Hand of God: l’amore della critica Usa

L’influente critico Anthony Lane accoglie assai calorosamente sul prestigioso settimanale New Yorker, Hand of God, ovvero È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino


La critica highbrow newyorchese così come il mondo accademico americano hanno sempre avuto un peso determinante sui gusti e sulle scelte dei votanti dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences. Sia che si tratti di film made in USA, che di opere in lingua straniera provenienti da altri paesi.             

Lo sanno bene sia Paolo Sorrentino, alla sua seconda maratona per gli Oscar, che Netflix, il suo prodigo producer, alla sua ennesima maratona per far man bassa dei premi più ambiti. L’influente critico Anthony Lane accoglie assai calorosamente sul prestigioso settimanale New Yorker (6 dicembre), Hand of God, ovvero È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino.  

“Il film è ambientato nel 1984, quando Diego Maradona, venerato ovunque come il miglior calciatore del pianeta, firma un contratto con la squadra del Napoli. “Non lascerà mai Barcellona per questo buco di merda”, afferma un personaggio. Eppure il miracolo si avvera. Non meno meravigliosa è la nostra stessa presa di coscienza. Alla fine neppure noi vogliamo lasciare più questo buco di merda [… ] Uno degli effetti collaterali della pandemia di coronavirus è stato quello di farci tornare la voglia di viaggiare, ripristinando una delle funzioni fondamentali, e più venerabili, del cinema, quella cioè di farci desiderare di essere dove non siamo […] Impossibile resistere alle immagini paradisiache di Napoli inquadrata dal golfo, scintillante sotto i raggi del sole […]. Sorrentino è noto per La grande bellezza (2013), il suo sontuoso panegirico dedicato a Roma. Napoli, però, è la sua città natale e la sua culla, mentre Roma viene ambiguamente indicata, nel nuovo film, come ‘il grande inganno’, la calamita a cui sono inevitabilmente attratti i forestieri, ad esempio il protagonista Fabietto; come se tutta quanta quella bellezza non foss’altro che una bugia. Il cineasta che ha percepito più acutamente quell’attrazione, ovviamente, è stato Federico Fellini, ed è per questo motivo che il film di Sorrentino si confronta con la sua eredità […] ‘Non so se posso essere felice’, afferma Fabietto nel film. C’è un solo modo per scoprirlo”.            

Due diversi editori anglosassoni specializzati in testi universitari dedicano all’opera del cineasta partenopeo due corposi volumi. Paolo Sorrentino’s Cinema and Television – Trajectories in Italian Cinema and Media, a cura di Annachiara Mariani, University of Chigago Press/Intellect Books. Un’antologia contenente quindici saggi originali scritti da studiosi internazionali con l’intento di coprire l’intero arco creativo del regista. Inclusi temi sofisticati quali “Posthuman Sorrentino”, “Rome’s vocalization through architecture”, “Against Postmodernism”.         

The Cinema of Paolo Sorrentino – Commitment to Style, di Russel J. A. Kilburn, Wallflower Press, New York. L’autore inizia così il suo excursus: “Sarebbe facile proclamare che il regista italiano Paolo Sorrentino rappresenti la risposta alla pluridecennale carestia di qualcosa che somigli a un grande auteur [sic!] degno della grande tradizione di Fellini, Antonioni, Rossellini, De Sica, Visconti, Pasolini, Bertolucci e altri registi, tutti quanti maschi”.

Ecco i link  

https://press.uchicago.edu/ucp/books/book/distributed/P/bo94635176.html

https://cup.columbia.edu/book/the-cinema-of-paolo-sorrentino/9780231189934

Lorenzo Codelli
07 Dicembre 2021

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