Teona Strugar Mitevska: “Siamo tutte Petrunya”

Al Torino Film Festival nell'ambito della personale sulla regista macedone e in sala con Teodora dal 12 dicembre Dio è donna e si chiama Petrunya. Ne parliamo con la regista


TORINO – Dopo l’exploit di Berlino, dove molti si innamorarono del suo Dio è donna e si chiama Petrunya, il Torino FF ha deciso di dedicare una personale a Teona Strugar Mitevska, che fa anche parte della giuria della competizione ufficiale presieduta da Cristina Comencini. La regista macedone, che lavora insieme a fratelli e sorelle impegnati con lei in vari ruoli produttivi e creativi, si è ispirata a una storia vera per costruire questo apologo graffiante dai toni di commedia balcanica. La protagonista Petrunya (l’esordiente Zorica Nusheva) è una trentenne laureata in Storia, che vive ancora con i genitori (la madre invadente dispensa consigli non richiesti) e cerca invano un lavoro. Un giorno, dopo l’ennesimo colloquio andato male (“non sei buona neanche per andarci a letto, sei troppo brutta”, le dice il boss maschilista e viscido), la ragazza si imbatte in una processione religiosa: il pope getta un crocifisso nell’acqua gelida del torrente e gli abitanti del villaggio si tuffano per recuperarlo. E sarà proprio lei a ripescare l’oggetto sacro, suscitando l’indignazione di tutti perché a una donna non è concesso. Così finisce al commissariato dove viene trattenuta, pur senza aver commesso alcun reato, mentre una anchor woman di Skopjie (Labina Mitevska, sorella della regista) decide di cavalcare il caso mediatico. Il film uscirà in Italia con Teodora il 12 dicembre. 

E’ vero che si è ispirata a una storia vera?

E’ tradizione dell’Epifania ortodossa raccogliere una croce gettata nell’acqua, si dice che porti fortuna e prosperità. Nel 2014 è stata una donna a recuperarla, non una femminista militante ma una donna normalissima animata però da un forte senso della giustizia. Essendo stata più brava dei maschi, non voleva restituire l’oggetto nonostante le pressioni e ne è nato un caso. Secondo me in quell’episodio si è manifestato lo Zeitgeist dei nostri tempi e così ho deciso di scrivere una sceneggiatura su questo fatto. Mi ha interessato molto anche il modo in cui i media hanno trattato il caso.

In che senso?

Non c’è stato alcun dibattito sugli aspetti di discriminazione di genere, il livello della cronaca era molto elementare, e questo mi ha scandalizzato e fatto riflettere. Il mondo è costruito su standard patriarcali e le donne sono definite dagli uomini. Credo che noi donne abbiamo una comprensione più profonda dell’ingiustizia e dell’eguaglianza. Fin da piccole siamo costrette a giustificare la nostra esistenza, i nostri desideri e il nostro ruolo. In fondo siamo tutte Petrunya o vorremmo esserlo. Come dice Ken Loach il cinema può essere un’arma molto affilata. 

Ha scelto una protagonista esordiente e fuori dai cliché.

Stavo cercando una donna che avesse questa forza interiore, una forza silenziosa che smuove le montagne. E Zorica ha questa energia, indipendentemente dalla sua esperienza. La sua bellezza è totalmente fuori dagli standard. Quando l’abbiamo scelta abbiamo riscritto il copione insieme alla sceneggiatrice Elma Tataragic adattandolo all’attrice, anche la parte in cui la madre la svaluta per il suo aspetto fisico. Trovo che oggi abbiamo l’occasione di ridefinire gli standard, basta guardarsi intorno per vedere e comprendere la complessità del mondo. 

Le donne vivono forme di discriminazione in molte tradizioni religiose, spesso sono relegate in ruoli di secondo piano, anche se non si parla mai nelle Scritture di inferiorità della donna. Fa eccezione il mondo protestante dove la parità è un fatto abbastanza acquisito, ma per cattolici e ortodossi è così. Eppure Dio potrebbe essere donna. 

Il titolo del film è arrivato per primo, faccio sempre così. Fin da quando ero bambina mi sono chiesta perché Dio dovesse essere per forza un uomo. Anni fa mentre giravo un documentario su madre Teresa di Calcutta e le donne nella Chiesa cattolica, ho intervistato un cardinale. E’ stato un incontro bellissimo, abbiamo parlato di teologia, della vita, del futuro. A un certo punto ero così entusiasta che gli ho detto: “Parlando con lei ho capito che tra 50 anni potremo avere una papessa a capo della Chiesa”. A quel punto il suo tono è cambiato, ha cominciato a spiegarmi che le donne sono madri e che questa è una posizione di grande rilievo sufficiente per loro. E’ vero non è nelle Scritture l’inferiorità della donna ma riguarda il potere e il predominio maschile. Non dico che dobbiamo fare una rivoluzione, ma noi donne dobbiamo lottare per il nostro posto nella società, anche nella società religiosa. Noi europei siamo sempre pronti a giudicare l’Islam, ma parliamo meno dei nostri pregiudizi.

Il film mostra anche il legame oscuro tra politica e religione.

Forse stiamo entrando in un nuovo Medioevo. Sono cresciuta nella Jugoslavia socialista e titina che aveva separato potere temporale e religione, poi ci sono state le guerre e il nazionalismo, oggi nella ex Jugoslavia o sei ortodosso o sei cattolico o sei musulmano. Questo avvelena la nostra coscienza e la nostra intelligenza. Però sono ottimista perché dopo il Medioevo viene il Rinascimento.

Cristiana Paternò
24 Novembre 2019

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