Sabine Azéma nel paese delle meraviglie, con Resnais e Monicelli
FIRENZE - Prima di morire, lo scrittore
Antoine D'Anthec ha la bizzarra idea di invitare a casa sua
tutti gli attori che hanno lavorato in passato alla sua
pièce Eurydice, oggetto di un recente
riadattamento filmato da una compagnia di giovani, su cui il
drammaturgo vorrebbe sollecitare i pareri dei suoi interpreti
di fiducia. Inevitabilmente, da semplici spettatori, tutti si
trovano a ricoprire nuovamente il ruolo di attori, ponendosi
domande cardine sulle tematiche dell'opera e del film:
innamoramento, fatalità, amore oltre la morte. Questo
l'asse portante di Vous n'avez encore rien vu, il film
di Alain Resnais che a Cannes ha fronteggiato
il vincitore della Palma d'oro, Amour di Haneke,
basato su tematiche analoghe ma con una prospettiva decisamente
più cupa. A France Odeon, il festival di
cinema d'oltralpe di cui CinecittàNews
è Internet Media Partner e che si tiene dal 1° al 4
novembre nel capoluogo toscano, lo rappresenta l'attrice
Sabine Azéma, da anni moglie e musa
ispiratrice dell'autore 91enne.
Il film gioca molto con i concetti di tempo e di
spazio, che manovra con abilità in assoluta libertà.
Come vive, da interprete, questa agilità narrativa di
Resnais?
Ne sono prigioniera, ma felice di esserlo. Se
c'è una parola che può definire Resnais, è
proprio "libertà". E' un punto di vista assolutamente
originale e indipendente, che non somiglia a quello di nessun
altro. E' stato così dal suo primo film, ed è questo
che caratterizza i grandi artisti. Alla sua età, continua
ancora a convincere produttori e distributori. E' un autore
molto profondo, ma è in grado di parlare delle angosce
dell'esistenza col gusto di divertire e divertirsi. Per ogni
pellicola inventa un gioco diverso. In Pas sur la
bouche si ispirava a un'operetta, in un'epoca in cui il
genere non riscontrava particolari favori, in Smoking/No
smoking elaborava diverse idee di teatro. Ha sempre voglia
di sperimentare e vedere cosa ne viene fuori.
Da dove nasce il titolo del film?
Da uno scherzo, si potrebbe dire. Resnais è
stato sempre molto bravo a trovare titoli, e questo lo usava
sempre come nome provvisorio di tutte le sue sceneggiature,
finché non ne trovava uno migliore. In questo caso,
funzionava, quindi gli abbiamo tutti suggerito di tenerlo. Ama
molto giocare, mescolare teatro, cinema, operetta, canto,
danza. E' la sua idea di spettacolo. Come dire: 'accomodatevi,
si parte'.
Com'è lavorare con persone che si conoscono da
sempre?
A volte stupisce anche me. Faccio questo mestiere da
quand'ero piccola. Ho sempre amato lo spettacolo, la scrittura
e il mettere in scena, ma inizialmente al cinema non ci
pensavo. Poi è arrivato, ma non avrei mai immaginato di
lavorare con Resnais. E infine, è arrivato anche lui. Mi
ha ingaggiato per oltre dieci film e sarò anche nel
prossimo, ed è un'occasione che sono stata felice di
cogliere. Potrà sembrare esagerato se dico che dà
senso alla mia vita, ma deve sapere che in questo mestiere si
oscilla tra il meglio assoluto e il peggio assoluto. Può
capitare di fare cose poco interessanti, o volgari, poi trovi
un campione del suo calibro, che ti appassiona non solo
professionalmente, ma anche poeticamente, intellettualmente e
umanamente. Sceglie tutti attori che apprezzo moltissimo, apre
le porte del mio immaginario. Mi sento un po' come in un
romanzo di Lewis Carroll: Sabine nel paese delle meraviglie.
Quel che conta è il percorso che si fa insieme per
arrivare al prodotto finito. Poi, si lascia andare la nave.
Lei ha lavorato anche con Mario Monicelli, in
Rossini! Rossini! Qual è il suo ricordo del
maestro? Segue ancora il cinema italiano?
Ricordo l'entusiasmo provato quando mi è
arrivato l'incarico. Mi dicevo: 'Vado in Italia, il paese del
cinema!'. Quando ero al liceo ho visto molti film italiani con
attori meravigliosi. Monicelli lo ricordo piccolo e vispo,
straordinariamente intelligente. Magro e asciutto, non solo dal
punto di vista fisico ma anche da quello intellettuale. Aveva
una grandissima cultura francese e poi lavorava in un modo per
me nuovo. In Francia si è sempre molto disciplinati, in
Italia si parla tanto, si scherza, abbiamo riso moltissimo e mi
sentivo molto protetta. Mentre francamente, purtroppo, non so
molto del cinema italiano di oggi.
