Penalty, immigrazione e lotta per la sopravvivenza

In concorso al Figari Film Festival il corto vincitore del Globo d'oro 2017, Penalty di Aldo Iuliano. Un film in cui una partita di calcio diventa emblematica metafora della lotta perla sopravvivenza


GOLFO ARANCI – “Per essere riuscito a concentrare un dramma enorme come l’immigrazione in soli quattordici minuti grazie a una sceneggiatura pungente, un’eccellente fotografia e una virtuosa regia. Il risultato è un breve film dove i migranti interpretano se stessi e lasciano il segno”. Queste le motivazioni del Globo d’oro per il miglior cortometraggio assegnato quest’anno dalla stampa estera a Penalty di Aldo Iuliano. Un film sorprendente, con una superba fotografia che porta la firma di Daniele Ciprì, in cui una partita di calcio diventa emblematica metafora di una spietata lotta per la sopravvivenza, e l’immigrazione una riflessione sulla condizione umana osservata dal punto di vista di chi parte. Sceneggiato da Severino Iuliano e Alessandro Giulietti e con il montaggio di Marco Spoletini (Corpo celeste, Reality, Il racconto dei racconti), il corto è stato selezionato anche nella cinquina dei Nastri d’Argento e vanta già numerosi riconoscimenti e partecipazioni a importanti manifestazioni internazionali, da Nashville a Bourdeaux a Barcellona. Ne parliamo con il regista Aldo Iuliano e lo sceneggiatore Severino Iuliano al Figari Film Fest dove il film è in concorso.

Da dove nasce l’idea di ‘Penalty’ e che tipo di lavoro è stato fatto sullo sviluppo della sceneggiatura?
Severino Iuliano: L’ispirazione è partita da un’inchiesta che fece L’Espresso sui lager libici di Gheddafi, di fronte a quelle immagini ho sentito una sensazione forte che ho voluto a mia volta trasmettere. La sceneggiatura ha avuto tre stesure leggermente differenti, con tante discussioni tra l’una e l’altra, e man mano si è adattata alla poetica e alla visione di Aldo. L’idea era quella di elevare sempre di più la posta in gioco nel corso dello svolgimento del racconto, fino ad arrivare a un punto in cui, anche attraverso una storia semplice, lo spettatore stesso potesse provare quella sensazione forte da cui tutto è partito. 

È stato difficile, dal punto di vista del processo produttivo, arrivare alla realizzazione del corto?
Aldo Iuliano: Volevamo raccontare il problema dell’immigrazione non dandone, però, una visione politica ma riflettendo sulla condizione umana dal punto di vista di chi parte, piuttosto che quello più comunemente affrontato di chi arriva. Per farlo abbiamo usato la metafora del calcio, dandole però una sfumatura molto intensa, una scelta che ci ha creato qualche problema nella ricerca dei finanziamenti per il progetto. Molti produttori ci hanno detto che la storia era troppo forte: sembra che in Italia ci sia ancora paura a regalare anche sensazioni negative al pubblico. Paradossalmente l’unico a non farci problemi sul tema trattato è stato il Mibact, che ha poi deciso di sostenere il progetto con un finanziamento.

Il film è interpretato da un cast di attori non professionisti. Una scelta che può essere, per alcuni aspetti, difficile e rischiosa. 
Aldo Iuliano: Avevo bisogno dei loro volti, della verità di quelle storie silenziose celate nelle loro espressioni. Li ho incontrati e scelti personalmente, ho chiesto loro di credere nella storia e abbracciare il progetto da un punto di vista prettamente lavorativo. L’hanno fatto, anche se muoveva sentimenti incredibili legati al loro passato, e non posso che essergli grato per questo. Abbiamo, poi, lavorato sulla loro preparazione da attori per tre mesi, e nel frattempo man mano ho modellato i miei  personaggi ai loro caratteri reali. 

Direttore della fotografia è Daniele Ciprì. Com’è nata la collaborazione tra di voi?
Aldo Iuliano: È stato un incontro sorprendente, ho contattato Daniele Ciprì via Facebook e gli ho inviato la sceneggiatura. Quando ci siamo incontrati abbiamo parlato per ore della nostra visione di cinema, dei nostri gusti in fatto di film, solo alla fine mi ha detto che avrebbe accettato di partecipare al progetto. Lui ha questo approccio straordinario alla luce che è al tempo stesso così oscura e così luminosa. La prima e l’ultima immagine del film, secondo me, sono veri e propri quadri.

Il personaggio dell’arbitro, colui che porta la responsabilità e il peso della decisione, ha un ruolo peculiare all’interno del racconto. Com’è avvenuta la scelta del protagonista

Aldo Iuliano: L’arbitro ha un ruolo importante perché è la figura in cui tutti gli spettatori possono empatizzare. Un personaggio che si distingue dagli altri, che si staglia come un osservatore sul campo e il cui sguardo riflette quello del pubblico. Al tempo stesso ha una grande responsabilità, di scelta e di condanna, che pesa sulle sue azioni future. Nello scegliere l’interprete ho dovuto tener conto che il tempo di lettura dell’immagine in un corto è molto veloce e, in questo caso, anche complicata dal fatto che tutti gli interpreti sono ragazzi di colore. Ho cercato, quindi, qualcuno che avesse caratteri fisici forti, per permettere allo spettatore di identificare e memorizzare subito la sua immagine. 

Carmen Diotaiuti
22 Giugno 2017

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