Folco Quilici: "Ora svelo il mistero di Tobruk"
Quel 28 giugno 1940 c'era anche il giornalista
e storico Nello Quilici, il padre di Folco,
insieme al comandante del fronte libico Italo
Balbo a bordo dell'aereo che precipitò nel cielo
africano di Tobruk colpito dal fuoco amico, cioè dalla
contraerea italiana, in quel momento impegnata a rispondere a
un attacco inglese. Le circostanze in cui avvenne
l'abbattimento dell'aereo, a sole tre settimane dell'inizio
della guerra, per lungo tempo sono state oggetto di
interpretazioni, peraltro alimentate dal comunicato ufficiale
con cui il regime fascista spiegò l'accaduto: "Un'azione
di bombardamento nemica".
La carriera politica di Balbo, che all'epoca aveva 44 anni,
era stata fortemente intrecciata con il fascismo fin dalle
origini: squadrista e segretario del fascio di
Ferrara subito dopo la Grande Guerra,
nell'ottobre 1922 è uno dei quadrumviri della marcia su
Roma, nel 1929 ministro dell'Aviazione, protagonista di voli
transoceanici in Brasile e Usa dalla fine del 1930 al 1933,
infine governatore della Libia nel 1934 con il compito di
avviare la ricostruzione dopo gli stermini di massa portati a
termine dai suoi predecessori.
Su quanto avvenuto nel cielo di Tobruk, tra gli storici si
è affermata nel corso del tempo la tesi che Balbo fosse
stato vittima di una congiura ordita da
Mussolini, invidioso della fama popolare e
internazionale che Balbo aveva conquistato, in particolare con
le sue trasvolate oceaniche. Ma anche preoccupato da alcune
prese di posizione politiche non in linea con la dittatura, in
particolare il suo essere contrario all'alleanza con la
Germania nazista e all'introduzione delle
leggi razziali del 1938.
Torna su questa vicenda, offrendo una rilettura inedita,
già proposta nel suo libro "Tobruk 1940" (Mondadori), il
documentarista Folco Quilici, apprezzato per i
suoi film cinematografici e televisivi, sia etnografici sia a
sfondo storico. Avvalendosi di decine di ore provenienti
dall'archivio Luce, da archivi inglesi e tedeschi, e di inediti
filmati da amatore messi a disposizione da privati realizzati
quando Balbo era governatore in Libia, Quilici ha realizzato il
documentario L'ultimo volo. Il segreto di
Balbo, prodotto e distribuito in homevideo da
Cinecittà Luce e che andrà in
onda su Rete 4 il 28 giugno.
A quali conclusioni è giunto? Non ci fu alcuna
congiura di regime dietro la morte di Balbo?
Nessun complotto, nessun mandante. L'aereo fu
abbattuto dalla contraerea italiana, perché a Tobruk c'era
il caos, furono sparati diecimila pezzi d'artiglieria mentre
erano in corso i bombardamenti inglesi. Che poi Mussolini, come
dice lo storico Renzo De Felice, non abbia pianto né abbia
messo il lutto, è probabile. Non dico che non ci fosse la
volontà, ma di certo non c'era la possibilità
organizzativa, anche perché quei voli erano improvvisati,
non erano preparati. Non c'entra dunque Mussolini né tanto
meno i servizi segreti inglesi. E' stato solo un
incidente.
Che cosa suggerisce allora agli storici il suo
documentario?
A loro dico perché vi siete fermati al mistero,
che mistero non è, di chi ha abbattuto l'aereo di Balbo e
non vi siete chiesti quale era la destinazione di quel volo.
Perché Balbo era accompagnato da persone non direttamente
coinvolte con lui in operazioni militari e volava verso il
deserto dove sarebbe giunto la sera? Ho provato a rispondere,
andando in quei luoghi africani e trovando questa pista di Sidi
Azeis sperduta nel deserto e vicinissima alle prime linee.
Sorge allora il dubbio che Balbo volesse incontrare qualcuno.
