Marco Giallini: ritorno ai ’70

Pronto a tornare in tv con la seconda serie di Rocco Schiavone per la regia di Giulio Manfredonia, Giallini è intanto sul set di Non ci resta che il crimine di Massimiliano Bruno


ORTIGIA – Ha inaugurato la decima edizione dell’Ortigia Film Festival con la sua inconfondibile voce, bassa, roca, e il carisma che ha regalato ai suoi personaggi, tanto sul grande quanto sul piccolo schermo. Pronto a tornare in tv con la seconda serie di Rocco Schiavone per la regia di Giulio Manfredonia, Marco Giallini è intanto sul set di Non ci resta che il crimine di Massimiliano Bruno, alla sua sesta commedia. Più avanti girerà Domani è un altro giorno di Simone Spada, che lo vedrà tornare in coppia con Valerio Mastandrea in un dramma tratto dal film argentino Truman. Prima di parlare dei suoi impegni lavorativi, però, ci tiene a soffermarsi a ricordare un caro amico, appena scomparso.

Carlo Vanzina ci ha lasciati…

Un enorme dispiacere. Si dice sempre in questi casi, io non amo la retorica, ma stavolta è proprio così. Non ci ho mai lavorato, però eravamo amici. Sono stato più volte a casa sua, era veramente una brava persona. L’ultima volta abbiamo visto insieme la Coppa dei Campioni, in tribuna, a tifare entrambi la nostra Roma. Avevo intuito qualcosa che non andava in lui, mi dispiace tanto per Enrico e per tutta la sua famiglia. Era un uomo colto, elegante, capace di prendere la vita e il cinema con leggerezza. “Ciao Marchè, sei sempre della Roma, sì?”, mi diceva quando mi incontrava. Volevano tutti lavorare con lui, non solo gli attori, anche i tecnici: perchè era un gentiluomo vero. 

Quello della commedia è un testimone che spesso passa di generazione in generazione nel cinema italiano…

Ci stavo pensando prima, mentre raccontavo al pubblico l’esperienza sul set di Non ci resta che il crimine di Massimiliano Bruno. Fa sorridere dire “Siamo io, Tognazzi e Gassman”, dà subito un’aria di passato, di tradizioni. Del resto, come fa capire il titolo stesso, citiamo con la dovuta modestia il capolavoro Non ci resta che piangere. Ma se lì Benigni e Troisi si ritrovavano nel Medioevo, noi torniamo agli anni 70. E ci ritroviamo davanti quelli della banda della Magliana, ovviamente tutto è raccontato in chiave di commedia.

Ben altri toni, decisamente più drammatici, la attendono per Domani è un altro giorno

Beh direi, mi sto preparando a fare il malato. Come nel film originale argentino Truman, io intepreto il ruolo di Ricardo Darin – attore, devo dire, più bello di me, ma anche più basso-. Come dicevo, io sono malato e Valerio Mastandrea arriva dal Canada ad aiutare me e il mio cane. Un film molto tosto.

Nel frattempo è pronto a tornare nei panni di Schiavone 2...

Sono i miei, quei panni lì. Sono io. Non avrei mai immaginato che mi potesse piacere così tanto fare tv, prima si diceva che i tempi di lavorazione nelle serie sono troppo rapidi, ma si corre anche al cinema. E poi tutta questa differenza tra cinema e tv non la vedo, almeno non in prodotti come questo, con un personaggio forte, controcorrente, sboccato, non proprio “da Rai”, ecco. Mi fa ancora più piacere che ci abbiano creduto, il successo che ha avuto la prima stagione ha ripagato molte diffidenze. Può anticipare qualcosa della nuova stagione?Questa volta alla regia c’è Giulio Manfredonia. Mi vedrete anche cantare delle cose e ho suggerito dei brani musicali. Il resto dovrete scoprirlo da soli.

A chi deve la sua passione per il cinema?

A mio padre, che ne era un grande appassionato. Magari sbagliava i nomi e i titoli, ma i film li conosceva bene. Vengo da un contesto operaio, fare l’attore era sempre stato un sogno, lo vedevo una cosa talmente lontana… 

Immaginava di arrivare fin qui?

No. Non immaginavo di arrivare neanche alla metà del livello in cui sono, qualunque sia. Ma non sono uno che si ferma o sta con le mani in mano: se non avessi fatto l’attore, avrei fatto altro.

Ad esempio?

Mi sarebbe tanto piaciuto fare il maestro. Ho tenuto per anni i bambini alle colonie estive, gli facevo fare di tutto, pattinaggio, tennis, stavo dietro a una trentina di bambini per volta. Poi mi sono accontentato di crescere in casa due bambini, i miei figli, che oggi sono ragazzi di cui sono fiero.

Claudia Catalli
11 Luglio 2018

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