Edoardo Leo: “Dono il mio stupore, accecato dalla bellezza di Roma”

"Power of Rome" interpretato da Edoardo Leo, tra realtà e finzione: diretto da Gianni Troilo e girato anche a Cinecittà, 19-20-21 aprile al cinema


Roma. La Storia. Il mito. Il potere. L’oggi. La capitale dell’Impero, un tempo; la capitale d’Italia oggi; “caput mundi” sempre e comunque: questo teatro a cielo aperto continua a mostare tutta la propria bellezza, mai intaccata dalla decadenza del fascino, semmai amplificato nell’andare dei secoli. 

Con Donato Dallavalle e Luca Lancise, Gianni Troilo, anche regista, ha scritto e permesso così la messa in scena di Power of Rome, un documentario che è una coreografia visiva tra realtà e reenactment: punto di equilibrio tra le due dimensioni il protagonista, Edoardo Leo, romano e nato il 21 aprile, Natale della Capitale: “Ho sempre fuggito il ruolo di ‘attore romano’, mi è stretto, diversa cosa sono gli affetti privati. Sono sempre stato accanto alla musica romana, o a un romano come Proietti, ma questo film esce quando compio 50 anni, è come fosse la chiusura di un cerchio: l’idea di festeggiare al cinema si sta realizzando”, dice l’attore. 

Power of Rome, titolo volutamente anglofono perché “l’idea di mio padre era quella di un progetto internazionale, che rappresentasse un punto di rottura nella concezione della città”, spiega Paola Lucisano, figlia di Fulvio, che ha concepito il progetto.

Infatti, come precisa Dino Vannini – Head of Documentary & Factual Channels di Sky, il docu “ha radici lontane, dalla passione di Fulvio Lucisano, appunto: ci siamo buttati subito a capofitto e la svolta è stata quando siamo riusciti a ingaggiare Edoardo Leo, con cui sono nate delle tangenze, come la data di nascita o il fatto che non fosse mai entrato al Colosseo. L’intento di Sky era quello di un prodotto che omaggiasse Roma con un film di finzione: siamo troppo abituati a vederla e quindi forse non le diamo la giusta attenzione. La grande visione creativa di tutto è da riconoscere a Gianni Troilo”. 

Fotografo ed eclettico regista di film d’arte, Troilo, da non romano, ha centrato “lo sguardo di chi viene da fuori e riesce a riempirsi di meraviglia più facilmente. Scatta spesso la finta illusione di conoscere bene Roma, ma Flaiano ci dice che si rivela col tempo. Questo film parla della necessità di continuare a leggerla”. Il suo film è “un progetto costruito per stratificazione, molto in fase di scrittura. Certi luoghi sono stati obbligati, per tratteggiare l’Età Imperiale, per stabilire empatia. Edoardo ha dato un contributo sincero per rivisitare luoghi noti con lo sguardo di chi si perde, generando un modo di racconto quasi onirico”. 

“Siamo spettatori fugaci di una bellezza eterna”, ammette Leo. “Con il mio precedente film, Lasciarsi un giorno a Roma, ho cercato di filmare la Roma che avrei voluto. Ma con questo doc ho potuto mettermi in gioco come persona, qui faccio me stesso, cosa che ho sempre fuggito. Era un lavoro storico e di racconto molto preciso, e da questa sceneggiatura ho imparato delle cose su Roma. Come è vero che non ero mai entrato nel Colosseo, ma farlo all’alba e in solitudine ti sconvolge, così come al Pantheon, dove sono rimasto scioccato che la luce del foro della cupola tocchi il portone solo il giorno del mio compleanno: ho fatto un viaggio personale, mi sono concesso di dare allo spettatore il mio stupore, accecato dalla bellezza”. 

“Ci si sente sempre inopportuni a raccontare l’immensità di Roma”, continua Troilo. “E avere il privilegio di girare a Cinecittà dà un senso di responsabilità perché raccontavamo la Hollywood sul Tevere: ci si sente comunque inadeguati ma provi a mollare l’immaginario e ti lasci guidare. Nelle scene in teatro di posa abbiamo scelto una palette cromatica che ricordasse il sangue, per ricordare che il potere ha questo lato oscuro. Non previsto dalla sceneggiatura, Edoardo ci ha raggiunti in teatro per celebrare l’incontro di questi due piani, decidendo insieme di mescolarli. Credo fosse fondamentale non rendere un’immagine statica tra passato e presente: dietro ai cliché si nasconde una realtà esplosa, così riesci a portare al pubblico a vedere il valore di lettura della realtà”. 

Quando a Cinecittà e per la messa in scena della rievocazione “ho fatto resistenza alla tunica, forse anche per l’idea di essere ridicolo; ma i registi italiani che non hanno avuto timore reverenziale verso il mito hanno insegnato al mondo, come Sergio Leone: così ho capito che c’era bisogno di mettersi il vestito, la corona, farsi ammazzare da Bruto e mettersi in gioco. E faccio i complimenti a Troilo, perché ogni volta venivo smentito dalla messa in scena, dalla modernità della musica elettronica”, afferma l’attore, per cui poi c’è stata anche “la storia degli imperatori, interessante perché è stata distrutta da chi l’ha adorata: il rapporto con la politica continua con lo stesso approccio, continuiamo a criticare ma poi c’è come un dna ossequioso verso il politico, credo il presente sia non troppo distante dal passato”, riflette ancora Leo. 

Per Massimiliano Orfei Vision Distribution: “Il cinema sta vivendo una fase drammatica per questo dobbiamo continuare a crederci e essere presenti nel mercato. Rispetto alla vastità di prodotto delle piattaforme, la sala riesce a dare al prodotto un valore anche solo di percezione immateriale che altrimenti non avrebbe. Power of Rome dà la sensazione al pubblico di aver a che fare con qualcosa di imperdibile. Stiamo facendo un lavoro non solo sulla sala ma anche sul pubblico internazionale. C’è un’uscita in sala potente, in 150 cinema, poi puntiamo su circuiti internazionali, fino all’approdo su Sky in tarda primavera”. 

Power of Rome è una produzione Italian International Film e Vision Distribution con Sky, in uscita come evento al cinema il 19-20-21 aprile

 

Nicole Bianchi
13 Aprile 2022

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