Maledetto Modigliani

Solo il 12, 13, 14 ottobre nelle sale italiane il documentario dedicato a uno degli artisti più bohémien del secolo scorso, con gli interventi di Marc Restellini, Paolo Virzì, Simone Lenzi


In occasione delle celebrazioni a 100 anni dalla morte di Modigliani, arriva al cinema solo il 12, 13, 14 ottobre Maledetto Modigliani, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital. Diretto da Valeria Parisi e scritto con Arianna Marelli su soggetto di Didi Gnocchi, il docu-film racconta la vita e la produzione di Amedeo Modigliani (1884-1920), un artista d’avanguardia diventato un classico contemporaneo amato e imitato in tutto il mondo.

Livornese dalla vita breve e tormentata, Dedo o Modì, come fu soprannominato, viene qui narrato da un punto di vista originale: quello di Jeanne Hébuterne, l’ultima giovane compagna che si suicidò due giorni dopo la morte dell’amato, avvenuta all’Hôpital de la Charité di Parigi il 24 gennaio del 1920. All’epoca Jeanne era incinta e lasciava una figlia di un anno. È proprio a partire dalla sua figura e dalla lettura di un passo dai Canti di Maldoror, il libro che Modigliani teneva sempre con sé, che si apre il docu-film che trae ispirazione anche dalla mostra “Modigliani – Picasso. The Primitivist Revolution” ­– curata da Marc Restellini e in programma all’Albertina di Vienna ­– ed è arricchito dalle immagini di opere esposte sia all’Albertina, sia alla National Gallery of Art di Washington, nei musei e nelle collezioni di Parigi e nella grande mostra “Modigliani e l’avventura di Montparnasse” del Museo della Città di Livorno.

Per comprendere Modigliani, quarto figlio di una famiglia di origini ebraiche sull’orlo di una crisi finanziaria, bisogna partire proprio dalla sua Livorno e da una provincia italiana che sin dagli albori gli è troppo stretta. Modigliani decide di partire e andare in cerca di altro. Va a Firenze, poi a Venezia. Arriva a Parigi nel 1906, a 21 anni. È qui che nasce la sua leggenda: tombeur de femmes, alcolista, artista maledetto. In realtà è un uomo che maschera una malattia, che si aggrappa alla vita e alla propria arte. Ha una verità da trasmettere: valori universali racchiusi nella semplicità di linee e volti che ne fanno uno dei maggiori esponenti di primo Novecento.

Nel docu-film sono proprio i suoi dipinti ripresi in set dedicati, da “La Filette en Bleu” al ritratto di Jeanne Hébuterne, a parlarci. Giocando tra riprese della città di oggi e foto e filmati d’archivio in bianco e nero, la voce narrante di Jeanne racconta di quella Parigi di inizio secolo: la Ville Lumière, la metropoli, il centro della modernità, già mercato d’arte e polo d’attrazione per pittori e scultori da tutta Europa. Quelli che allora facevano la fame e oggi valgono milioni, primo fra tutti proprio Modigliani. Durante il suo errare da un alloggio di fortuna all’altro, Amedeo Modigliani, povero, affamato, ma pieno di entusiasmo, incontra un’aspirante poetessa russa, la ventenne Anna Achmatova, e la giornalista e femminista inglese Beatrice Hastings.

Tra gli interventi del docu-film, oltre a quelli dello storico dell’arte e specialista di Amedeo Modigliani Marc Restellini, quelli di Ann L. Ardis, professoressa e Dean al College of Humanities and Social Sciences della George Mason University, esperta di letteratura modernista inglese; Chloe Aridjis, scrittrice e studiosa di poesia francese dell’Ottocento; Harry Bellet, giornalista di Le Monde, studioso e critico d’arte; Giovanni Bertazzoni, Co-Chairman Impressionist and Modern Art Department Christie’s; Laura Dinelli, responsabile Musei Civici di Livorno; Pier Francesco Ferrucci, Direttore Unità di Bioterapia dei Tumori, IEO che da studente è stato tra gli autori della famosa “beffa delle teste” del 1984 a Livorno; l’ebraista Paolo Edoardo Fornaciari; lo scrittore Simone Lenzi, attualmente assessore alla Cultura del Comune di Livorno; il gallerista David Lévy; la pittrice Mira Maodus; lo stilista, costumista e artista Antonio Marras; la pittrice Isabelle Muller; la curatrice del Musée d’Art Moderne de Paris Jacqueline Munck; l’artista John Myatt che grazie al suo talento per l’imitazione, tra il 1986 e il 1995 ha falsificato e collocato sul mercato – insieme al suo complice John Drewe – 200 opere di maestri moderni; il collezionista Gérard Netter; l’artista Jan Olsson; la curatrice del Musée Picasso Paris Emilia Philippot; il direttore generale dell’Albertina di Vienna Klaus Albrecht Schröder; il vicepresidente della Comunità Ebraica di Livorno, Guido Servi; il regista, sceneggiatore e produttore cinematografico Paolo Virzì.

Le musiche originali del docu-film sono di Maximilien Zaganelli e di Dmitry Myachin, già autori della colonna sonora di Ermitage. Il potere dell’arte di Michele Mally (Nastro d’Argento 2020 come miglior documentario d’arte). La colonna sonora originale del film, disponibile su etichetta Nexo Digital/Believe, contiene anche il brano di Piero Ciampi “Fino all’ultimo minuto” (courtesy of Warner Music Italy / Sugar Music).

 

Cr. P.
27 Luglio 2020

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