Carlo Verdone: “Il cinema? Meglio in sala dove mantiene la sua anima”

Tanti personaggi indimenticabili e inconfondibili racchiusi in uno scatto: cento fotografie celebrano l'arte di Carlo Verdone e i suoi quarant’anni di carriera nel volume Uno, dieci, cento Verdone


Tanti personaggi indimenticabili e inconfondibili racchiusi in uno scatto: cento fotografie celebrano l’arte di Carlo Verdone e i suoi quarant’anni di carriera con un volume Uno, dieci, cento Verdone, nato da un’idea del fotografo Claudio Porcarelli, che ha ritratto l’attore e regista nel corso degli anni fuori e dentro il set: “è l’unico che mi può fotografare perché lo fa velocemente, senza mettermi in posa”, spiega Verdone, che ammette di odiare le prove e di fondare tutto sul “furore creativo”. Il libro è stato pubblicato in collaborazione con il Gruppo BANCO BPM che ha messo a disposizione la sua sede romana, Palazzo Altieri in Piazza del Gesù, dove abitò Anna Magnani, per presentarlo alla stampa in un incontro coordinato da Mario Sesti. Le prime 3.000 copie del libro saranno distribuite in omaggio mentre nel 2019 il volume arriverà nelle librerie con un editore ancora da definire. “Questa colorata galleria fotografica – spiega Verdone – è dedicata a mia madre Rossana, la prima persona che credette in Carletto come attore, incoraggiandomi ad affrontare il mio primo importante e terrorizzante spettacolo teatrale nel 1977 con un calcio nel sedere: Vai in scena, fregnone! Perché un giorno mi ringrazierai…. E infatti non c’è giorno che non la ringrazi”. E ammette di dovere ai suoi genitori – il padre Mario è stato un grande critico e storico del cinema – la sua cifra artistica, basata sull’osservazione della realtà. “Abitavamo tra Trastevere e Campo de’ Fiori e loro mi incoraggiavano a girare per il quartiere e osservare la gente, il vetraio, il calzolaio, il barista. Sono sempre stato curioso dei tic, delle fragilità, della mitomania, dell’assoluta mancanza di senso del ridicolo di molti tipi che incontravo. Mi bastava sentirli parlare e atteggiarsi per risalire al loro carattere”. 

Una capacità di osservazione che condivide con la grande tradizione del cinema italiano.

Germi, Fellini, De Sica, Dino Risi, che ho imparato a conoscere grazie alla tessera di un cineclub che mi regalò mio padre, erano bravissimi a parlarci della realtà anche attraverso figure minori, caratteristi e generici. Sicuramente Mastroianni è stato l’attore più importante d’Italia, ma certi caratteristi hanno fatto la fortuna dei film di Fellini.

Oggi le cose sono cambiate, nel cinema e fuori.

Nel cinema tutti sono protagonisti, mancano quelle straordinarie figure di contorno. I giovani sono molto critici verso il cinema italiano e non possiamo dargli torno, siamo anche noi che, con i film brutti, li abbiamo disamorati. Quanto alla gente, noto che si apre di meno, sono tutti arrabbiati, dilaga l’odio sociale e anche l’omologazione, che è il vero dramma di oggi: il tatuaggio, il taglio di capelli, lo smartphone ce l’hanno tutti. Si parla sempre meno e si digita sempre di più. Fare commedia è diventato più difficile. 

Cosa pensa di Netflix?

Non si può fermare l’evoluzione delle cose, ad esempio io non avrei impedito a Netflix il concorso di Cannes. Ma al tempo stesso la perdita della sala è un grande dolore, i giovani non la vivono più come noi, come luogo della condivisione e dell’aggregazione. Se vuoi l’anima di un autore devi andare al cinema, mentre le serie sono fatte da tante persone, da tanti registi diversi, come alla catena di montaggio. La prima volta che vedi House of Cards ti inchioda, ma dopo un po’ ti rompi i coglioni. E poi sono tutti cattivi nelle serie e non è un bel modello, ma questo è un altro discorso. 

Si sente l’erede di Alberto Sordi, come spesso si sente dire.

Non ho niente di lui. Il mio personaggio non è il codardo e il furbo, piuttosto ha una fragilità estrema. Ho raccontato la megalomania, la mitomania. Quando parlo di fragilità penso soprattutto al rapporto con il femminile: come Troisi, anch’io ho dovuto affrontare un tipo diverso di donna, quella uscita dal femminismo. Per Tognazzi, Gassman e Manfredi la donna era oggetto del desiderio, adesso non c’è più la fatalona, ma la donna sicura di sé, che cerca il riscatto.

Sempre a proposito di Sordi, farebbe una sorta di seguito di Storia di un italiano, andando avanti nei decenni?

Io mai, magari quando sarò morto i Cecchi Gori e i De Laurentiis si metteranno d’accordo per fare un montaggio dei miei lavori, ma oggi non avrebbe senso, ogni sera c’è un mio film in tv.

Sta lavorando con Giovanni Veronesi al nuovo film.

Sì, stiamo scalettando la storia, sarà un film corale in cui avrò uno dei cinque o sei ruoli principali. Poi sto scrivendo con Guaglianone e Menotti il pilota di una serie tv, il progetto è piaciuto a Netflix, ma ora De Laurentiis deve decidere se farla con loro o con Sky. 

Gira voce che farà una serie dal libro di Totti.

Non è vero, è una fake news. Ci siamo visti pochi giorni fa ma non mi ha chiesto niente e io non gli ho chiesto niente.

E’ vero che ha appena ricevuto l’onorificenza di Grand’Ufficiale della Repubblica?

E’ vero, una bella cosa. Ma mentre tornavo dalla cerimonia al Quirinale, ho lasciato il telefono in taxi. Così ho passato il pomeriggio a cercare di ritrovarlo e alla fine ho dovuto aspettare un’ora alla Tim per prendere la nuova scheda… Da Grand’Ufficiale a miserabile in coda. 

Cristiana Paternò
21 Novembre 2018

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