Non era tipo che tradisse, era un uomo che voleva arrivare alla
fine di questa storia onorevolmente. E' probabile che Balbo,
sapendo grazie ai suoi innumerevoli viaggi in Egitto che il re
e tutti gli ufficiali egiziani erano contro l'Inghilterra
considerata un oppressore, abbia tentato di agganciare questi
cospiratori, il gruppo detto "I Giovani Colonnelli", per
portarli dalla parte italiana.
Quali elementi ha a sostegno della sua
tesi?
Dopo che l'aereo cadde, gli ufficiali egiziani contattarono
Rommel, il comandante tedesco dell'Afrika Korps. Lui
scrisse nel suo diario che fuori dalla sua tenda a El Alamein
c'era la fila di chi veniva inviato dai "Giovani Colonnelli",
per offrire un'alleanza contro gli inglesi.
Se ci fosse stato un accordo tra l'Egitto in rivolta e
l'armata italiana in Africa Settentrionale, lei sostiene che la
storia sarebbe stata molto diversa?
Se la rivolta fosse riuscita, con un 'se' grande come
una montagna, in un momento in cui gli inglesi non erano ancora
fortissimi, Balbo avrebbe segnato una vittoria per l'Italia che
arrivava fino al canale di Suez. Alleandosi con un paese arabo,
e tutti i paesi arabi in quel momento erano filo Asse e
anti-inglesi per tradizione, ci sarebbe potuto essere un 1940
con un successo dell'Italia. Balbo, che era antitedesco,
avrebbe potuto considerarla una mossa militarmente molto
importante.
Un giovane storico egiziano ha trovato un testo del premier
inglese Winston Churchill, citato nel film, che evidenzia
come, nell'ipotesi che italiani e tedeschi fossero arrivati al
Canale di Suez, lui li avrebbe fermati facendo abbattere la
grande diga di Assuan, allagando la Valle del Nilo.
Suo padre tenne un diario degli ultimi giorni di
Balbo, ma alcune pagine vennero sottratte?
È vero. Ho ricostruito, grazie a materiali di repertorio
e alcune sequenze di raccordo, il lavoro di cronaca che fece
mio padre e sul quale mi baso. Ma racconto anche un mistero di
poche ore dopo l'incidente aereo: qualcuno sottrasse gli ultimi
cinque giorni di quel diario. La considero un'azione svolta da
un amico di mio padre, perché quelle pagine potevano
essere allora compromettenti, ma molto importanti a fine
guerra. Tant'è che questa persona, Pio Gardenghi,
segretario particolare di Italo Balbo, tornato dalla Libia nel
1942 a Ferrara, disse al giovane storico Paolo Fortunati, che
ne riferì poi in un convegno di studi a Ferrara, nel 1978,
d'aver riportato con sé dalla Libia due valigie di
documenti preziosi che avrebbero svelato il mistero di Tobruk.
Ma durante il primo, terribile bombardamento su Bologna
Gardenghi morì, perché l'Hotel Baglioni dove
alloggiava, venne centrato e distrutto insieme a quelle
valigie.
Dal suo documentario emerge allora un Balbo
antimussoliniano?
Balbo era convinto che i fondatori dell'Impero stessero
prendendo una grande cantonata, di qui la sua avversione al
regime fascista per quello che era diventato con l'alleanza con
Hitler e le leggi razziali. Questo spiega il suo successo e gli
incontri avuti all'estero. Balbo, dopo il suo viaggio negli
Usa, era sempre più orientato verso la liberalizzazione.
L'ha raccontato bene Indro Montanelli: quando qualcuno era in
pericolo andava da lui a Tripoli a cercare protezione.
Soprattutto la trovò mio padre che venne messo da Balbo a
dirigere il 'Corriere Padano' che era l'unico giornale che,
all'interno di un regime dove la libertà di stampa era
assente, esercitava una sua funzione, specie con la terza
pagina. In particolare quando vennero emanate le leggi razziali
fece scrivere, d'accordo con Balbo, Giorgio Bassani.