ALDO SIGNORETTI


“I ragazzi che mi hanno creata”. Così Nicole Kidman ha presentato ad Audrey Tautou (l’Amélie Poulain di Jean Pierre Jeunet), durante la cerimonia per le candidature ai Bafta, Aldo Signoretti e Maurizio Silvi, make-up artist per Moulin Rouge. I due, coppia artistica collaudata da anni di amicizia, ora sono in lizza per gli Oscar con il film di Baz Luhrmann e hanno appena ricevuto “La testa di Berenice”, premio ideato a Bologna da Sergio Valente.
Aldo Signoretti, hair stylist, ha lavorato con i più grandi registi italiani. Nel curriculum Ginger e Fred di Federico Fellini, Gruppo di famiglia in un interno di Luchino Visconti, Callas forever di Franco Zeffirelli e La leggenda del pianista sull’oceano di Giuseppe Tornatore.
Un trasferimento negli Stati Uniti nel 1982 e Signoretti inizia a lavorare sul set di Louisiana, film tv di Philippe del Broca. Da lì fioccano le collaborazioni straniere. E’ l’hair stylist personale di Sylvester Stallone in Cliffhanger, lavora sul set di M. Butterfly di David Cronenberg, in Dolores Claiborne e L’avvocato del diavolo, entrambi diretti da Taylor Hackford.
Tra gli ultimi lavori Ten minuters older diretto da molti registi tra i quali l’italiano Bernardo Bertolucci. Signoretti, ora 48enne, ha iniziato la sua carriera a 19 anni. E’ stato allievo di Manlio Rocchetti. Cresce a fianco di Piero Tosi, si nutre dei set di Visconti. Ma quando gli si chiede di guardare indietro, si sorprende. “Qualche volta mi chiedo se ho percorso proprio io tutta questa carriera”, racconta. Oltre a Maurizio Silvi, altri suoi collaboratori sono Ferdinando Merolla e Giorgio Gregorini, i suoi “braccio destro e sinistro”.

Come è andata sul set di “Moulin Rouge”?
Si è trattato di un film complicato. Io e Maurizio abbiamo costruito quello che Baz chiama “la follia a metà tra il Moulin Rouge e il Club 54 degli anni ’70 a New York”. Abbiamo spaziato nelle varie epoche, partendo dalla fine dell’ 800. Abbiamo lavorato sui colori delle tele di Toulouse-Lautrec. I colori dei capelli di Nicole non sono biondi ma gialli, blu, rossi.

“Moulin Rouge” ha ben otto nomination, compresa quella per la miglior attrice protagonista a Nicole Kidman. Si è fatto qualche idea sui possibili destinatari delle statuette?
Nicole Kidman probabilmente vincerà. Ha un’ottima immagine quest’anno.

Avete contribuito anche voi al cambiamento. Se la statuetta va a lei, andrà anche a voi…
(Sorride esitando, ndr.) Vedremo… secondo Peter Owen, (make-up artist in corsa per gli Oscar con Il signore degli anelli, ndr.) quest’anno le teste avranno il sopravvento sul make-up.

Come descriverebbe il suo mestiere?
Un creatore di immagini. Non mi limito a fare una bella acconciatura ma a creare un bel personaggio. Un’immagine può essere trasformata da una testa. E’ come dipingere un meraviglioso quadro. Questa è la mia filosofia.

Gli “artigiani” italiani sono molto apprezzati all’estero…
L’improvvisazione nasce in Italia. Noi possediamo la ‘creatività del mattino’, quell’immediatezza con cui risolviamo i problemi sul set ogni giorno, e la capacità delle mani. All’estero abbiamo quasi creato delle scuole. In Italia invece c’è una distrazione maggiore sul nostro mestiere. Fellini un mattino sul set di Ginger & Fred decise di togliere le meches bianche a un personaggio e avere la testa tutta nera. Mi chiese quanto tempo ci voleva, io gli risposi che avevo bisogno di un’ora. E lui: “Non c’è problema, aspetto”. Questo era l’atteggiamento dei registi italiani verso di noi. Oggi accade raramente.

Quali registi italiani fanno attenzione a questo lato della realizzazione di un film?
I cento passi di Marco Tullio Giordana era molto curato. Anche il film di Muccino. E la qualità alla lunga viene premiata.

Chiara Nano
19 Marzo 2002

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