Giuseppe Tornatore: “Come ingannai Albertone”


Il TaorminaFilmFest ha dedicato in questi giorni a Giuseppe Tornatore la prima retrospettiva completa, compresi i documentari e gli spot diretti dal 1990, una mostra oltre al concerto omaggio del maestro Ennio Morricone con le musiche dei suoi film. E per questa personale è stato realizzato anche il catalogo “Giuseppe Tornatore. Uno sguardo dal set“, curato da Ninni Panzera e edito da Sivana Editoriale (30 euro).
In apertura del catalogo il saggio di Franco Cicero offre il ritratto di “uno spudorato raccontatore di emozioni”, come si è definito lo stesso Tornatore. A Maria Pia Fusco il compito di analizzare il rapporto con l’universo femminile, dai primi personaggi appena accennati a
Maléna, dove la donna è per la prima volta protagonista assoluta del suo cinema. Sergio Bassetti indaga le trame sonore dei suoi film, in particolare l’intensa collaborazione artistica con il compositore Morricone, che ha firmato tutti i suoi titoli tranne l’esordio, Il camorrista, le cui musiche sono di Nicola Piovani.
Enzo Sallustro ripercorre l’esperienza di Tornatore soggettista (5 delle sue 9 regie sono debitrici di un suo soggetto originale), Ninni Panzera dà invece voce all’autore con l’intervista “Guardare il cinema. Trentacinque anni di attività”, da cui è tratto il brano che pubblichiamo qui sotto. Il volume propone inoltre le schede dei lungometraggi realizzati, compreso l’episodio
Il cane blu dal film La domenica specialmente, firmato da Giuseppe Bertolucci, Marco Tullio Giordana e Francesco Barilli.
La sezione dedicata al cinema documentario è presentata da Emiliano Morreale, che analizza i primissimi lavori in Super 8 e i documentari prodotti da Rai Tre Sicilia. Il lavoro di regista pubblicitario, approfondito da Marco Senaldi, chiude il catalogo: dalla Barilla/Mulino bianco agli spot per Tele+ e Sky Cinema, alla serie per Dolce&Gabbana.

II prossimo anno saranno venti anni dall’uscita di Nuovo cinema Paradiso: è stato detto tutto o c’è ancora un episodio, una storia, un’emozione da rivelare?
Ci sono molte cose, in fondo, che non sono state dette, anche perché tutti si sono sempre concentrati solo sulla fatidica questione dei taglio di venticinque minuti. Ma in realtà ci sono tanti aspetti interessanti riguardanti la genesi e la realizzazione dei film che nessuno ha mai voluto sapere. Ad esempio, pochissimi sanno che il ruolo di Alfredo lo avevo scritto pensando al grande Turi Ferro. C’eravamo anche incontrati nella sua casa romana, gli avevo raccontato la trama e il personaggio. Credo addirittura di avergli fatto leggere il copione con il primo titolo Nuovo Cinema Italia. Ne fu entusiasta. Anche il produttore Franco Cristaldi trovava Turi perfetto per interpretare il protezionista cieco.

Sfortunatamente gli impegni teatrali dell’attore catanese non consentivano alcun margine di conciliazione con il nostro piano di lavorazione e noi non potevamo rinviare le riprese di un anno. A malincuore dovetti rinunciargli. Seguì una vera e propria sfilza di candidature capitanata dall’ipotesi Mastroianni. Gli mandammo la sceneggiatura. Marcello lesse, si congratulò per la storia, ma fu costretto a rinunciare perché in predicato per lo Splendor di Ettore Scola. Puntammo su Volonté che stava girando credo in Belgio. ma ci fece sapere che non amava leggere copioni e prendere in considerazione nuovi personaggi mentre si trovava occupato a interpretarne uno. A un certo punto proposi Leopoldo Trieste, ma la Terza rete Rai di Angelo Guglielmi, che intanto era entrata a cofinanziare il film, non voleva rinunciare a un nome prestigioso, una presenza che facesse noleggio, come si diceva una volta.

