‘EO’, un muto grido animalista nato in Sicilia

Il nuovo film del pluripremiato regista polacco Jerzy Skolimowski, in Concorso a Cannes, racconta con empatico realismo il viaggio di un asino, che da un circo polacco arriva fino all'Italia. Il film


CANNES – In questi giorni è attesa negli USA una sentenza che dovrebbe sancire se un elefante può essere o no considerato una persona. Spesso, infatti, l’intelligenza, l’empatia e la sensibilità di molti animali sono un tratto difficile da trascurare. Figuriamoci per quell’animale, l’asino, che nel suo verso “EO” (in italiano “IO”), sembra professare ogni volta il suo insindacabile diritto di esistere.

“Cosa vuole comunicare un asino quando fa il suo verso ‘EO’?”: si chiede Jerzy Skolimowski, regista del bizzarro intitolato proprio EO, presentato in Concorso al 75mo Festival di Cannes. “Penso qualcosa del tipo: ‘guarda sono un essere vivente come te, ho desideri come te, ho bisogno di amore, cura, affetto, sicurezza. Perché mi tratti come un oggetto?’ Con questo film volevo raggiungere il più possibile il cuore delle persone e le loro menti. Quando il mio asino parla a voi dallo schermo, guardatelo negli occhi. Io protesto sull’uso industriale delle fattorie che sfruttano gli animali per la loro carne o per la loro pelliccia”.

Se non fosse ancora chiaro il protagonista di EO è proprio un asino. Ma non nella sua versione fiabesca, magari parlante o umanizzata come in Shrek. Un asino in carne e ossa – per le riprese ne sono stati usati 6 diversi – con il suo sguardo dolce e la sua indole istintivamente pacifica. Il suo percorso inizia in un circo, tra le coccole amorevoli della sua addestratrice, e continua, di padrone in padrone, lungo sentieri imprevisti, sfiorando un’umanità che ci appare spesso inutilmente vuota e violenta. Un film quasi interamente muto, che ci porta a ripensare il ruolo degli esseri umani nel mondo, filtrandoli attraverso lo sguardo di un essere innocente.

Il regista polacco, vincitore del Leone d’oro alla carriera nel 2016, ci guida per mano attraverso un percorso che trascura spesso la sua parte narrativa a favore di un approccio documentaristico, che esalta il suo talento cinematografico. Oltre alle immagini schiacciate in uno strano formato poco più ampio del 4:3, colpiscono in particolare un montaggio arrembante e una avvolgente colonna sonora. “Jerzy è un grande improvvisatore. – rivela la sceneggiatrice e produttrice Ewa Piaskowska – È in grade di far confluire tutta l’energia del mondo sul set e riversarla sullo schermo, coglie tutte le occasioni che gli offre la realtà per raccontare la sua verità”.

La storica collaboratrice, nonché moglie, di Skolimowsi ha avuto l’idea del film in un luogo speciale, la Sicilia: “Ho scritto la sceneggiatura a Scopello, – racconta – durante l’isolamento per la pandemia. Penso che l’alienazione che provavo in quel momento si sia riversata in quella dell’asino all’interno della storia. È stata una esperienza che ha cambiato le prospettive per ognuno di noi, non potevamo che guardare il mondo in maniera diversa. Un mondo che ora ancora di più, con la guerra nei paesi a noi più vicini, sembra sempre più pericoloso”.

Il personaggio umano più presente compare solo nelle sequenze finali ed è interpretato da Lorenzo Zurzolo, conosciuto principalmente per il suo ruolo nella serie Baby. L’attore romano vive l’originale esperienza di essere il personaggio con più battute all’interno del film, senza esserne il protagonista. Ciò, però, non gli ha tolto l’occasione di recitare un’intensa scena al fianco della diva francese Isabelle Huppert e di interpretare i panni di un personaggio enigmatico e intrigante: “La prima volta che ho letto la sceneggiatura, ho subito capito quanto Vito avesse un passato complesso. In seguito Jerzy mi ha raccontato tutto della sua vita precedente, dalla nascita al momento in cui è scappato di casa. Nel film lo incontriamo proprio quando decide di affrontare i fantasmi del suo passato”.

EO è un film genuinamente animalista, che ha il coraggio di portarci oltre i concetti di attivismo, lavorando con l’arma più forte che è in possesso di un narratore: l’empatia. Dopo avere indossato i panni poco confortevoli di un asino per quasi 90 minuti, sarà difficile guardare agli animali con gli stessi occhi di prima.  

Carlo D'Acquisto
20 Maggio 2022

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