Francesca Comencini: “Django racconta l’oggi con la follia e la libertà del western”

Django la serie western


Non fa giri di parole su quello che voleva essere ed è Django, la serie western che Francesca Comencini ha diretto artisticamente oltre che ad aver girato i primi quattro dei dieci episodi: “Ci siamo misurati con un genere leggendario seguendo le sue spinte rivoluzionarie. Follia, libertà e desiderio del western per raccontare il qui e ora che abbiamo intorno a noi, con i conflitti e le speranze del nostro tempo”, dice la regista durante l’incontro stampa in un hotel romano.

Liberamente ispirato al cult di Sergio Corbucci, Django, scritto da Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli e diretto anche da David Evans e Enrico Maria Artale, è ambientato nel Texas di fine ‘800 dove vediamo l’omonimo protagonista interpretato da Matthias Schoenaerts arrivare a New Babylon, una strana città chiusa in fondo a un cratere dove, dice Francesca Comencini, “è concessa a tutti una seconda possibilità”. Julian Wright alias Django è in cerca degli uomini che hanno assassinato la sua famiglia, ma scopre che sua figlia Sarah (Lisa Vicari) è sopravvissuta, si trova lì e sta per sposare John Ellis (Nicholas Pinnock), il fondatore afroamericano di questo città utopistica e libertaria aperta a tutti e a tutti. Django vuole avere un’altra possibilità con sua figlia e si allea con Ellis per difendere New Babylon dalla potente Signora di Elmdale, Elizabeth Thurman (Nomi Rapace), impegnata nella missione morale di liberarsi di questa comunità di ladri e peccatori. “La cosa interessante – racconta Riccardo Tozzi di Cattleya che, con Atlantique Productions, ha prodotto la serie per Sky e Canal+ – è la struttura mistery che vede ognuno di questi quattro protagonisti non conoscere un segreto della propria vita. È un western che racconta il presente, anche attraverso il personaggio di Django che è un uomo che cambia, proprio come il concetto di virilità, con una struttura narrativa complessa e innovativa che arriva anche a sfidare lo spettatore, per questo ringrazio Sky che è sempre nostra complice in queste avventure un po’ complicate”.

In questa grande produzione girata in Romania che Nils Hartmann, Senior Vice President di Sky Studios in Italia e Germania, arriva a definire “un progetto che rappresenta l’Unione Europea ma con al fondo un gruppo di grande talento italiano”, ecco che in molti ruoli di secondo piano, ma decisamente incisivi, troviamo alcuni interpreti italiani. Partiamo ovviamente da Franco Nero, il protagonista del capolavoro di Corbucci del 1966 che ha sempre nel cassetto un sequel scritto con John Sayles dal titolo Django Lives: “Ci tenevano tanto, come anche Tarantino per Django Unchained, a farmi un omaggio. Qui interpreto un ruolo un po’ insolito, un reverendo che ha studiato medicina. Mi ha fatto piacere tornare nell’atmosfera del western. Certo il primo Django è un miracolo, non immaginavamo il successo mondiale che avrebbe ottenuto, una copia del film è conservata pure al MoMA di New York, oltretutto non c’era una lira e una volta abbiamo dovuto pure interrompere le riprese”.

Un po’ a sorpresa esordisce nella serie il cantautore Manuel Agnelli che possiede una compagnia di estrazione petrolifera: “Amo i western di John Ford, mi preparo a questo ruolo da quando avevo 5 anni, sono un gran cagnaccio ma sono diventato un pony nero. Devo ammettere che è stato più facile per me recitare in inglese. Il genere western ha questa capacità di proiezione verso l’avventura e i confini che non abbiamo esplorato. Un aspetto, anche di curiosità, che abbiamo un po’ perso con internet”, dice il cantante che rivela essere appassionato di tiro dinamico e che avrebbe piacere nel continuare a fare l’attore. Camille Dugay, figlia di Francesca Comencini, che interpreta Margaret, la moglie defunta di Julian alias Django (la serie gioca su un continuo andirivieni di flashback), ammette invece di non avere “una grande cultura western, da piccola giocavo con mio cugino che invece era fissato e mi faceva sempre morire. Ma per prepararmi ho visto il film I compari di Robert Altman e ho letto Furore di Steinbeck che non c’entra con i tempi del western ma era per capire l’atmosfera delle persone che scappano e vagano per l’America”.

Vinicio Marchioni interpreta Parisi, un capitano dell’esercito Confederato, compagno di Django durante la Guerra civile: “Il mito della frontiera, a maggior ragione oggi, andrebbe riscoperto con quel fascino e quell’attrazione verso cose che non si conoscono. Sono stato felicissimo, come attore, di fare da tramite dei temi di cui si parla nella serie come l’omosessualità e un certo tipo di donna che fa cose straordinarie”. Gli fa eco Thomas Trabacchi, nei panni di un siciliano membro di una pericolosa gang: “Un privilegio far parte di una storia con temi universali come gli elementi virili che accolgono i principi dell’amore”.

Senza tanto girarci intorno, il fatto è che nella serie a un certo punto c’è un bacio tra Django e il suo migliore amico. Cosa che, rileva Franco Nero, “allora non si poteva fare ma oggi è cambiato il mondo…”. Mentre la sceneggiatrice Maddalena Ravagli ci tiene a sottolineare che “l’episodio non va ritenuto una forzatura perché ci siamo documentati sui diari dei vaqueros, come erano chiamati alla messicana i cowboy dell’epoca, che facevamo la transumanza in territori sterminati con viaggi nel nulla che duravano dieci mesi. Cose che erano impensabili nella borghesia cittadina come quella ritratta ne L’età dell’innocenza di Scorsese, in altri ambiti, nei momenti di fragilità, potevano lasciare adito a pulsioni di desiderio più complesse. Nella serie tutto questo diventa tema politico, tema di diritti civili e tema narrativo”. Su questa linea, conclude Francesca Comencini a proposito dei forti ruoli femminili della serie, “abbiamo voluto rappresentare un mondo che rimanda a quello di oggi che, attraverso le lotte devo dire specialmente delle donne, mette in discussione questioni millenarie sulla costruzione di genere, sui ruoli, sulle diversità. Sono temi che da una parte vanno avanti da soli ma, dall’altra, creano inevitabilmente paura e anche delle chiusure. La serie cerca di abbracciare queste paure e il western torna sempre come cornice fiabesca nera che consente di parlarne e di esorcizzarle”.

Pedro Armocida
14 Febbraio 2023

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