‘Atlantide’ porta la vera Venezia alla Mostra

'Atlantide' porta la vera Venezia alla Mostra


VENEZIA – Un film di finzione ma con uno sguardo prettamente documentaristico, un’estetica da videoclip che sfocia nella bellezza pura della videoarte. Tutto questo è Atlantide del regista e videomaker ravennate Yuri Ancarani. In concorso nella sezione Orizzonti della 78esima Mostra del Cinema e poi in sala con I Wonder Pictures, il film racconta Venezia e i suoi abitanti in un modo inedito e originale: portandoci nei “barchini” degli adolescenti veneziani, che fanno da spola tra le varie isole della laguna, vere e proprie “città satellite” che ruotano attorno al capoluogo veneto.

Quello che si apre davanti agli occhi dello spettatore è un mondo di ragazzi seminudi in sella alle loro piccole imbarcazioni, decorate da adesivi con nomi di ragazze e impreziosite da motori sempre più potenti, tra musica ad alto volume e droghe leggere, machismo e gare ad alta velocità. Atlantide non è un film prettamente narrativo: a una trama appena accennata, preferisce sovrapporre un ritmo e un racconto tipico del documentario, entrando in questo mondo e lasciandoci immergere, stupefatti, in tutte le sue straordinarie contraddizioni.

Un percorso produttivo che è durato quattro anni e una sceneggiatura che il regista ha adattato seguendo l’evoluzione degli interpreti e delle loro vite reali. Come quando ha atteso che il protagonista si lasciasse con la sua ragazza, coprotagonista del film fino a quel momento, consapevole della volatilità delle relazioni adolescenziali, prima di continuare con la trama del film, che prevedeva il rapporto sessuale con un’altra donna. “Se non si fossero mai lasciati – ammette Ancarani – quella scena non sarebbe mai esistita, o sarebbe stata diversa”.

Un film, dunque, che trasuda realismo in ogni inquadratura, con una cura estetica e formale stupefacente, con immagini sature in pieno giorno e contrastante dalle luci artificiali di notte. Si procede con un ritmo pacato, fluttuando di scena in scena senza fretta, con la leggerezza di una barca sulla laguna, fino ad arrivare ad alcune sequenze dal valore puramente estetico, in “un’esperienza psichedelica che porta lo spettatore a farsi delle domande”. Fondamentale diventa dunque la presenza della musica, semplicemente centrale per buonissima parte del racconto. “Ho dovuto fondere mondi diversi – racconta il regista – da una parte c’è l’orchestra hollywoodiana di Lorenzo Senni e Francesco Fantini, che dà un sentimento vero, e poi c’è la musica di plastica dei trapper. Quando mi sono messo ad ascoltare queste canzoni, mi sono accorto che se toglievo la voce, le basi erano pazzesche. Quindi ho contattato questo grande produttore, Sick Luke, e gli ho fatto la proposta folle di mettere mano a quest’ora e quaranta di film”.

Atlantide è un’esperienza visiva e immersiva portentosa, ma non bisogna dimenticare qual è il suo cuore pulsante, ovvero il racconto di questa generazione dispersa in una città con l’acqua al posto delle strade e i barchini al posto dei motorini, una “città abbandonata” in cui però questi ragazzi si trovano a vivere, alimentando un circolo vizioso di perdizione e, spesso, violenza. “Non c’è niente di divertente nell’essere un adolescente in questo mondo di maschi, – conclude Ancarani – dove ti insegnano a essere il più forte, il più veloce, il vincente e se non ce la fai, sei un fallito. A Venezia questo rituale si compie nei barchini, quindi questo film è un pretesto per raccontare un problema. Perché non c’è nessuna differenza tra Daniele, il protagonista, e Jeff Bezos: Daniele vuole fare gli 85 all’ora e Bezos vuole andare su Marte. Cosa cambia tra i missili che vanno sullo spazio e i barchini della laguna? Nulla”.

Carlo D'Acquisto
02 Settembre 2021

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