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VENEZIA - Pierfrancesco Favino, tra i protagonisti di Adagio di Stefano Sollima, in concorso alla Mostra, interviene sul tema degli stereotipi dell'Italia nel cinema internazionale e sull'uso di attori stranieri per i personaggi italiani.

"In altri tempi - argomenta l'attore - Enzo Ferrari l’avrebbe interpretato Vittorio Gassman e non Adam Driver. Non lo trovo corretto, soprattutto non è divertente essere presi per il culo come in un film come House of Gucci, dove la famiglia Gucci parla come in New Jersey. E' un problema di appropriazione culturale. Va protetto il nostro talento e occorre fare sistema. A Cannes nessuno si scandalizza se ci sono sei film francesi in concorso. L'Italia si sta evolvendo e tanti cliché sull'italiano esistono solo nel cinema americano, che però i suoi attori li protegge, eccome, non vedo un attore americano fare un tedesco o un messicano fare un cubano". 

“Il pubblico italiano - prosegue Favino - tornerà ad avere fiducia nel cinema italiano quando vedrà gli attori italiani entrare nelle produzioni internazionali. È la piccola battaglia che io sto facendo per la quale dico che i ruoli italiani devono essere interpretati da attori italiani è perché nel momento in cui Alessandro Borghi, Sabrina Impacciatore, un Luca Marinelli sono in una produzione internazionale, improvvisamente il pubblico italiano si sente rappresentato in quello che considera essere il cinema di livello A o B”.

“Se invece noi consentiamo ai nostri ruoli di essere recitati da attori non italiani, cosa unica nel mondo in questo istante, ecco che saremo sempre nello stesso campionato ma per i ruoli di retrocessione. Questa è una piccola battaglia da fare”. E sottolinea: “Nessun Paese al mondo in questo momento sta consentendo a Pierfrancesco Favino di fare, giustamente, Kennedy o Tom Ford. E noi invece stiamo tranquillamente dicendo che tutta la famiglia Gucci è italo americana, senza problemi. Se va bene, va bene per tutti”.

L’attore, a Venezia come protagonista di Comandante di Edoardo De Angelis, oltre che nel film di Stefano Sollima, si toglie molti sassolini dalle scarpe: “Io sono un po’ stanco di essere additato con un cliché dell’italiano fatto in un certo modo. Per me un attore è libero di pensare di essere una giraffa belga. Quello è il nostro mestiere, noi esistiamo per essere quello che non siamo. Ma se le regole comuni sono queste, allora a queste regole dobbiamo partecipare anche noi. Soprattutto perché chi viene qui ha un risparmio del 45% di tasse”.

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