Un fluviale romanzo politico per Nuri Bilge Ceylan

Habitué del festival e dei premi, il maestro turco Nuri Bilge Ceylan torna in concorso con il suo nono film, About Dry Grasses, dopo la Palma d'oro vinta per Winter Sleep


CANNES – Habitué del festival e dei premi, il maestro turco Nuri Bilge Ceylan torna in concorso con il suo nono film, About Dry Grasses, dopo la Palma d’oro vinta per Winter Sleep con un grande romanzo girato ancora una volta in Anatolia, in una zona lontana da tutto e sommersa dalla neve.

Al centro della narrazione, che si snoda per tre ore e mezza con lunghi dialoghi e discussioni a volte quotidiane a volte politiche e filosofiche, un terzetto di personaggi. Samet (lo straordinario Deniz Celiloglu), un giovane insegnante d’arte nichilista e ambiguo, un manipolatore nato, che viene accusato, insieme al collega e coinquilino Kenan (Musab Ekici) di aver molestato due studentesse. In particolare l’ipersensibile adolescente Sevim, a cui ha regalato uno specchietto e che è un po’ la sua cocca. Nel liceo predomina il tradizionalismo e i ragazzi vengono addirittura perquisiti dagli insegnanti alla ricerca di piccole cose proibite come un braccialetto o un laser, così nello zaino di Sevim si trova una lettera d’amore indirizzata non si sa a chi attorno alla quale si sviluppa un piccolo dramma.

Ma nello stesso tempo Samet frequenta, insieme all’amico, la professoressa d’inglese Nuray (Merve Dizdar), politicamente molto impegnata, nutrita di idee utopistiche e molto dotata per la pittura. La ragazza è segnata da un grave incidente: ha perso una gamba in un attentato kamikaze e non sembra essere riuscita a elaborare questo trauma.

In uno scenario dove ci sono solo due stagioni, il lungo inverno e l’improvvisa estate, in cui le erbe, appena uscite dal gelo, si seccano senza fiorire, Samet sogna di fuggire dalla provincia per andare a Istanbul, scatta fotografie, seduce senza molta convinzione Nuray, anche solo per sottrarla all’amico-rivale. Nuray è tuttavia un personaggio femminile molto forte e inedito nel cinema di Ceylan per la sua capacità di rivendicare le proprie idee e anche la propria contraddittorietà e indeterminatezza sentimentale. La sceneggiatura è frutto della collaborazione tra Ceylan e la moglie Ebru Ceylan insieme ad Akın Aksu, a partire da un diario di quest’ultimo, insegnante in Anatolia, in particolare a Erzurum. “La lettura del diario di Akin mi ha colpito e ho continuato a pensare ad alcuni dettagli, fino a decidere di scrivere un film legato alle sue esperienze e riflessioni. E’ un soggetto che offre la possibilità di riflettere su determinati concetti fondamentali, come il bene e il male, l’individualismo e il collettivismo, che, nel nostro paese, hanno sempre rappresentato dicotomie”, spiega Ceylan, che affida ai dialoghi tra personaggi a tratti dostoevskiani molti temi scottanti della politica turca, trasmettendo allo spettatore la consapevolezza di una impossibilità di uscire da una serie di trappole inevitabili e prendere davvero posizione nella vita come nell’agone sociale. “Amo il lato oscuro dei miei personaggi – aggiunge Ceylan – racconto le cose attraverso i meandri oscuri in cui si muovono. Non sono antieroi perché non ho una visione romantica della vita, per me sono persone ordinarie”.

Cristiana Paternò
20 Maggio 2023

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