Sandrelli: “Quando si parla di eutanasia si parla di vita, non di morte”

Acqua e anice è un “road movie da balera” con Sandrelli e Paolo Rossi. Il film di Corrado Ceron è Evento Speciale delle Giornate degli Autori, distribuito Fandango, dal 29/9


VENEZIA – Una leggenda del liscio, Olimpia (Stefania Sandrelli). Un furgoncino che è scrigno della sua memoria ma anche “casa” del presente, un tempo in cui la cantante cerca di “rimettere in strada” non solo il mezzo automobilistico ma proprio la sua vita, intraprendendo un viaggio fisico e affettivo – tra chi c’era e non c’è più e chi è rimasto, come Gimmi (Paolo Rossi).

Olimpia, però, parte con una compagna di viaggio che specchia un po’ il suo polo opposto, Maria (Silvia D’Amico), giovane, timida, un po’ impacciata, ma colei che “la guida”… non solo perché chiamata a farle da autista. Un viaggio anche sulla libertà, perché Acqua e Anice di Corrado Ceron – Evento Speciale alle Giornate degli Autori – riflette anche sull’eutanasia, tema su cui Sandrelli esprime subito il proprio parere: “è molto difficile avere un’idea, è estremamente difficile. Premesso questo è inutile continuare a essere ipocriti: già si fa l’eutanasia, lo so, per esperienza personale; essendo nel Paese del Papa non si possono avanzare pretese ma sono anche trascorsi quarant’anni dalla Legge di Loris Fortuna. Non si parla di morte quando si parla di eutanasia, si parla di vita. Così come cerchiamo la qualità nella vita, deve esistere anche la qualità nella fine della vita. E questo lo sa anche il Papa, che è un uomo molto intelligente. Parliamoci fuori dai denti: è una cosa fatta per noi, che serve alla qualità della nostra vita. Cosa vogliamo farne della vita? Già è complicata, è piena di diritti non concessi, non realizzati, quanto tempo dobbiamo perdere ancora? È questo è il motivo principale per cui ho subito voluto fare il film, immediatamente”. 

È un film, Acqua e Anice, che certamente ha necessitato un mestiere attoriale che andasse a toccare anche delle corde emotive interiori degli interpreti, come conferma Stefania Sandrelli: “Le corde io le ho toccate, non c’è dubbio. Olimpia ha la mia stessa età: essere una star che quando non ha più voce non riesce nemmeno a stare più dietro alle serate, a essere sempre in un posto differente – un po’ come per il teatro – ti fa diventare automaticamente una ‘ex’, così succede per lei, che era una regina del liscio”. Chi fa questo lavoro, continua l’attrice, “fa battesimi, matrimoni, comunioni, e alla fine si fanno i dispetti tra orchestrine, rivalità tra loro, e questo è un aspetto estremamente divertente, infatti noi ci siamo divertiti, istintivamente”. 

E a questo punto Sandrelli evoca un attore non umano ma imprescindibile, dicendo: “il furgoncino vale la pena solo quello per vedere il film! Con il camioncino Olimpia faceva le tournée, era il contenitore della sua gioia, della passione, della motivazione per cui è vissuta. Poi, la cosa un po’ patetica, ma anche carina, divertente, è che sono quasi tutti morti” quelli della sua vita dal star. “Lei dice proprio: io voglio rivedere tutti i miei amici, che mi hanno resa felice, che ho amato tanto, che mi hanno aiutata a diventare quello che sono, e solo Gimmi è tra i pochi sopravvissuti, infatti con Paolo ci scateniamo, è proprio una passione”. 

Per un sempre ironico e pungente Rossi, “l’unica cosa che stava in un angolo della memoria è che mi ricordava la gavetta, di cui a volte ho proprio anche nostalgia. E siccome anche io ho cominciato con matrimoni, battesimi e funerali, credo tornerò, alla fine – con molta gioia – a fare… matrimoni, battesimi e funerali, circoncisioni, divorzi e qualsiasi cosa! Anche perché, per come si sta mettendo con il teatro – tra gas, bollette e quant’altro – credo che questo film mi dia anche la forza di poter tornare in quei luoghi in cui francamente mi divertivo molto!”. 

Corrado Ceron racconta poi che: “all’inizio, anche in fase di scrittura, quando pensavo alla linea di regia da seguire, immaginavo di tenerne una più oggettiva, di distacco, tra me e i personaggi, poi procedendo con la scrittura e conoscendo Stefania e Silvia mi ci sono affezionato ed è cambiato un po’ il mio modo di vedere l’approccio alla regia. Ho pensato che la camera potesse diventare una terza compagna di viaggio: abbiamo utilizzato così ottiche molto corte, spesso la macchina a mano, che si muovesse con loro, era  una sensazione che volevo dare allo spettatore, quella di essere lì accanto. È un film di viaggio multiplo, sì un on the road ma decisivo, perché breve – dura tre giorni – ma determinante a livello esistenziale: è soprattutto un viaggio interiore, perché tocchiamo vari luoghi, senza il flashback ma preferendo personaggi, aneddoti e i luoghi stessi appunto, che sono come delle proiezioni, delle estensioni dell’anima di Olimpia. È una storia di formazione, Olimpia non smette di imparare mai, ed è una storia di iniziazione per Maria”. 

Il film esce il 29 settembre distribuito da Fandango

Nicole Bianchi
08 Settembre 2022

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