Daniel Alfredson: l’intrigo che viene dal passato

Al Noir in Fest la trilogia completa Intrigo tratta dai bestseller dello svedese Håkan Nesser e firmata da Daniel Alfredson, già autore di due capitoli di Millennium


COMO – Arriva al Noir in Fest la trilogia completa Intrigo firmata da Daniel Alfredson: i due capitoli Death of an Author e Samaria, realizzati lo scorso anno e, in concorso quest’anno al festival, Dear Agnes. Tre film ispirati ad altrettanti celebri romanzi dell’autore svedese Håkan Nesser, anche lui ospite al Noir, celebre per la serie di romanzi che hanno come protagonista il commissario Van Veeteren. Lo scrittore si dice soddisfatto della trasposizione cinematografica delle sue opere, scritte in realtà diversi anni fa, ma ci tiene a precisare che “un film è un film e un libro è un libro. Ci sarebbero molte cose da dire sulla differenza tra le due forme d’arte, ma se guardate i film e avete letto i libri lo scoprirete da soli”. Riguardo, poi, al suo coinvolgimento nel processo di sviluppo della sceneggiatura: “Daniel e sua moglie hanno scritto la sceneggiatura e hanno fatto il novanta percento del lavoro, poi me l’hanno letta e interpretata, e sono entrato nel film in un modo che mi è piaciuto. I racconti erano stati scritti negli Anni ‘90, quando li abbiamo riaffrontati li abbiamo vivificati”.

Tutti e tre i film sono realizzati da Daniel Alfredson che, dopo la trilogia Millennium di cui aveva firmato nel 2009 due dei tre capitoli (La ragazza che giocava con il fuoco e La ragazza dei castelli di carta), porta nuovamente sul grande schermo un’apprezzata e conosciuta trilogia letteraria. Anche se, forse, in questo caso si potrebbe parlare di antologia, con personaggi differenti accomunati dal desiderio di vendetta e dal dramma che scaturisce, in tutti i casi, da un evento del passato.

Cosa l’ha spinta a realizzare una serie di film dai romanzi di romanzi di Håkan Nesser?
Sono un fan da molti anni di Håkan e da tempo accarezzavo l’idea di realizzare qualcosa ispirandomi al suo lavoro. Sono stato felice quando hanno chiesto a me e alla mia co-sceneggiatrice Ditta Bongenhielm, se tra i suoi libri ce ne fosse uno che poteva essere adattato. Abbiamo escluso le storie con il commissario Van Veeteren da cui sono già stati tratti film e abbiamo trovato tre racconti brevi che in qualche modo sono collegati l’uno all’altro. Il mio preferito era Morte di uno scrittore, mentre La nemica del cuore era quello della mia sceneggiatrice. A quel punto ci è venuta l’idea folle di fare tutta la trilogia.

Ha dichiarato in passato che ad attrarla e a convincerla a entrare nel progetto Millennium è stato il personaggio di Lisbeth. C’è un tema o un personaggio che anche qui l’ha particolarmente colpita?
Ci sono delle somiglianze nei due progetti, il dramma scaturisce sempre, in entrambi i progetti, da qualcosa avvenuto nel passato, è il passato che fa muovere l’azione e crea il dramma. L’elemento comune è l’importanza di ciò che è già accaduto. Non si è liberi finché non ci si confronta con il proprio passato.

Sia Intrigo che Millennium sono ispirati a best-seller di scrittori importanti ed apprezzati. Come ci si confronta con aspettative così alte di pubblico e autori?
Raramente parto da un progetto tenendo conto delle aspettative esterne. Che sia una trilogia o un singolo film, mi piace staccarmi dall’idea delle aspettative del pubblico o di altri, cercando di fare il film che vorrei vedere da spettatore, una pellicola i cui personaggi mi piacciano.

In che modo i tre racconti prima, e poi i tre capitoli cinematografici di Intrigo sono collegati l’uno all’altro? Il nesso narrativo è il desiderio di vendetta che li accomuna?
In realtà è più qualcosa legato al passato che ritorna. Anche se la vendetta è un elemento molto importante. Abbiamo ancora una parte del nostro cervello che è primordiale, pensiamo di essere persone civili ma questo sottile stato di civiltà si può rompere quando qualcosa di inaspettato ci colpisce e se cerchiamo vendetta.

Ci dice qualcosa sulla scelta del casting e in particolare del premio Oscar Ben Kingsley in Morte di uno scrittore?
Quella dello scrittore era una bellissima parte per un attore avanti con gli anni e con le sue particolari abilità. Lui è perfetto ed è perfetto il ritratto che fa dell’autore, e credo si sia anche molto divertito a interpretarlo.

L’ignoranza di David (Benno Fürmann) sul destino di sua moglie gli rende impossibile affrontare la sua colpa.
Quella è la vendetta migliore da parte della moglie che aveva tentato di uccidere, il vero piatto servito freddo. Lui alla fine la trova ma lei si rifiuta di dirgli come sono andate le cose. Una grande rivincita.

L’elemento noir non è dato tanto dai luoghi, che appaiono idilliaci e luminosi, ma dall’abisso dei personaggi che viene mostrato. È un contrasto voluto?
I luoghi e il modo in cui vengono ritratti sono essenziali per la storia, in questo devo molti al mio direttore della fotografia. Ma è qualcosa che c’era anche nei libri di Håkan Nesser, in cui il male si manifesta nei luoghi idilliaci in cui vorresti vivere, come il bellissimo faro, ma anche lì i demoni esistono. È un modo interessante per far venire fuori la suspense.

Nei tre film la costruzione narrativa è complessa, con una storia che si svolge nella storia.
Mi piace il gioco intellettuale, quella sfida che è già dentro agli intrecci dei romanzi di Håkan Nesser, capaci di coinvolgere il lettore. Se una storia è troppo semplice mi interessa poco. È, poi, anche un modo per stimolare lo spettatore.

Considerati gli iniziali problemi distributivi, ha mai pensato di fare di Intrigo una serie tv?
Si sarebbe potuta fare se l’avessimo pensata così fin all’inizio. Ma molte cose sono cambiate in questi ultimi anni, Netflix quattro anni fa non esisteva in Germania, che ha co-prodotto il film tramite la Fox. Oggi considererei la possibilità, le cose stanno andando avanti, la Svezia era già da prima aperta a queste nuove forme distributive, ora inizia ad esserlo tutta l’Europa.

Uno degli ultimi film che l’ha più colpita?
The Irishman. Lo trovo molto interessante da un punto di vista tecnico, forse non il miglior film di Scorsese ma, certamente, uno dei suoi più intriganti per un regista, anche per tutto il discorso del ringiovanimento fatto in digitale che apre nuove strade.

Carmen Diotaiuti
09 Dicembre 2019

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