Per la stessa ragione fallirono anche le candidature di Lino Cover libroTroisi e Ciccio Ingrassia, il quale ultimo si offese moltissimo. Infine Cristaldi propose Alberto Sordi. A dire il vero io non lo vedevo bene nel ruolo di Alfredo, temevo che la sua caratterizzazione sicilianeggiante sarebbe risultata inevitabilmente grottesca, il che non era in linea con il film. Tuttavia non ho potuto fare a meno di accogliere il suggerimento del produttore di sottoporgli la sceneggiatura. Ubbidii ma, non ricordo esattamente per quale ragione, non segnalai a Sordi il ruolo che pensavamo per lui, gli mandai il copione e basta.
Finita la lettura il grande attore mi telefonò e mi fece mille complimenti. La sceneggiatura gli era piaciuta, purtroppo, e non avevo vie di scampo. Ma improvvisamente Albertone esclamò: “Il personaggio pare scritto proprio addosso a me! Me piace che dopo tant’anni lui torna ar paesello e ce ritrova ‘a ragazzina der primo amore…”. Restai senza parole. Voleva interpretare Totò adulto!

 

Confesso di non aver fatto nulla per chiarire l’equivoco. Chiudemmo la conversazione rinviando a un prossimo vago incontro. Corsi da Cristaldi, gli raccontai l’accaduto. Lui spalancò gli occhi, sbalordito. “È la riprova che Alfredo non è lui”, feci io. Franco annuì, disperato: “Non c’è rimasto più un solo attore italiano adatto a quel ruolo. Ma se dovessimo esser costretti a puntare su uno straniero chi le piacerebbe?”. “Uno come Philippe Noiret”, faccio io. E lui: “Beh, allora perché non proprio lui?”. Fu così che la parte di Alfredo andò all’attore francese, che la interpretò magistralmente.
Moltissimo tempo dopo, mi pare all’indomani del successo a Cannes, mi ritrovai a una serata mondana. Qualcuno mi presentò a diverse personalità presenti. Improvvisamente mi ritrovai faccia a faccia con Alberto Sordi. Tremai, mentre ci presentavano. Lui mi offrì la mano, squadrandomi, poi strinse gli occhi: “Tornatore, come no? Se semo già conosciuti noi due, non è così?”. Dondolai il capo, rosso di vergogna. “Dimmè ‘na cosa, Tornatò… Quanno me facesti legge er copione de Cinema Paradiso, per quale personaggio me lo mannasti?”. “Il proiezionista cieco”, confessai. Albertone sgranò gli occhi: “Te possino caricatte!”.

La Sicilia occupa un posto importante nella tua filmografia. Oggi qual è il tuo rapporto con questa terra. La Sicilia è come il fuoco. Se stai vicino ti brucia, se stai lontano ti riscalda?
II mio rapporto con la Sicilia è quello, contraddittorio e tumultuoso, di ogni siciliano che se n’è andato tardi. Sono nato a Bagheria e vi sono stato fino all’età di vent’otto anni. Troppi per il principe Fabrizio Salina, che sosteneva si dovesse abbandonare la Sicilia prima del diciassettesimo compleanno. Per impedire al nostro carattere d’assimilare i difetti dei siciliani. lo, dunque, ho avuto il tempo per assorbirli tutti. E primo fra tutti, certamente, il credere che il luogo in cui siamo nati sia l’ombelico del mondo, se non il mondo stesso. Ultimo, ma non meno grave, l’effimero rifugiarci nel limbo dei ricordi una volta appurato che il mondo, in realtà, era sempre stato da un’altra parte e girava anche senza di noi. Ma, per quanto mi riguarda, è proprio stando da un’altra parte, lontano, che la mia memoria, o, se si vuole, la nostalgia, mi restituisce in tutta la sua purezza la Sicilia che mi porto nel cuore. Ed è per questa ragione appena vi metto piede, non vedo l’ora di partire. Per desiderare, il più presto possibile, di ritornarvi.

Giovanni Falcone, sulla sua figura hai girato un documentario. Che testimonianza ci ha lasciato?
A essere sinceri non era un vero e proprio documentario. Un omaggio, più che altro, un modesto attestato di riconoscenza dedicato alla memoria di un uomo che ha dato tutto per la nostra collettività. Credo che la testimonianza più significativa di Giovanni Falcone sia racchiusa nella sua statura morale, nel profondo rigore, nel grande coraggio con cui ha affrontato la battaglia contro la criminalità. Una di quelle grandi figure di siciliani al cospetto dei quali mi persuado sempre più che la Sicilia non sia solo terra di mafia, ma soprattutto la terra dei più grandi antimafiosi che la storia ci abbia mai dato.

(Ninni Panzera)

redazione
22 Giugno 2007

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