Moretti: “La pandemia ha smascherato la nostra voglia di comunità”

Moretti: “Sulla Montée de Marches con L’Allegria di Jovanotti e Morandi”


CANNES – Crash! Una macchina taglia la notte, e la vita di una donna, mentre lì accanto, un’altra donna, sola con il suo pancione da gestante, cerca un taxi per correre a partorire: alla guida Andrea (Alessandro Sperduti) – figlio di Dora (Margherita Buy) e Vittorio (Nanni Moretti), giudici – è incinta Monica (Alba Rohrwacher), moglie di Giorgio (Adriano Giannini), costretto lontano da questioni professionali. “Tutti gli attori hanno fatto uno o più provini per il loro ruolo, l’unica esentata è stata Margherita Buy: è il nostro quarto film di seguito, e lei – secondo me – è la nostra Meryl Streep, può fare tutto e sempre tutto al meglio”, spiega Nanni Moretti, presentando il film alla stampa italiana. 

Tre piani partecipa in Concorso al 74° Festival di Cannes, a 20 anni dalla Palma d’oro a La stanza del figlio, dopo una lunga attesa – causa pandemia – per approdare al Festival: “Conoscendomi non pensavo avrei reagito così sportivamente al film ‘in freezer’ per un anno in mezzo: invece è stato possibile e non ho avuto nessuna voglia di rimetterci le mani. Ho detto al produttore Procacci di non voler sapere quanto offrisse Netflix per la piattaforma, perché a discapito della sala: non è un fatto nostalgico, io rimango felicemente ancorato ai film al cinema anzitutto come spettatore, non riesco a farne a meno. Pur non essendo malato di serie ne vedo anche su Netflix, ma ho pensato questo film per il cinema, quindi non volevo si evitasse questa tappa per me fondamentale; il rischio per i film fatti per le piattaforme è che non se ne facciano più di personali e che i produttori non lavorino più con gli autori ma con i finanziatori; io sono per lavori non standard e da mostrare al cinema. Sono grato a Cannes e alla Francia perché il cinema viene preso sul serio, come fatto artistico e industriale; molti francesi hanno deciso da tempo di essere generosi con il mio lavoro: mi fa pensare a mio padre, che insegnava epigrafia greca, e nei primi anni dei liceo, non sapendo io di latino e greco, mi diceva: ‘finché dura…’, ecco così io mi prendo la generosità dei francesi, ‘finché dura…’. Questa volta l’emozione è molta perché è la prima che guardo il film con il pubblico, a Roma non ho fatto nemmeno una proiezione con 20 amici: il Palais poi ha una sala di circa 2314 posti, insomma un bel numero”.  

I Tre piani – del titolo – sono quelli di una palazzina borghese romana, ventre che abbraccia/soffoca/protegge quattro dimensioni famigliari, due quelle raccontate in principio e, accanto, quella di Lucio (Riccardo Scamarcio) e Sara (Roberta Lietti), coppia – genitori di una bambina, Francesca – ancora unita non senza una serpeggiante crisi, fratturata, o comunque scossa, da Charlotte (Denise Tantucci), adolescente di base a Parigi, nipote in visita a Roma dai nonni Giovanna (Anna Bonaiuto) e Renato (Paolo Graziosi), secondo soggetto scardinante della quiete della dimora – dopo l’incidente mortale messo in atto da Andrea: l’anziana coppia è solita curare la piccola Francesca, che improvvisamente scompare alcune ore con l’uomo, allontanamento che innerva – soprattutto nel papà – il sospetto che dietro a questa assenza, poi risolta apparentemente con una lacuna cerebrale dell’uomo, si possa nascondere un’inquietante prassi pedofila tra lui e la piccola, che nella sua ingenuità invece s’era resa conto della salute incerta dell’uomo, quando disse a Lucio: “Renato è guasto … si dimentica”. 

Inoltre, i tre piani nel libro rimandano a Es Io e Super Io, ma: “Io non volevo farmarmi a una spiegazione didascalica; so esserci alla base del libro, ma noi abbiamo fatto le nostre scelte di sceneggiatura. Tra me e Nevo c’è stato un rapporto molto discreto: gli ho mandato poche righe di email, pensava fosse uno scherzo, uno che si fingesse me, poi ha capito fosse vero, però non ci sono stati contatti durante la sceneggiatura; qualche settimana fa ha visto il film, per pudore non l’ho diffuso alla stampa italiana ma ne parla molto bene. Da un anno almeno, con le sceneggiatrici – Federica Pontremoli e Valia Santella – stavamo girando un po’ a vuoto su un soggetto ambientato negli Anni ’50 e Federica mi ha suggerito di leggere Tre piani, che stimola riflessioni su responsabilità e colpa, e ho capito ci fosse qualcosa che mi interessasse moltissimo per un film”. Rispetto all’aver lavorato su un soggetto non originale, “Oggi non mi sento diminuito come autore: letto questo libro ero strafelice di aver trovato in quei temi/sentimenti/personaggi il nucleo del mio prossimo film, che mi ha portato a evitare qualsiasi protagonismo, della regia, della recitazione, di tutto; ci dovevano essere contributi di qualità di tutti i materiali, tutto insieme costruisce il film”. 

