Rosi: il mio cinema è intuizione, incontro, umanità

"Per me i momenti più belli restano quelli della ricerca, della preparazione, degli incontri. Senza gli incontri il cinema, il mio cinema, non esiste", sottolinea Gianfranco Rosi


“Detesto filmare – dice a sorpresa Gianfranco Rosi, protagonista di uno degli Incontri Ravvicinati della Festa – Quando metti la cinepresa tutto cambia, i momenti più belli per me sono e restano quelli della ricerca, della preparazione, degli incontri. Senza gli incontri il cinema, il mio cinema, non esiste, io non parto dalla sceneggiatura, non ce l’ho proprio ed è per questo che non faccio film di finzione. Io parto dall’intuizione, dall’essenza e perciò sono reticente a filmare e aspetto, aspetto, indugio sulle inquadrature rincorrendo la luce giusta, che per me è un modo per rinviare il ciak, che mi mette ansia incredibile perché sono cosciente che la cinepresa in azione fa cambiare la realtà, la situazione che mi aveva affascinato rischia di scolorarsi”, confessa Rosi che mostra di non pensare al mancato riconoscimento veneziano per il suo ultimo Notturno, documentario faticosamente realizzato in Medio Oriente che in questi giorni sta girando vari festival internazionali (da Londra a Busan a Tokyo) registrando un vero successo di vendite all’estero: “I premi si vincono e si dimenticano, ma soprattutto non si aspettano mai”.

Rispetto a chi lo accusa di perfezionismo estetico anche in situazioni drammatiche: “C’è questa idea che l’immagine di un film debba essere sporca per essere più vera, che sarebbe come chiedere ad uno scrittore di essere sgrammaticato. L’ambiente, la luce è elemento narrativo fondamentale, come il coro nella tragedia greca, poi ci sono gli incontri, l’umanità ed è per quello che io faccio cinema”.

Sulla realizzazione di una delle scene più toccanti di Notturno, quella della madre che ascolta i messaggi di sua figlia rapita dall’Isis: “Anche lei era stata rapita, poi liberata e con una ong portata a Stoccarda. Con quel telefono che il marito della figlia mi aveva affidato sono andato da lei e filmato, con il suo permesso, il dolore silenzioso dell’incontro della donna con la voce della figlia ancora schiava dell’Isis. C’è tanta informazione, la possiamo trovare tutti, per questo per me il documentario deve restare cinema, ha il ruolo di raccontare la realtà senza avere la dittatura del racconto, ma restituendo emotivamente quello che vedi. Per fare questo devi avere la fiducia del pubblico e lavorare alla ricerca che è il senso del mio lavoro”.

Durante l’incontro sono state anche mostrate alcune scene di due film scelti da Rosi tra i suoi preferiti: Banditi a Orgosolo di Vittorio De Seta e Los Olvidados  di Luis Bunuel.

Car. Di.
19 Ottobre 2020

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