‘Hunger Ward’, l’infanzia affamata: dallo Yemen all’Oscar

‘Hunger Ward’, l’infanzia affamata: dallo Yemen all’Oscar


“It is not God to kills children … Only us” recita la frase d’apertura (tratta da The Watchman di Alan Moore): “Non è Dio a uccidere i bambini … Solo noi”. 

La fame. Il cibo, nutrimento essenziale dell’essere umano, protagonista di Hunger Ward di Skye Fitzgerald, candidato Miglior Cortometraggio Documentario all’Oscar 2021, ci fa porre lo sguardo – e il cuore – sullo Yemen, terra lacerata dalla guerra, causa di case senza padre, senza madre, senza acqua, senza educazione né salute: “se non perdiamo i bambini per malnutrizione, li perdiamo per le bombe”, spiega l’infermiera protagonista, offrendo una riflessione che pone come opportunità di perdita due alternative che sono indistintamente disumane.  

La rassegnazione dell’infanzia affamata, che Skye Fitzgerald mostra, è un’immagine che morde dolorosamente lo spirito, che rende difficile guardare quei piccoli così stremati da sembrare d’avere l’energia assente di una bambola di pezza, laddove sono tutto fuorché bambole, ma esseri umani che la fame rende quasi inanimati, con gli occhietti che emanano sguardi flebili, eppur vivi, capaci, da quelle debolissime fessurine oculari, di lanciare occhiate che gridano mastodontica sofferenza, un dolore che paralizza chi guarda.

Aida Alsadeeq, medico, e Mekkia Mahdi, infermiera, volitive e commosse operano nei reparti di nutrizione artificiale di due grandi ospedali – Sadaqa Hospital di Aden e Aslam Clinic nel Nord Yemen – in una dilaniante e necessaria lotta per cercare di fronteggiare il bisogno di cibo che vessa il Paese. La battaglia delle due donne è una battaglia per il futuro, laddove futuro sono i bambini di adesso, cui loro cercano di salvare la vita: la carestia, la malnutrizione sono il nemico feroce, tessuto con un conflitto esistente ma dimenticato. 

Fitzgerald entra dall’alto, con un lentissimo avvicinamento di camera, con l’occhio (meccanico) che guarda a piombo dal cielo il luogo martoriato, e con passo rallentatissimo gli si approssima, piano come si fa quando si ha paura di raggiungere qualcosa di incerto, di scoprire qualcosa di orrendo, e dunque si cerca quasi di allontanare il momento della rivelazione e lo si fa dilatando il tempo; così, Skye Fitzgerald lo fa con la macchina da presa, nella primissima inquadratura, quasi paralizzata dall’enorme timore, eppure resa dinamicissima dalle voci, quelle di cronisti, commentatori, uomini e donne che “strillano” frasi nette, inequivocabili, sulla drammatica condizione dello Yemen. E la paura c’è, è reale, è la morte, non evocata, non temuta, mostrata, nel suo realismo più sincero

Hunger Ward, nel nome dello spirito precipuo di un documentario, s’immerge senza precedenti in questa zona di guerra, per testimoniare la realtà, quella violenta e desolante della fame, quella delle madri possedute dalla disperazione, ma anche quella del coraggio dei sanitari che affrontano una delle peggiori crisi umanitarie del pianeta.

Il corto – 40 minuti – è disponibile in prima visione assoluta, in esclusiva nazionale, su IWONDERFULL, grazie alla collaborazione con I Wonder Pictures: dal 15 aprile a 2,99 euro sulla piattaforma streaming video on demand.

Nicole Bianchi
14 Aprile 2021

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