Ozon: “Non ho voluto dare un messaggio politico, ma restituire il coraggio”

Ozon: "Non ho voluto dare un messaggio politico, ma restituire il coraggio"


CANNES – Il cervello, il cuore. L’infanzia, il viaggio. Due figlie, un padre. L’autodeterminazione. 

François Ozon presenta in Concorso il dramma famigliare Tout s’est bien passé, opera che vive e matura intorno al tema del suicidio assistito: basato sullo scritto Everything Went Well di Emmanuèle Bernheim (ha scritto la sceneggiatura di Swimming Pool e 5×2), cui dà corpo Sophie Marceau, il film propone un soggetto già ricorso nelle storie del cinema, al contempo sempre attuale e delicato, e che l’autore francese tratta scegliendo un taglio famigliare, figliale e paterno; è infatti André – interpretato da un credibilissimo André Dussolier, semiparalizzato nel ruolo –, anziano capofamiglia con problemi di salute, a chiedere espressamente alla figlia di accompagnarlo al fine vita. 

“Emmanuèle era un’amica e appena ho letto il libro ho capito potesse essere adatto per un film. Poi lei è morta di cancro, ho riletto il libro e mi sono convinto che lo fosse, così ho scelto Sophie Marceau – con cui non avevo mai lavorato prima – e ‘scritto’ con lei e tutto il cast la sceneggiatura. Quando conosci una persona la rispetti, anche se scrivere un libro non è come scrivere una sceneggiatura, così quando l’ho scritta ho scelto di puntare su alcuni dettagli (come Emmanuèle che conserva il sandwich morso dal papà) e sulla dinamica dei dialoghi”, spiega il regista francese.

Figlia anche di una madre altrettanto anziana, Claude, da sempre scultrice e vessata da un’atemporale depressione, perfettamente incarnata da una severa e malinconica Charlotte Rampling, Emmanuèle – con la sorella Pascale-Géraldine Pailhas – è lo specchio, il parafulmine, la colonna del papà, con cui ha sempre vissuto un rapporto prediletto, come Ozon fa capire alternando alcune sequenze dell’infanzia della stessa, metafora e riflesso del presente: scossa dalla richiesta esplicita, insistente, decisa del genitore, la donna, seppur nel profondo dispiacere e disagio, la asseconda e si adopera per esaudire il desiderio del papà, auspicio cui Ozon sceglie di “dar corpo” con una delicata e materna Hanna Schygulla, un tempo magistrato e adesso curatrice di una clinica che opera per il suicidio assistito in Svizzera, creata nel nome di un amico medico che un tempo le chiese di accompagnarlo, così come André a Emmanuèle. 

“E’ un personaggio meraviglioso, che stabilisce una relazione magnifica con il papà: un’opportunità lavorare con Ozon. Il personaggio è molto affettuoso e François mi ha fornito molte info su Emmanuèle, una persona con un grande spirito di sostegno. Il personaggio incarna le sofferenze della vita: da attrice sono esercitata a calibrare le emozioni, anche se talvolta è naturale creare empatia. Lei è una persona reale, ma il personaggio doveva essere universale: il mio lavoro consiste nel restituire la verità, secondo come richiesta dal regista; ho letto il libro, ma la mia Bibbia è stata la sceneggiatura”, spiega Sophie Marceau. 

“Quando crei un personaggio cerchi ispirazioni e con François ho visto foto e video originali, che mi hanno molto supportato, poi ho immaginato, ho empatizzato, è stato tutto un evolvere durante le riprese. Mi piace recitare ruoli che non mi riflettano, e in questo caso in particolare è stata necessaria anche la protesi per l’immobilità della bocca”, racconta André Dussolier del suo personaggio, che non nasconde anche un profilo omosessuale, seppur “Claude e André si sono amati reciprocamente”, precisa Ozon, con riferimento alle persone reali della storia. 

François Ozon, dunque, sceglie di trattare il tema del fine vita volontario con il taglio intimo della relazione padre-figlia/e, in cui mette in gioco il cervello – dapprima come causa dalle paresi del padre, e poi come strumento della razionalizzazione del pensiero -, e il cuore, bistrattato e violentato quelle di due figlie chiamate ad “ubbidire” ad un papà, cui non viene però fatto mancare l’esercizio dell’autodeterminazione, della libertà, perché è proprio nel loro non-giudizio che Ozon appoggia il proprio, infatti Tout s’est bien passé non propone né impone il punto di vista dell’autore ma offre il tema, lasciando altrettanta autodeterminazione di punto di vista allo spettatore. “Non ho voluto dare un messaggio politico, ma restituire il coraggio di Emmanuèle e Pascale. Mi interessava la relazione padre-figlia, le difficoltà di questa donna, anche ad organizzare qualcosa di non propriamente legale, per cui non si può fare affidamento sul supporto medico”, dice Ozon. 

Il tema, senza incertezze, è drammatico, ma Ozon riesce a mantenere un passo pacato, un’atmosfera sempre pervasa dall’affetto del sentimento amoroso famigliare, fino addirittura a disegnare – nell’ultimissima parte delle sequenze – anche qualche sfumatura di lieve ironia, a stemperare un’attesa che rompe il cuore sin dal principio, al di là di quale possa essere il prosieguo del viaggio… . “Con Ozon abbiamo parlato dell’effetto che avrebbero potuto creare dei momenti leggeri, e la dimensione comica tessuta con il dramma ha permesso un equilibrio meraviglioso”, conclude Dussolier. 

Del film, è annunciata la distribuzione in Francia dal 22 settembre.  

Nicole Bianchi
08 Luglio 2021

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