Femminile plurale a Cannes

All’Italian Pavillion un’elegante monografia bilingue, italiano e inglese, edita da Cinecittà ci fornisce utilissimi dettagli sulle cineaste italiane


CANNES – Un punto dolente notorio del Festival di Cannes così come di tante altre manifestazioni internazionali è la cronica disparità quantitativa tra cineasti maschi e femmine presenti in tutte le sezioni. 

All’Italian Pavillion presso l’Hotel Majestic sulla Croisette un’elegante monografia bilingue, italiano e inglese, ci fornisce utilissimi dettagli storici sull’emergenza recente nel nostro cinema dei talenti femminili a tutti i livelli creativi: Femminile plurale. 2010-2021 / The Wave. 2010-2021 Italian Women Filmmakers, curata da Carla Cattani, Cristina Cassano, Monica Moscato e pubblicata da Cinecittà. 

Il catalogo illustrato di una rassegna tuttora itinerante in vari paesi si apre con la prefazione di Carla Cattani: “Gli auspici erano ottimi: una delle prime registe della storia del cinema è stata l’italiana Elvira Notari che dal 1906 al 1929 ha girato 60 lungometraggi. Poi per gran parte del ‘900 solo due registe in Italia hanno avuto una carriera cinematografica anche internazionale, Liliana Cavani e Lina Wertmüller. Ma bisogna aspettare almeno un secolo per la wave del cinema italiano al femminile. Perché prima del 2010 era difficile imbattersi nello stesso anno in più di 2 film diretti da donne. Infatti nel 2010, su 122 film italiani usciti nelle sale cinematografiche, solo due avevano la regia al femminile. A distanza di 10 anni, 2019 e 2020, il dato arriva al 13%. Numeri ancora piccoli, ma la proiezione va oltre il 600%. Senza contare i lunghi mai arrivati nelle sale, i documentari ed i corti. Le prime ad affacciarsi sono state Susanna Nicchiarelli e Alice Rohrwacher, rispettivamente alla Mostra del Cinema di Venezia con Cosmonauta (2009, nella stessa edizione del festival Francesca Comencini presentava in competizione Lo spazio bianco) e alla Quin- zaine di Cannes con Corpo celeste (2011). In questi dieci anni le due registe hanno vinto premi prestigiosi ai grandi festival internazionali e i loro film sono passati da budget da cinema indi ad investimenti decisamente più cospicui”.

“Con il passare del tempo l’onda ha raccolto molte autrici, come, tra le altre: Elisa Amoruso, Laura Bispuri, Giorgia Cecere, Emma Dante, Maura Delpero, Valeria Golino, Laura Luchetti, Silvia Luzi, Chiara Malta, Michela Occhipinti, Valentina Pedicini, Paola Randi, Adele Tulli. Il cinema italiano al femminile si esprime in forme più autoriali, artistiche. Certo c’è più libertà, le produzioni indipendenti dovrebbero garantire uno spazio espressivo di altissimo livello. Ma ci potrebbe essere anche un altro motivo: i film autoriali, di solito e sicuramente per le opere prime e seconde, sono film che costano meno. Perché sembra che ancora nessuno in Italia, a parte rare eccezioni, investa in produzione e promozione di proposte più commerciali, film per famiglia oppure di Natale, che arrivano dalle donne. Va bene la nicchia, non va bene il mercato. Eppure anche in questo caso si è aperta una crepa, Paola Randi ha diretto nel 2021 un film di Natale. Forse perché si tratta della Befana e non di Babbo Natale, ma poco importa. Tutto questo fa capire come il cinema italiano al femminile dell’ultimo decennio sia in un momento unico, l’inizio dell’inizio. Le autrici non sono più casi isolati ma neppure un trend della produzione. Sono per ora una proiezione del futuro che va raccontata, prima che appartenga, come succede troppo spesso, al genere dei classici. Queste autrici sono qui, propongono le loro storie adesso e andrebbero conosciute senza aspettare che la storia del cinema renda loro il merito di aver spalancato il cinema italiano alle donne”.

Daniela Persico studia nel libro le Pioniere, autrici e rivoluzionarie del cinema italiano del passato. Ilaria Ravarino analizza le opere più recenti, dall’innovativo Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli fino all’acclamato Piccolo corpo di Laura Samani. 

Gaia Furrer inserisce dal canto suo la creazione italiana al femminile in un contesto internazionale in profonda evoluzione grazie soprattutto a cineaste pluripremiate quali Jane Campion, Margarethe von Trotta, Chloé Zhao, Julia Ducournau, Audrey Diwan, Antoneta Kusijanović e parecchie altre. 

Marta Donzelli fornisce infine una serie di dati quantitativi che parlano chiaro. Alcuni esempi: 1.125 uomini e 213 donne attivi come registi in Italia tra il 2017 e il 2020; 1.628 uomini e 432 donne sceneggiatori; 827 / 279 il rapporto tra i montatori; 939 / 99 tra i direttori della fotografia; 2.415 / 923 tra i produttori. Il rapporto s’inverte nettamente solo nei casi dei costumisti, 115 / 373, e dei truccatori, 409 / 1.004. 

Lorenzo Codelli
24 Maggio 2022

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