‘The French Dispatch’, deliziosa lettera d’amore per i giornalisti

‘The French Dispatch’, deliziosa lettera d'amore per i giornalisti, tra naïf e grottesco


CANNES – Ci sono opere d’arte, dipinti, sculture, cui quando ti trovi vis-a-vis, senza che necessariamente si conosca a priori chi sia l’autore, anche il meno avvezzo degli intellettuali riesce a riconoscerne la personalità, così succede con le opere cinematografiche di Wes Anderson, la cui unicità di personalità, onirismo, umorismo, spassoso gioco con l’eccesso, gioia, stimolo a riflettere oltre il simbolo e oltre l’incanto estetico, non instilla dubbio alcuno sulla paternità dell’opera, un pregio assoluto per un artista; lo spettatore seduto dinnanzi a seppur poche sequenze del regista americano non ha dubbi e afferma: “questo è un Anderson!”. Così come si può dire di “un Fellini” o “un Burton”, è insomma uno di quegli autori (pochi) la cui “pennellata” è eccezionalmente esclusiva, al di là che piaccia o meno di certo non è confondibile, tratto di estrema originalità. E così succede anche con The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun, in Concorso alla 74ma edizione del Festival di Cannes. 

Wes Anderson ha definito il suo film “una  lettera d’amore per i giornalisti, ambientata nella sede di una rivista statunitense in una città francese del XX secolo”, Ennui-sur-Blasé, in cui batte il cuore della curiosa redazione dell’immaginario supplemento settimanale del quotidiano statunitense “Evening Sun di Liberty, Kansas”, le cui colonne s’occupano di cronaca e cultura– ispirato, a partire dalle illustrazioni della copertina come quelle delle pagine interne, al famoso “The New Yorker”. 

Un coro di preziose personalità della recitazione sono le anime vivaci, colorate, bizzarre della redazione, così come i protagonisti della messa in scena visiva delle notizie: il direttore Arthur Howitzer Jr. (Bill Murray) viene a mancare, così la redazione sceglie un’edizione commemorativa che raccolga i migliori pezzi pubblicati nel tempo, che Wes Anderson in particolare concentra su tre vicende, ovvero la storia dell’artista Moses Rosenthaler (Benicio Del Toro) condannato all’ergastolo per duplice omicidio, un reportage del ’68 studentesco, e la vicenda di un rapimento con protagonista uno chef. Ci sono personaggi deliziosi e folleggianti, come il giocatore di scacchi Zeffirelli (Timothée Chalamet), l’intellettuale impomatata J. K. L. Berensen (Tilda Swinton), e ancora (tra gli altri) Frances McDormand, Adrien Brody, Owen Wilson, Jeffrey WrightSaoirse Ronan, Léa Seydoux,  Mathieu Amalric, Lyna Khoudri,  Elisabeth Moss, Willem Dafoe, Edward Norton, Christoph Waltz e Anjelica Huston, Edward Norton, Willem Dafoe, Hippolyte Girardot, Christoph Waltz, Cécile de France, non una lista di stelle, ma ciascuno l’estroso profilo di un irrinunciabile personaggio, sempre in equilibro tra naïf e grottesco

Anderson, come d’altronde nel suo Grand Budapest Hotel (2014), solo per nominare il più illustrativo, anche in questo film rende onore alla palette del Pantone, ricorrendo al suo amore per l’esplosione del colore – nel caso di The French Dispatch rimarrà indimenticabile il celeste denso e brillante (come in passato lo sono stati il rosso o il viola): ma, seppur Anderson non tradisca se stesso rispetto al gioco con le cromie più brillanti, qui s’immerge in un’ulteriore trastullo, scegliendo il bianco e nero per la maggior parte delle sequenze, non per pura estetica ma per un’ennesima dichiarazione d’amore al giornalismo, d’altronde la pagina della carta di giornale è “bianca” e l’inchiostro nero, così, per “raccontare” (visivamente) le notizie fa questa scelta, geniale di per sé. L’ammaliante fotografia del film è curata da Robert Yeoman

Wes Anderson, senza strafare, ma sempre restando dentro i confini di una stravagante armonia, sceglie poi di includere anche lo strato dell’animazione, infatti per un paio di sequenze – il rapimento del bambino e il successivo inseguimento della polizia – decide per la messa in scena del racconto in forma animata, optando per toni notturni ma luminosi, soprattutto un blu pece e un vivido giallo.  

Nella filosofia del “squadra che vince non si cambia”, Anderson – in tal proposito ripetendosi dopo il già riferito Grand Budapest Hotel – fa scacco con “la coppia” costumi e musica, rispettivamente di Milena Canonero – spazia dalle raffinate divise dei camerieri ai più essenziali abiti dei carcerati, dal tripudio arancione dell’abito indossato da Swinton, al french-style del personaggio di Owen Wilson –  e del maestro Alexandre Desplat, che si ascolta particolarmente ispirato dalla fantasia di Anderson, che, ancora una volta, rispecchia in musica sin dalle primissime note.  

Le riprese del film – con un budget stimato a 25 milioni di dollari – sono iniziate nel novembre 2018 ad Angoulême, Francia, finalizzate poi nel marzo successivo. The French Dispatch uscirà nelle sale italiane l’11 novembre 2021, distribuito da Disney.

 

Nicole Bianchi
13 Luglio 2021

Cannes 2021

Cannes 2021

Le scoperte del TorinoFilmLab vincono a Cannes

Consacrati al festival i talenti cresciuti nell’incubatore torinese e premiati 3 film sviluppati dal TFL, laboratorio internazionale del Museo Nazionale del Cinema che dal 2008 ha raccolto 11 milioni di euro di fondi internazionali

Cannes 2021

Nanni Moretti ‘invecchia’ di colpo per la Palma perduta

E' diventata subito virale la reazione di Nanni Moretti alla mancata vittoria a Cannes per il suo Tre piani. Il regista ha postato su Instagram una sua foto in cui appare 'invecchiato di colpo' con una didascalia scherzosa: "Invecchiare di colpo. Succede. Soprattutto se un tuo film partecipa a un festival. E non vince. E invece vince un altro film, in cui la protagonista rimane incinta di una Cadillac. Invecchi di colpo. Sicuro".

Cannes 2021

Docs in Progress Award a ‘Cent’anni’

Premiato a Cannes con il Docs-in-Progress Award tra 32 opere internazionali, Cent'anni di Maja Doroteja Prelog, coproduzione che coinvolge anche il cagliaritano Massimo Casula con la sua società di produzione Zena Film

Cannes 2021

Drive my car: Premio Fipresci e Giuria ecumenica

Il giapponese Drive my car di Ryûsuke Hamaguchi ha ottenuto sia il Premio della critica internazionale che quello della giuria ecumenica


Ultimi aggiornamenti