Che rapporto c'è, per lei, tra cinema e
teatro?
Resnais li paragona spesso a due 'fratelli contro',
esprimendo la necessità di riconciliarli. In fondo, si
tratta in entrambi i casi di spettacolo. Entrambi partono dal
testo. Anche in questo caso si è partiti da un testo
teatrale, le pièces di Jean Anouilh. Poi
Resnais, che viene dal montaggio, lo ha reso suo, rendendolo
sempre più moderno e avvicinandolo al linguaggio del
cinema. Ama appassionatamente il teatro, ma non solo, anche la
pittura e tutte le altre arti. E' questo che gli permette di
essere sempre all'avanguardia, nonostante l'età. Ho
conosciuto Anouilh personalmente da giovanissima. Ero appena
uscita dal conservatorio e lui mi ha ingaggiata per recitare
alla Comédie des Champs Elysées, ed è stata
un'esperienza straordinaria. Così, quando poi ho
conosciuto Resnais ho subito voluto farli incontrare. Ho
organizzato una cena a casa mia di cui ricordo momenti
divertenti. Resnais è un ginnasta, sempre in movimento, si
siede per terra, si alza. E Anouilh gli diceva: "vedrai che un
giorno non riuscirai più a fare tutte queste acrobazie". E
poi gli ha detto: "Perché non provi a trarre un film dalle
mie opere?". Beh, eccoci qui.
Che tipo di regista è Resnais, sul set?
Calmo, dolce, rispettoso, ma anche molto severo e
fermo. Non è un tipo che parla per ore dei personaggi o
cose del genere. Con due, tre parole, sa sbloccare le giuste
coordinate nella tua testa. Però lavoriamo molto di
preparazione, prima di girare. Già da settimane o
mesi prima ci scambiamo letture, idee di viaggio che possono
ispirare la recitazione, cosicché quando si arriva sul
set, gran parte del lavoro è svolto. Non c'è bisogno
di ripetere il copione mille volte. Dice solo 'sì' o 'no'
e in questo modo sa darti la giusta direzione. E' un po'
attore, perché la sua passione nasce da lì, è
quel che avrebbe voluto fare. Ha seguito dei corsi e poi si
è dato al montaggio, nella speranza segreta di poter
incontrare degli attori. Gli attori, specie quelli che vengono
dal teatro, sono al centro delle sue attenzioni. Gli interpreti
sono spesso persone assai fragili, i registi ci maltrattano un
po' e bisogna imparare a non essere troppo suscettibili, su un
set. Ma con Resnais questo non accade. Il che significa anche
che siamo maggiormente responsabilizzati: se qualcosa va
storto, è esclusivamente colpa nostra. Se l'attore ha
paura, si blocca. Non si tratta tanto di recitare bene o male,
ma di essere a proprio agio nella parte. Siamo come cagnolini
che cercano la posizione più comoda nella cuccia. Un buon
regista sa metterti a tuo agio e Resnais lo sa fare proprio
perché ha perfettamente compreso la psicologia
dell'attore: deve essere impressionato dal regista, ma non
intimorito.
Il film parla anche di morte...
Sì, ma non rientrava nella mia parte. Io ho
pensato invece all'amore, mentre recitavo. Un amore folle, il
racconto di qualcosa di straordinario che, però, non
durerà. Come due farfalle, i personaggi si incontrano e
bruciano in fretta. Non c'è nemmeno la dimensione
sensuale, non si parla di fare l'amore, il fulcro è
piuttosto la purezza, con la necessità del cancellare il
ricordo delle rispettive esperienze amorose. E' amore
sublimato, con il dolore di non riuscire a fondersi, come si
vorrebbe quando si è innamorati. E ancora, la scelta tra
il dire la verità o il mentire per proteggere l'altro.
Ci sono anche delle scene surreali e oniriche...
Una vena surreale in Resnais c'è senz'altro,
forse non in Anouilh. Poi, nel finale, un'apertura verso il
mondo della natura reale, lasciando anche lo spettatore libero
di immaginare il resto.
Ci può dire qualcosa sul prossimo film che farete
insieme?
E' ancora troppo presto, tutto troppo nuovo e non
posso tradirlo. Posso solo dire che è meraviglioso che
Resnais sia già all'attivo su un nuovo progetto. Per
questo lo chiamo 'il mio campione'.