David Grieco, tra Matera e l’11 settembre

Notarangelo ladro di anime, prodotto e distribuito da Istituto Luce-Cinecittà, in coproduzione con Jumping Flea viene presentato al Bif&st. Ne parliamo con l'autore David Grieco


BARI – E’ anche una bella storia di padri e figli Notarangelo ladro di anime, il documentario di David Grieco prodotto e distribuito da Istituto Luce-Cinecittà, in coproduzione con Jumping Flea che viene presentato in prima mondiale al Bif&st con una serata di cinema e musica. Grieco (autore di film come Evilenko e La macchinazione sull’omicidio di Pasolini) ha infatti lavorato insieme al figlio Manuel, che lo accompagna qui al Festival, ma anche con Peppe e Antonio Notarangelo, figli di Domenico, il protagonista di questa straordinaria avventura fatta di sguardi.

Il film segnerà per molti spettatori la scoperta di un grandissimo fotografo italiano conosciuto soprattutto per gli scatti sul set del Vangelo secondo Matteo pasoliniano. Ma Mimì Notarangelo – comunista, fotografo, giornalista de L’Unità – è stato molto più di questo. Con i suoi scatti, che Grieco considera al livello di quelli di Henri Cartier-Bresson e Sebastião Salgado, ha documentato i Sassi di Matera e la vicenda di una cultura contadina che tra gli anni ’60 e i ’70 inizia il suo declino sotto l’apparenza dell’arrivo del progresso. Notarangelo ha contribuito all’elezione della prima donna sindaco del Meridione, Maria Ippolita Santomassimo, è stato amico filiale di Carlo Levi, che ha fatto tumulare come desiderava in Basilicata, dove il grande pittore e scrittore aveva trascorso da antifascista gli anni del confino. Al film di Pasolini ha contribuito anche come attore nel ruolo di uno dei centurioni. Morto nel 2016 ha lasciato un archivio di 100.000 fotografie, aveva girato centinaia di ore in Super8, filmati quasi completamente inediti che confluiscono nel documentario insieme a immagini dell’archivio del Luce e interviste a testimoni di questa vicenda umana e artistica. Ed ecco affiorare brandelli di storia d’Italia: le visite di Togliatti e De Gasperi ai Sassi, dove circa 14mila persone vivevano nelle grotte, a stretto contatto con gli animali e senza acqua corrente o energia elettrica. Le processioni e i riti religiosi. L’esperimento sociale di Adriano Olivetti in Basilicata. Le promesse mantenute e quelle mancate. Il progresso inarrestabile che porta anche l’inquinamento. La scoperta del petrolio. “Non siamo noi che guardiamo i Sassi, sono i Sassi che guardano noi”, si dice a un certo punto.

Il documentario ha richiesto due anni di lavoro e lo sforzo congiunto di David Grieco e di suo figlio Manuel, dei figli di Domenico Notarangelo Peppe e Antonio, e di Michele Cecere, storico e antropologo, un lavoro “collettivo” dunque come ama ripetere il regista. “Domenico Notarangelo – afferma Grieco – come nessun altro prima di lui, ci racconta come eravamo e perché siamo diventati quello che siamo in un momento chiave della nostra storia come quello che stiamo vivendo. Era un megalomane dell’altruismo e tutti noi coinvolti in questo progetto abbiamo cercato di imitarlo”. 

Grieco, qual è la genesi del progetto?

Tre anni fa sono stato per la prima volta a Matera, per me era una città tabù perché legata a Pier Paolo Pasolini e come non sono più andato all’Idroscalo di Ostia non ero mai stato lì. Mi ci sono voluti tanti anni per tornare su Pasolini con il film La macchinazione. Ed è stato proprio per un’anteprima di quel film che sono stato a Matera dove ho incontrato Peppe Notarangelo.

Com’è andato il vostro incontro?

