Giai Via: “Up & Coming Italia, una scommessa 100% TFL”

È nata ‘Up & Coming Italia’, Giai Via: “una scommessa interna, 100% TFL”


“Up & Coming Italia” è una neonata sezione del Torino Film Lab, dedicata al nostro cinema, a sei produttori italiani emergenti, con aziende locate sul territorio nazionale, che abbiano già ottenuto riconoscimenti nazionali e/o internazionali e stiano muovendo i primi passi verso la co-produzione internazionale.

La selezione per accedere a “Up & Coming Italia” comporta la presentazione di una domanda, che includa un progetto di lungometraggio in fase di sviluppo – fiction o documentario creativo, per il quale si abbia l’obiettivo di stringere collaborazioni internazionali.

Il curatore, Francesco Giai Via, ci racconta il progetto, che esordisce quest’anno tra le opportunità dello storico Lab torinese: “è una prima edizione, con un carattere sperimentale, un programma basato sostanzialmente su nostre risorse: è una scommessa fatta internamente”. “Up & Coming Italia” ha l’orgoglio di essere nata come iniziativa insita al 100% nel TFL, con l’accompagnamento di una serie di partner, da Anica a Film Commission Torino Piemonte, importantissima anche perché permetterà ai protagonisti di presentare i pitch di fronte ad un gruppo di professionisti, domenica 22 novembre. 

Il TFL vive da sempre di uno spirito internazionale: qual è stato, quindi, il motore che ha fatto sentire l’esigenza di creare un progetto dall’anima prettamente italiana?

Erano diversi anni che riflettevamo come focalizzare sull’Italia il lavoro fatto in generale. Un pò, da una parte, per riportare nel nostro Paese un percorso di esperienze, maturate negli anni delle nostre attività, dall’altra parte per fare anche noi la nostra parte nel contribuire al rafforzamento delle professionalità nazionali. Nelle application che riceviamo registriamo esserci molto dinamismo, ma forse ciò che manca è un set di competenze ulteriori che possano permettere, anche a realtà più piccole, più emergenti, di avere ambizioni più grandi, internazionali. Queste sono state un pò le ragioni di fondo per il progetto, e da qui è nato un programma che non è un ‘best of’, non è sottolineare carriere che sono già in essere, ma intercettare – con un pò di anticipo rispetto al momento in cui magari approderebbero al primo o secondo film più complesso – chi possa fare ‘il passo’. Nel momento in cui notiamo degli elementi promettenti, vogliamo cercare di intercettarli un attimo prima, per rendere i progetti più forti e, soprattutto, rendere, a chi deve realizzarli, la strada un pochino più facile, ci auguriamo. 

Lei è il curatore della Sezione e sappiamo che le attività del TFL si sviluppano nell’arco dell’anno, per convergere poi al Meeting Event di novembre: quali sono i compiti, le sfide, gli obiettivi del suo ruolo?

Ho lavorato su tanti aspetti di TFL negli anni e, un anno e mezzo fa circa, nel momento di organizzazione del team, è sembrato io potessi farmi carico di un lavoro specifico sul nostro Paese, che era una delle idee che avevamo nell’aria da diverso tempo. E’ nata così questa iniziativa, e ce ne saranno delle altre, che non posso ancora dettagliare: questo è sicuramente un primo step di qualcosa che sarà sviluppato ulteriormente in modo molto sostanziale, anche il prossimo anno, proprio nell’ottica di costruire ponti fra progetti italiani e contesti internazionali. 

6 italiani emergenti, i partecipanti: quali sono stati i criteri di selezione dei profili dei produttori e dei progetti? 

Per questa sezione, a prescindere dalla bontà del progetto, che deve comunque sussistere come criterio fondamentale, il surplus è la tipologia del profilo del produttore: colui che, magari con lavori precedenti meno complessi da un punto di vista produttivo, ha deciso ora di abbracciare progetti più articolati, cercare partner internazionali; sono persone che hanno un set di competenze pregresse importanti, ma sono ora in quella fase in cui hanno deciso di alzare un pò l’asticella; quindi, il nostro contributo è accompagnarli nell’alzare quell’asticella, affinché possano fare il salto che desiderano fare. 

Sulla base della sua esperienza nel settore cinema, pensando ai 6 produttori/progetti 2020, crede ci possano essere interlocutori internazionali più affini alle nostre proposte creative? Con quali Paesi immagina ci possa essere più possibilità di collaborazione proficua?

Ci sono diversi Paesi con cui l’Italia ha accordi bilaterali, spesso però è molto utile accompagnare chi sta percorrendo i primi passi rispetto all’approccio di questi accordi, perché non necessariamente il fatto che esistano finanziamenti implica che poi si possa tirar fuori il meglio dal potenziale di quei fondi. Penso che la questione stia proprio nel costruire un approccio allo sviluppo, da parte dei produttori, che li metta nelle condizioni di far emergere il meglio possibile in termini di ricerca dei giusti partner che servono al loro progetto. Il cinema d’autore internazionale ci dimostra che produzioni con Paesi forti – come Francia, Germiani, etc – possono essere fatte da tutti i Paesi del mondo, si tratta però di capire quale sia il potenziale interno al progetto, quello che permette il salto in avanti; quindi, più che andare a cercare il singolo ‘luogo’, c’è da comprendere bene come lavorare sul proprio progetto, così da renderlo significativo e sensato per intercettare l’interesse dei partner. Senza mai tradire, però, la natura di quello che si sta facendo. La cosa su cui puntiamo molto – ricorrente nei nostri programmi – è far sì che i produttori che lavorano sui nostri progetti abbiano un impegno fifty-fifty con i registi, che contribuiscono con altri mezzi allo sviluppo del medesimo obiettivo, e non siano semplicemente le persone che vanno in giro a mettere insieme i soldi per fare il film. E poi, molto va fatta passare l’idea che lo sviluppo, che regista e produttore fanno insieme per tirar fuori il potenziale, sia importante e, secondo me, deve radicarsi un pò meglio nella mentalità del nostro Paese, essere più sistematico. E’ un apporto che stiamo dando, ed è richiesto dai produttori più giovani, consapevoli che sia un passaggio fondamentale. 

Nel selezionare la rosa finale, ha intercettato delle tendenze di contenuto, o stilistiche, che pensa possano essere sentore di ‘nuove onde’ del cinema italiano prossimo?

 L’ondata interessante, al di là delle statistiche, è che abbiamo 4 produttrici e 2 produttori, mentre abbiamo 2 registe e 4 registi: una strana simmetria, che però reputo sia un dato molto interessante; il fatto che ci siano 4 produttrici dietro i progetti, per me è estremamente significativo, tra l’altro con età media piuttosto bassa, circa 30 anni, pur parlando di persone che spesso hanno già avuto esperienza all’estero, ma che decidono di rientrare nel nostro Paese per lavorare con registi italiani, sintomatico del fatto che si percepisca che in questo momento ci sia un dinamismo nazionale. La selezione generale, un pò nello spirito di TFL, è estremamente eclettica, quindi una tendenza univoca non l’avverto, ma di certo i progetti sono tutti piuttosto personali, vanno al di là della necessità di intercettare le richieste del mercato. La sfida dei giovani produttori è capire ‘come’ collocarli, e più sono coinvolti con il regista nello sviluppo, più hanno interesse che il progetto si finalizzi e sia destinato a qualcosa, sia recepito dal pubblico e non semplicemente ‘finito’ ma poi dimenticato, sensibilità che sento appartenere molto allo spirito dei produttori che abbiamo coinvolto quest’anno. 

Nicole Bianchi
17 Novembre 2020

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