Roberta Torre: "Da mio nonno, a lezione di utopia"
Roberta Torre, tra teatro e cinema, alla
ricerca di una nuova utopia. La regista dei Baci mai
dati andrà in scena il 14 maggio con Gli
uccelli di Aristofane al Teatro Greco di Siracusa. Un
allestimento, prodotto dall'Istituto Nazionale del Dramma
Antico, che intreccia la Grecia del 414 a.C., il vaudeville e
il '700 e si avvale delle musiche di Enrico
Melozzi, autore della canzone di
Noemi a Sanremo. "Non è solo la storia di
due vecchi ateniesi che vogliono fuggire stanchi dalla loro
città con l'utopia di poterne fondare una nuova, tema
assai contemporaneo e mai passato di moda, ma anche la
rappresentazione assai inquietante di una presa di potere
basata sulla parola, sull'indottrinamento che porta a mutare
gli eventi e infine a impossessarsi tout court del
potere", spiega la regista milanese, che da molti anni vive e
lavora in Sicilia. Intanto sta preparando il nuovo film,
Rose e matematica, scritto con Marco
Alessi, che ne è anche produttore con la sua
Dugong, insieme alla Rosetta
Film, la società di produzione della regista.
"Aristofane spiega ancora Roberta Torre - ci racconta prima di
tutto l'eroe comico che, a differenza di quello tragico, naviga
felice nel suo egotismo dispotico e illimitato. Un Io che si
alimenta fino a scoppiare e che non vuole lasciare nulla a
nessuno. Ci racconta insomma molto bene un carattere di uomo
contemporaneo che a quanto pare già esisteva all'epoca".
Cinecittà News l'ha intervistata in una
pausa delle prove del testo teatrale di cui sono interpreti,
tra gli altri, Mauro Avogadro (Pisetero),
Sergio Mancinelli (Evelpide) e Rocco
Castrocielo (Upupa).
Che personaggio è questo Pisetero e perché
ci fa pensare all'oggi?
Pisetero va via da Atene, insieme a Evelpide, per morire, ma
poi gli viene l'idea di fondare una città nuova, tra il
cielo e la terra e riesce a convincere gli uccelli a
partecipare a questa impresa. Con la potenza della parola
riesce a farli suoi schiavi fino ad arrivare a cucinare i
dissidenti e mangiarli in un grande banchetto. Il potere della
persuasione è il tema che mi ha affascinato e che
trovo incredibilmente attuale.
Aveva già portato in scena "La Ciociara", quindi
l'esperienza teatrale non è nuova per lei. Quali sono le
peculiarità di questo allestimento
classico?
È sicuramente diverso dal precedente testo teatrale, ma
soprattutto dal cinema e specialmente per il lavoro con gli
attori, che sono attori teatrali, affiancati dal coro, composto
da 25 allievi dell'Accademia. Ho lavorato molto bene con il
costumista Roberto Crea, che ha colto questo
intreccio di '700 e classicità, con Melozzi per le
musiche che mescolano clavicembalo e sonorità
antiche e con il traduttore Alessandro
Grilli, che ama, come me, contaminare alto e basso,
Aristofane e Topolino. Abbiamo tolto riferimenti
all'attualità di allora e inserito quelli contemporanei,
come la questione degli immigrati e del permesso di
soggiorno.
A che punto è il film su suo nonno, Pier Luigi
Torre, l'inventore della Lambretta, dei motori dell'idrovolante
usato per la trasvolata atlantica di Italo Balbo, della scatola
nera?
Saremo sul set nel 2013, stiamo cercando una
coproduzione con la Svizzera e forse con l'America, ma vorrei
che il film restasse nei limiti del diario intimo e personale,
anche se la figura di mio nonno si presterebbe a un grande
kolossal d'azione, con scene di guerra e avventura come la
trasvolata atlantica. In questa vicenda non manca nulla,
dall'amore appassionato per una contessa torinese per metà
ebrea che diverrà sua moglie, alla competizione con il
rivale Corradino D'Ascanio, progettista della concorrente Vespa
Piaggio.
Perché "Rose e matematica"?
Perché sono le due passioni di Pier Luigi, matematico e
ingegnere, sbarcato al Politecnico di Milano dalla natìa
Vieste sul Gargano. Amava la scienza ma la mise al servizio
dell'utopia del volo e gli piaceva coltivare fiori, tra questi
la rosa blu è simbolo perfetto di qualcosa di
irraggiungibile. La sua era un'Italia che guardava al sogno,
un'Italia che purtroppo non c'è più, che per i
trentenni di oggi è morta per sempre, mentre noi che siamo
più grandi l'abbiamo annusata e forse dovremmo
trasmetterla.
Ha conosciuto suo nonno?
Sì, è morto negli anni '80, in manicomio, e il film
si apre proprio nella casa di cura in cui è ricoverato,
senza più ricordi se non la rosa blu, che lo ossessiona
ancora. Non sa più dire se sia riuscito a crearla, ma
pensa di aver nascosto il brevetto da qualche parte e incarica
l'allievo e amico Mauro Alfieri di andare a cercare quel
brevetto.
Avete pensato al cast?
Mi piacerebbe avere Vinicio Marchioni per mio
nonno da giovane e Pino Micol per lui da
anziano. E per la moglie vorrei Anita
Caprioli.