Nel frattempo, dal prologo drammatico, nella storia poi nasce Beatrice, figlia di Monica e Giorgio, la prima con una madre ricoverata per un’afasia dissociativa con effetti persecutori scaturita a seguito proprio del parto, ombra che la giovane mamma teme si possa ripetere su di sé, che spesso percepisce l’inquietante presenza di un corvo; il secondo, dapprima assente, viene poi chiamato ad assumersi un ruolo da madre e padre al contempo, vivendo la scia irrisolta di un pregresso violento contrasto con il fratello Roberto (Stefano Dionisi). “Sono più i personaggi femminili che cercano di sbloccare certi brogli; i maschili restano più inchiodati, incistati nei ruoli della famiglia. Il mio personaggio chiude con suo figlio; quello di Giannini non vuole più avere a che fare col fratello; quello di Scamarcio è ossessionato nella sua figura di padre. Non penso oggi ci sia un’ossessione gratuita verso la pedofilia, è proprio il suo personaggio, perché la moglie reagisce in modo più sano. Rispetto al libro non volevo ci fossero margini di ambiguità, infatti Francesca, quando 17enne, ricorda il passato e dà sollievo” al padre. 

Tre piani ha un arco temporale di sviluppo di 10 anni, cadenzati in un primo quinquennio, cui segue un secondo, dal 2010 al 2020: il primo periodo s’assimila al prologo, quello centrale all’assestamento delle circostanze, l’ultimo alla risoluzione, che corrisponde anche al distacco dal luogo d’origine, la palazzina a tre piani, con una simbolica inquadratura finale che apre ad futuro, altrove. 

Nanni Moretti, autore dietro la macchina da presa, si dirige in un ruolo non fortemente protagonista ma certamente dal netto profilo, quello di giudice integerrimo anzitutto con il figlio colpevole del mortale sinistro, cui non manca di dire apertamente “sei sempre stato un problema, ci hai sempre deluso; andrai in prigione e te lo meriti”, parole senza ritorno, verso la morte del dialogo prima, dell’essere umano poi. Ma, se dal buio nasce sempre una luce, questa ha l’animo di Luigi (Tommaso Ragno), che Dora incontra per caso, ma se il caso non esiste per la sua vita quest’uomo ne è la prova, infatti lui è il padre della mamma di suo nipote, Ludovico, avuto appunto dal figlio Andrea, che il personaggio di Moretti aveva allontanato per sempre, costringendo la donna ad una scelta: “non ce la faccio, non voglio più vederlo, se continuerai il rapporto con lui, non con me”, le parole definitive di Vittorio, prima. Un aut aut cui non le è possibile sfuggire, tanto che il suo dialogo con lui continuerà anche dopo la fine della vita, come fosse l’ossigeno, più del figlio stesso. Forse, perché il finale apre ad un altro capitolo, che lì finisce per la narrazione filmica, ma lì nasce per quella della vita “reale”. 

“Il film, e prima il libro, sono stati fatti antecedentemente all’esplosione della pandemia, qualcosa che sembra aver smascherato la bugia che potessimo sentirci meno comunità e far a meno degli altri: la scena (verso il finale, nrd) della milonga che passa sotto la palazzina, che porta fuori i personaggi dai loro tre piani, è un’apertura al mondo; come il personaggio di Tommaso Ragno porta Dora all’aperto, in un altro mondo rispetto a quello cui lei era abituata. E la milonga appunto, che non c’è nel libro, apre al mondo esterno, agli altri”. 

Il film – prodotto da Sacher Film, Fandango, Rai Cinema, Le Pacte – verrà distribuito nelle sale italiane da 01 Distributiona partire dal 23 settembre 2021: per la Montée de Marches ufficiale, Nanni Moretti, che di recente ha reso pubblico un divertimento per i social media, dice: “Non mi sono innamorato del social ma mi piace ogni tanto condividere il mio lavoro con gli altri, un po’ come se fossero gli ‘extra’ dei DVD del mio lavoro. Poi, siccome per la Montée chiedono quale musica si desidera sia suonata (al passaggio della delegazione), ho scelto L’Allegria di Jovanotti cantata da Gianni Morandi”, in attesa di cominciare a girare a febbraio 2022 il prossimo film, cui per ora Il sol dell’avvenire è il titolo. 

 

Nicole Bianchi
11 Luglio 2021

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