Cronenberg e la sublimazione del body horror

Il maestro canadese torna in Concorso con un film che si inserisce alla perfezione nel filone di horror corporale che lui stesso ha contribuito a definire. Protagonisti sono Viggo Mortensen e Léa Seyd


CANNES – Una nave da crociera distesa a poche centinaia di metri dalla costa. Un’immagine che, per noi italiani, è un ricordo doloroso e recente, ma che per David Cronenberg, al contrario, è l’indizio con cui, nella prima inquadratura del suo nuovo Crimes of The Future, vuole suggerirci che ci troviamo in un futuro distopico in cui qualcosa nel rapporto tra uomo e tecnologia è andato storto.

Di nuovo al Festival di Cannes, sesta partecipazione in Concorso a otto anni dall’ultimo Map to the Stars, il 79enne maestro canadese torna a tracciare una nuova, metaforica, mappa. Questa volta non nel cielo stellato della Croisette, ma molto più in basso, in un luogo a lui più congeniale: tra la carne e le viscere del corpo umano.

Qualcosa è andato storto, dicevamo, nell’indefinito, ma non troppo lontano, futuro in cui ci troviamo. Organi dalle funzioni sconosciute crescono senza controllo nei corpi umani. Tumori, diremmo noi, forse sintomi della formazione di una nuova specie o, più insospettabilmente, opere d’arte. In questa società in cui tutto appare imputridito e sbiadito, infatti, è nata un nuovo tipo di performance che sfrutta un certo tipo di truculento voyerismo sulla chirurgia a vivo dei corpi e delle interiora. Il più celebre artista è Saul Tenser (Viggo Mortensen) che, insieme alla sua partner Caprice (Léa Seydoux), mette in scena degli spettacoli in cui si fa letteralmente sventrare, per estrarre i nuovi organi che sono stati prima preventivamente tatuati. Le loro straordinarie performance attraggono le attenzioni di diversi personaggi: Timlin (Kristen Stewart), un’investigatrice del nascente Registro Nazionale degli Organi, letteralmente ossessionata da Saul, e di un uomo (Scott Speedman), che è riuscito a far evolvere la specie umana permettendole di riuscire a digerire la plastica e che ha una proposta irrinunciabile per una nuova, estrema performance.

Crimes of the Future riprende in tutto e per tutto l’estetica e le tematiche dei primi film targati dal regista canadese, capaci di ridefinire il paradigma del body horror. A volte sembra di tornare indietro di venti o trent’anni, a quel Cronenberg che con i suoi capolavori sconvolgeva il mondo e, non a caso, la prima versione di questa sceneggiatura è stata fatta sul finire dello scorso millennio. Metterla in scena ora, potrebbe sembrare un passo indietro dal punto di vita stilistico – o meglio un ritorno alle origini – che però risponde a un’esigenza specifica, frutto di una sensibilità tutta moderna, come l’attenzione ambientalista e i timori verso un mondo che sta cambiando molto più velocemente del previsto. “Questa storia aveva una traiettoria verso il futuro che è ancora abbastanza valida. – dichiara il regista – Penso che le persone siano più consapevoli ora, per esempio, della tossicità dell’ambiente che stiamo creando sulla Terra e di come stiamo in qualche modo distruggendola, la stiamo certamente alterando, non c’è dubbio su questo. Nessuno parlava di microplastiche 20 anni fa, ma ora sono ovunque, anche nel nostro sangue, nella carne. Dobbiamo pulire la plastica dagli oceani e dalle persone”.

“Quando dico che il corpo è realtà sono sincero, per me è letteralmente vero. Il modo in cui interpretiamo la realtà è solo una funzione della nostra fisiologia, del modo in cui il nostro corpo funziona. Questo vuol dire che i nostri corpi stanno inevitabilmente invecchiando e morendo, se guardi una foto scattata ieri, sei già invecchiato”. Questo film, in fondo, non è altro che un tentativo di elaborare il lutto, o meglio il cambiamento inevitabile del nostro corpo. Trasformando i tumori in organi e, infine, in arte, Saul Tenser non fa altro che esorcizzare, in una versione estrema, i nostri sforzi di adattamento alle mutazioni intorno e dentro di noi. È compito di Viggo Mortensen trapiantare nel suo personaggio un perenne senso di dolore. Una sofferenza che viaggia sul filo sottile del piacere, in un mondo in cui “la chirurgia è il nuovo sesso”.

Nel film, ci troviamo di fronte a un artista, che prova a spingere le sue performance allo stremo, cercando di riempire il vuoto esistenziale con la propria arte. Un po’ quello che fa lo stesso Cronenberg mettendoci di fronte a una scena iniziale e a una finale che affrontano alcuni dei tabù più radicati della nostra società. Il tentativo è quello di sconvolgerci, farci inorridire e scuotere le nostre pigre coscienze. Esattamente come ha fatto 26 anni fa con Crash, avviene oggi e, probabilmente, accadrà anche domani. “Spero di avere tanti crimini nel mio futuro, – conclude il regista – crimini cinematografici”.

Carlo D'Acquisto
24 Maggio 2022

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