppia di sposi apparentemente felice. Melanie è una giovane studentessa rimasta incinta che non sa come affrontare la questione col padre. La madre di Anthony viene rinchiusa in un ospedale psichiatrico dopo esser stata abbandonata dal marito. Le tre storie si intrecciano per caso in un racconto originale sui rapporti tra genitori e figli.
Esce con Movies Inspired dopo il passaggio a Venezia 74 nella sezione ‘Orizzonti’ Vulnerabili di Gilles Bourdos, elegante film ispirato ai racconti di Richard Bausch, arricchito da una scrittura precisa e da un certo gusto ‘pittorico’ per luci e inquadrature: “Ho scoperto l’opera letteraria di Bausch un po’ per caso, ed è stato un immediato colpo di fulmine per questo autore poco conosciuto in Francia, nonostante sia molto famoso negli Stati Uniti. Nella grande tradizione degli scrittori di novelle americani, Bausch è un maestro nell’arte di raccontare nella forma breve storie di intricati rapporti familiari e di coppie che si separano. Ho portato i libri di Bausch allo sceneggiatore Michel Spinosa senza avere un’idea precisa di ciò che avremmo potuto trarne dal punto di vista cinematografico. È stato lui ad avere l’intuizione di costruire il film sullo schema di un gioco di carte, il “gioco delle famiglie”, in cui le carte vengono continuamente rimescolate. Così, il film funziona seguendo la modalità del confronto e dello shock: confronto tra padre e figlia, tra figlio e madre, tra marito e moglie eccetera. I padri sono messi alla prova dalle scelte in amore delle figlie, un figlio affronta la disastrosa vita matrimoniale dei suoi genitori e così via”.
Non si tratta però, di un film prettamente corale: “Volevamo distaccarci – spiega il regista – da quell’approccio. In questo tipo di film, c’è sempre un evento o una situazione iniziale (o finale) che riunisce tutti i personaggi. Durante tutta la scrittura, il nostro impegno è stato quello di creare una tensione costante dall’inizio fino alla fine, senza cedere alla tentazione di creare quel genere di sequenza, più o meno artificiosa, in cui tutti i personaggi reagiscono alla stessa situazione. Abbiamo cercato di creare delle connessioni tra gli eventi senza legarli l’uno all’altro, semplicemente lasciandoci guidare dalla logica dei nostri personaggi. Le situazioni si rispondono, si fanno eco, creano effetti di risonanza e punti di collegamento. Costruire un “film mosaico”, per frammenti, vuol dire anche comporre un oggetto dalle molteplici sfaccettature che sfugge così a qualsiasi conclusione globale in termini di significato. So che alcuni registi amano ispirarsi a metodi e tecniche della musica per costruire la loro storia. Io sono più sensibile alle arti visive. Per trovare il ritmo del film, ho pensato molto ai mosaici di Gaudì o alle asimmetrie di Mondrian. Credo con convinzione in un’estetica dell’eterogeneità e nella tensione che deriva da frammenti disparati assemblati insieme, come nelle composizioni di Rauschenberg. Volevo un film che rompesse con la monotonia dei film accademici in cui sequenze della stessa lunghezza si susseguono allineate impeccabilmente come platani in un giardino alla francese”.
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