Stefano Fresi, verso ‘Il grande passo’ con Battiston

L'attore "uno e trino", con un Nastro per 3 film più il Premio Manfredi a Taormina in questa intervista ci racconta anche i suoi tanti progetti


TAORMINA Stefano Fresi è uno e trino, almeno secondo i Nastri d’Argento, che in questa sua terza volta come candidato gli hanno fatto vincere un premio per ben tre film: C’è tempo di Walter Veltroni, L’uomo che comprò la luna di Paolo Zucca e Ma cosa ci dice il cervello di Riccardo Milani. Ciliegina sulla torta, il Premio Nino Manfredi per la commedia. Sotto il sole cocente di Taormina, Fresi ha raccontato di essere in procinto di concedersi finalmente un po’ di vacanze dopo una cavalcata fatta di 22 film in 5 anni. Ovvero da quando il suo talento è diventato evidente a tutti grazie a Smetto quando voglio. Premiato al Teatro Antico di Taormina come miglior attore di commedia, l’attore romano in questi anni non ha trascurato nemmeno la tv (con Il nome della rosa e I delitti del Bar Lume) e il teatro (con Sogno di una notte di mezza estate per la regia di Massimiliano Bruno).

Ha appena vinto un premio per tre film, che effetto fa?
Sono tanto contento perché due dei tre film che mi hanno dato questo riconoscimento sono piccoli e hanno avuto più difficoltà degli altri, pur essendo molto validi. Mi ha fatto enormemente piacere avere il mio primo ruolo da protagonista nel film di Veltroni e sono stato felice, essendo per metà sardo, di aver lavorato nel film di Paolo Zucca, un inno alla Sardegna poetico e surreale. E poi c’è il film di Milani, che mi ha dato la possibilità di lavorare con amici di gran talento.

Erminia Manfredi le ha anche consegnato il premio intitolato al grande attore…
Mi è scesa la lacrimuccia perché Nino Manfredi non è stato solo un grandissimo attore, ma è stato uno dei motivi per cui ho deciso di fare questo lavoro. Sono felice di questo premio, di cui sento il peso e la responsabilità. 

Che bilancio si sente di fare della sua carriera fin qui?
Ho piena coscienza del fatto di avere colleghi meravigliosi, bravi quanto e più di me, che però non hanno avuto le mie stesse occasioni e nessuno saprà mai davvero quanto sono talentuosi. Per quel che riguarda me, sono molto soddisfatto del mio percorso perché ora sono nella posizione privilegiata di poter scegliere cosa fare. Adesso posso permettermi di fare un film piccolo e meno remunerativo invece di un filmone e questo consente di mantenere una coerenza, di non tradire il proprio pubblico e nemmeno i giornalisti.

Sta lavorando anche molto in tv…
La barriera tra cinema e tv si è ormai frantumata ma questo porta anche con sé un danno grande. Bisognerà educare le nuove generazioni al fatto che la sala cinematografica è un tempio nel quale ha più senso vedere un film, per condividere le emozioni con altri sconosciuti anziché stare a casa e vederlo su uno schermo piccolo, magari interrompendo continuamente la visione, il che fa uscire molto dalla magia. Senza contare che il regista, gli attori, i costumisti fanno di tutto per rapirti e portarti in un posto… Quindi viva Sky, viva Netflix, viva le piattaforme, perché sono lavoro e mercato, ma un conto è dire la preghierina sul letto, un altro è la messa di Natale.

Presto la vedremo ne Il regno, un progetto curioso…
Il regista Francesco Fanuele è un ragazzo che, qualche anno fa, da diplomando al Centro Sperimentale, mi scrisse su Facebook per chiedermi di interpretare un ruolo nel suo corto di diploma. La sceneggiatura mi piacque molto e decisi di farlo gratis. Il corto è venuto molto bene e ha vinto dei premi, così poi ci si è decisi a farne un lungo. Uscirà nelle sale in autunno.

Recentemente ha realizzato anche il desiderio di lavorare con Giuseppe Battiston.
Sì, ne Il grande passo. Giuseppe è uno degli attori che più stimo in Italia. Tra me e lui è nata un’amicizia piena di risate e di vino.

Dopo aver recitato con grandi attori stranieri come Turturro ne Il nome della rosa, ha in vista altri progetti internazionali?
Per ora non ho avuto offerte all’estero, ma sto lavorando a un progetto di respiro internazionale con un regista italiano, l’esordiente Nicola Abbatangelo. È una sorta di musical che si svolge negli anni ’20, in cui io, Edoardo Pesce e Paolo Calabresi facciamo gli italo-americani e recitiamo insieme ad attori inglesi. Gireremo a ottobre a Sofia, suonando il pianoforte e cantando dal vivo.

Michela Greco
29 Giugno 2019

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