Dome Karukoski: Tolkien mi ha insegnato l’amore e l’amicizia

Il film ispirato all'autore de "Il Signore degli Anelli" esce il 26 settembre. Nel parlarne il regista finlandese cita L'attimo fuggente: "Da allora non vediamo una storia forte di amicizia maschile"


TAORMINA. Ha scoperto Tolkien a dodici anni, per evadere da una vita che definisce “miserabile”, sfregiata dalla perdita di un padre molto amato. Da qui inizia a raccontarci il suo profondo rapporto con lo scrittore inglese Tolkien, il regista dell’omonimo film in anteprima al Taormina Film Festival. Uscirà nelle sale il 26 settembre, distribuito da 20th Century Fox, e nel parlarne il regista finlandese Dome Karukoski cita L’attimo fuggente: “È da allora che non vediamo una storia forte di amicizia maschile al cinema”. Nel cast troviamo Nicholas Hoult, Lily Collins, Genevieve O’ Reilly, Colm Meaney.

Cosa la legava così tanto all’autore de “Il Signore degli Anelli” e “Lo Hobbit” da farne un film?

Ho scoperto Tolkien da ragazzino e mi sono sempre immedesimato in quell’autore, che come me aveva perso il padre, che immaginava una principessa luminosa – nel film, Lily Collins è strepitosa, l’avevo notata in Into the bone e sta evolvendo come attrice in modo incredibile -, che come me aveva un rapporto molto forte, intimo e personale con la madre. Quando perdi un padre devi convivere con un abisso che solo una madre può provare a colmare. Mi ha sempre colpito, nelle lettere di Tolkien, il dolore straziante di quando perse anche sua madre. Sapeva trasfigurare la narrazione del dolore e trasformarla in storie fantastiche.

Nel film ha scelto di non raccontare lo scrittore per così dire ‘famoso’…

Mi piaceva piuttosto portare sullo schermo la maturità a cui Tolkien arriva, come impara a vivere, a provare empatia. Non volevo realizzare una storia noiosa, al contempo però sentivo la responsabilità di raccontare la storia di una persona al di là della “leggenda”. Ho provato ad essere il più realistico e onesto possibile nel raccontare il personaggio.

Sappiamo che è un grande fan del cinema italiano, come mai?

Sono cresciuto a pane e Don Camillo, ma ho visto anche tanto cinema del neorealismo. Crescendo ho scoperto e apprezzato, oltre a De Sica, Visconti e Fellini, non avevo neanche dieci anni eppure già andavo pazzo per le sue immagini così fantasiose e straordinarie.

Il cinema hollywoodiano ama i film sugli scrittori e ne produce diversi, è quasi una nuova tendenza. Cosa ne pensa?

Tolkien, come Dickens, era una celebrità. Ai tempi rispondeva ai suoi fan via lettera molto spesso, oggi avrebbe usato Twitter. E’ stato amato, la gente andava a casa sua e lo aspettava fuori, era una star. Allora perché fare un film su di lui? Non certo per raccontare un divo, ma per far conoscere meglio la persona dietro l’autore. Per capire meglio anche se stessi, attraverso le sue parole. Gli scrittori sono l’eco di un’era. Oggi siamo pieni di rumore e suoni, tra radio e social media, ai tempi di Tolkien gli scrittori erano l’unica eco da seguire.

La lezione più grande che le ha lasciato lo studio letterario e l’esperienza cinematografica su Tolkien?

L’amore per la vita e l’amicizia. Il senso di famiglia e del trovare una propria casa nello stare con i propri figli a raccontarsi storie, come anche io sto facendo. Ma soprattutto trovare le persone che possono ispirarti e insegnarti come amare la vita. Imparare a sopravvivere, senza smettere di essere entusiasti e grati per la vita.

Claudia Catalli
02 Luglio 2019

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