‘Piove’ vince il ricorso al Tar contro il divieto ai minori di 18 anni

L'horror di Paolo Strippoli ottiene dal Tar il ripristino del divieto ai minori di 14 anni


Piove di Paolo Strippoli ha vinto il ricorso di fronte al Tar del Lazio a cui si era rivolto dopo che la commissione ministeriale per la classificazione delle opere aveva dato, per ben due volte (qui e qui le nostre news), parere negativo all’autoclassificazione della società di produzione Propaganda Film di opera non adatta ai minori di 14 anni. Rigettando dunque l’autoclassificazione – prevista dalle nuove norme della Legge Franceschini – la commissione aveva alzato il divieto ai minori di 18 anni.

Il film, uscito nelle sale il 10 novembre con Fandango, è stato dunque limitato nella promozione, come prescrive la legge per i VM18, non avendo potuto mostrare neanche i trailer nei cinema e in tv. Ora, con la sentenza numero 16237/2022 che Cinecittà News ha potuto leggere in anteprima, il Tar del Lazio ha “disposto l’annullamento dei provvedimenti gravati, con i quali è stato espresso e comunicato parere contrario alla proposta del richiedente di classificazione della pellicola come ‘opera vietata ai minori di anni 14 con le relative icone violenza – Sesso – Uso di armi – Uso di sostanze stupefacenti o alcol – Discriminazione e incitamento all’odio – Linguaggio e turpiloquio’. Insomma, linguaggio burocratico a parte, da oggi Piove torna ad a essere vietato ai minori di 14 (12 anni se accompagnati da un genitore o di chi ne fa le veci).

Il collegio giudicante, con la presidente Donatella Scala, il consigliere Mario Alberto di Nezza e l’estensore Francesca Santoro Cayro, è però entrato nel merito delle decisioni della Sottocommissione III e delle Sottocommissioni riunite I e IV per la classificazione delle opere del Ministero della Cultura rilevando che “seppur il film Piove presenta indubbiamente delle scene di violenza (che del resto è un contenuto tipico o ‘strutturale’ del genere cinematografico ‘horror’ cui la pellicola è ascrivibile), questa non assume intensità e forza tali da renderlo inidoneo alla visione da parte, genericamente, di tutti i minori di 18 anni, non condividendosi, sul punto, la valutazione estrinsecata dalla Commissione”. Questo perché “le scene di violenza non ‘punteggiano’ la trama in maniera significativa (come paventa il parere reso in prima istanza), né ‘persistente’ (come si legge nel parere reso in sede di riesame), ma si tratta di alcuni gesti e atti (in qualche caso, non lo si nega, anche brutali) che tuttavia vengono rappresentati esplicitamente solo ad uno stato piuttosto avanzato della storia, mentre in precedenza erano stati semplicemente raccontati’ (tramite notiziari televisivi, radiofonici o notizie di stampa che narrano di una incomprensibile escalation di violenza omicida registrata negli ultimi tempi)”.

Andando avanti nella lettura della sentenza del Tar del Lazio che ha condannato il MiC al pagamento delle spese processuali, i giudici diventano quasi dei critici cinematografici rilevando che “il film Piove propone una trama calata in un contesto governato dal ‘soprannaturale’, come tipico del genere cinematografico ‘horror’: la violenza non assume i tratti di un atto meramente gratuito, perpetrato senza spiegazione alcuna e unicamente fine a se stesso (questo sì sarebbe particolarmente inquietante e tale da comportare un livello di turbamento che potrebbe risultare non adatto per un pubblico giovane), ma è cagionato da una forza ‘oscura’, e dunque irreale, che uno spettatore di una certa età (e indubbiamente un minore che abbia già compiuto i 14 anni) è in grado, senza ombra di dubbio, di cogliere come tale, relegandola al piano dell’inverosimile e immaginifico”.

Insomma, concludono i giudici, “l’obiettivo del film (quale del resto tipico della cinematografia di riferimento) è quello di creare nello spettatore un momentaneo senso di paura e terrore, giocando sul soprannaturale, e dunque su situazioni niente affatto reali né verosimili, ma del tutto irrazionali, immaginifiche, impossibili a verificarsi nella realtà quotidiana. E di ciò lo spettatore ne è perfettamente consapevole: in particolare, si ritiene che, per giungere a tale comprensione, sia sufficiente un grado di maturazione psicofisica che implica non necessariamente un pieno, completo ed esaustivo sviluppo delle facoltà intellettive e cognitive dell’individuo (che l’ordinamento presume raggiunto una volta compiuta la maggiore età”. Perché “un ragazzo più giovane (sicuramente già dai 14 anni in su) può comprendere appieno il significato delle scene proiettate”.

Pedro Armocida
06 Dicembre 2022

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