Lui mi ha chiesto se sapevo chi fosse suo padre. Certo, conoscevo le sue foto indimenticabili del set del Vangelo secondo Matteo e sapevo che aveva interpretato uno dei centurioni, ma poco di più. In quel momento Domenico era ancora vivo anche se molto malato, sono andato a trovarlo in ospedale e abbiamo parlato ma non l’ho intervistato, quindi la sua voce che fa da filo conduttore al film proviene da registrazioni precedenti.

Poi ha avuto accesso al suo archivio.

Sono circa centomila foto e 600/700 ore di filmati. È stato lui stesso, dal suo letto di ospedale, a chiedermi di aiutare i suoi figli a conservare tutta questa roba. Oggi i filmati stanno per essere digitalizzati al Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale, mentre le foto andranno nell’archivio di Luce Cinecittà.

Mi aspettavo che il documentario si concentrasse soprattutto sul rapporto tra Notarangelo e Pasolini, invece questo è solo uno dei tanti aspetti.

È vero, ho tentato di scollare Notarangelo da Pasolini perché tutti conoscono quella storia e solo quella. Se si fa una ricerca su Google viene fuori la famosa foto di Pier Paolo a Matera con Enrique Irazoqui, invece volevo mostrare molto altro. Però ho cercato anche di far capire quanto sia stato importante per Pasolini, quanto l’abbia influenzato. Il Cristo del Vangelo c’era già nelle processioni che Mimì fotografava. Mi interessava molto anche la loro diatriba sulla distruzione della civiltà contadina.

Nel film ci sono sostanzialmente due percorsi: uno è quello del racconto di un territorio con tutte le sue contraddizioni e anche con la storia della sua distruzione. L’altro è un elogio della politica, senza la quale “siamo tutti delle larve”. In questo ambito lei dedica molto spazio alla vicenda di Maria Santomassimo, eletta sindaca di Aliano nel 1973.

Non si trova traccia della sua esistenza eppure fu la prima sindaca del Mezzogiorno. È l’unica donna del documentario e per me le rappresenta tutte e incarna la fondamentale battaglia delle donne, una battaglia più che mai violenta oggi. È straziante quando Maria racconta di aver sentito i suoi genitori dire che non l’avrebbero mai eletta perché donna e perché cattolica ma candidata con il Pci. Spero che venga a Matera all’anteprima del documentario sabato 4 maggio.

Come avete lavorato per dare forma a un materiale così ingente?

C‘era talmente tanto materiale che il rischio di sbagliare era concreto. È stato determinante mio figlio Manuel. È stato lui ad avere l’idea di usare la voce di Notarangelo come voce narrante. E poi c’è Rocco, nipote di Domenico, di 12 anni, che aveva scritto un tema sul nonno qualche mese dopo che era morto e che lo racconta in modo semplice. Un elemento molto importante sono le musiche dei Soballera, un gruppo barese.

Ci sono molte immagini inedite girate da Notarangelo e poi ci sono i materiali del Luce.

Il cinema pubblico è un patrimonio fondamentale – non mi stanco di ripeterlo – e questo film lo dimostra ancora una volta. Nell’archivio Luce si trovano cose straordinarie, per esempio quel filmato sul petrolio girato da Daniele D’Anza. Lì tocchi con mano gli errori che si sono fatti rispetto all’ambiente. L’archivio Luce non racconta solo il fascismo e la Hollywood sul Tevere come molti credono. Andate a vedere cosa c’è sulla condizione della donna!

Sta pensando a un nuovo film?

Sto scrivendo un romanzo in due lingue, italiano e inglese, in Italia lo pubblicherà La Nave di Teseo, poi c’è un editore americano e un altro olandese. È ambientato a New York e racconta una storia in parte autobiografica, legata all’11 settembre. La nostra disumanizzazione è cominciata lì. È la storia di un uomo che perde la testa. Ho già pronta anche una sceneggiatura sulla stessa storia.

Cristiana Paternò
03 Maggio 2019

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