Marco Valerio Gallo: come ti disegno ‘Freaks Out’

Il disegnatore, illustratore e docente presso la Scuola Romana dei Fumetti ci racconta come ha lavorato sugli storyboard dell'ultimo successo di Gabriele Mainetti


Marco Valerio Gallo, disegnatore, illustratore, docente presso la Scuola Romana dei Fumetti, Accademia di Belle Arti di Roma ha una consolidata carriera – cosa rara in Italia – nel campo degli storyboard, ovvero le tavole di pre-visualizzazione, disegnate a mo’ di fumetto, che servono a produzione e regista per farsi un’idea preventiva di come verrà fuori il film, e per scopi artistici, e per i calcoli dei costi delle varie sequenze.

Molto usati negli USA, gli storyboard sono meno noti nel nostro paese, anche perché utili soprattutto per sequenze complesse, d’azione o con molti cambi di inquadratura. Con il risveglio del cinema di genere italiano, questa particolare forma d ‘espressione artistica ‘segreta’, a uso quasi esclusivo degli addetti ai lavori, che invece offre prospettive interessanti di comprensione, se eviscerata, oltre che diversi piaceri per gli occhi.

Gallo, tra gli altri, ha realizzato gli storyboard di Lo chiamavano Jeeg Robot, Brutti e cattivi e Freaks Out. Proprio dal lavoro svolto per questo film fornisce qualche immagine insieme a un’intervista esclusiva.

Come si è approcciato a questo nuovo lavoro e cosa le ha insegnato?

Sempre nello stesso modo, cercando di fare un lavoro qualitativamente ottimo e al massimo delle mie possibilità. Lavorando con Mainetti da tanto tempo ormai, so cosa aspettarmi: sempre grandi cose, e appena letta la sceneggiatura ho capito la portata di quello che stavamo andando a fare. E’ stato tutto appagante sotto il punto di vista umano e professionale. Dovevo storyboardare varie scene, essendo un film di messa in scena complessa. Oltre agli storyboard mi è stato chiesto di curare anche i disegni del personaggio di Mr. Franz, andando a raffigurare le sue visioni. Inoltre ho curato anche i disegni dei titoli di coda. Era un lavoro complesso e avevo un po’ d’ansia. Il mondo onirico di Franz era difficile da rendere e all’inizio Gabriele mi diceva che “disegnavo troppo bene”, non ci voleva una mano da professionista ma un’anima espressionista, con grande impatto emotivo, meno rifiniti. Dovevano essere realizzati a matita o carboncino, quindi mi sono ispirato a Degas e Toulouse-Lautrec. Dovevo diventare un disegnatore del tutto diverso. Ho scelto di cambiare mano, usando la sinistra. E questo mi ha fatto diventare spigoloso, perché ho cambiato anche l’emisfero con cui lavora il cervello. Così anche per tutti i ritratti nei titoli di coda. Come ultima cosa, ho ragionato sui tempi che avrebbe impiegato Franz a realizzare uno dei suoi disegni, e non erano certo i tempi di un disegnatore seduto al tavolo da lavoro, bensì i tempi di un individuo fatto di etere che cerca di fissare sul foglio tracce delle sue visioni. Ho pensato che fossero disegni fatti in trance, in modo istintivo e frenetico. Per i titoli di coda invece, dove continuando i disegni di delle visioni di Franz, abbiamo  scelto uno stile più rifinito, la differenza con quelli di scena è evidente, sono molto più realistici, meno emotivi, ma qui c’era la necessità di raffigurare personaggi famosi ed eventi significativi della storia successivi al 1945, motivo per cui dovevano essere ben riconoscibili, e quindi più rifiniti . Disegni di scena e titoli di coda hanno avuto un approccio simile nella realizzazione ma diverso nella rifinitura e nella composizione. Cambiare mano per disegnare è una cosa che faccio normalmente  quando sono un po’  bloccato, ma non l’avevo mai fatto per un lavoro così impegnativo dal punto di vista estetico, Freaks Out mi ha dato la possibilità di sperimentare e mettere alla prova questo lato alternativo della mia creatività.

Quanto di quello che ha realizzato ha poi visto riportato nel film?

Moltissimo. Gabriele quando pensa una scena ce l’ha chiara in testa fin da subito e la racconta talmente bene che il mio lavoro diventa facile: io devo solo disegnare, cercando di tradurlo in immagini che siano più fedeli e chiare possibile alla sua visione, lavorando quindi sui movimenti di macchina, sulle prospettive e sulle azioni. Come successe anche in Jeeg, anche su Freaks le scene girate sono molto simili agli storyboard  proprio perché Gabriele progetta la regia delle sue scene in modo accuratissimo. Faccio l’esempio della scena del circo Mezzapiotta dove lo storyboard è effettivamente molto simile, quella era  una sequenza che richiedeva una progettazione importante essendo soggetta a numerosi interventi di sfx e vfx, più tutte le azioni degli attori e degli stunt, inoltre è un piano sequenza,  è stata la prima scena a cui abbiamo lavorato e assicuro che era stata pensata cosi come la avete vista, sin dal principio, e questo ha poi permesso a tutti i reparti di cominciare a lavorare per tempo, per arrivare ben preparati e ottenere il risultato desiderato, questo è stato possibile anche grazie agli storyboard certo, ma alla base  c’era l’idea di regia di  Gabriele  da lui pensata e programmata. Lo storyboard era necessario proprio per far capire a tutti quello che Gabriele aveva in testa e che voleva ottenere da quella sequenza e in effetti quando l’ho vista sono stato felice che fosse molto simile  allo storyboard anche se poi chiaramente Gabriele mentre gira va ad aggiungere sempre moltissime come è giusto che sia. Questo modo di lavorare è ideale e lavoriamo sempre così. Poi ci sono gli storyboard di alcune scene che non sono state girate, come una bellissima sequenza di assalto al treno, era una scena epica, dal sapore western, che terminava con la scena del valzer e l’attacco delle api di Cencio. La scena del Valzer però è rimasta e personalmente la adoro. 

Per uno storyboard artist quanto è importante poter lavorare su produzioni di genere e di budget medio alto? 

Tanto. Questo genere di produzioni ti permette poi di andare a immaginare e lavorare su delle sequenze imponenti dal di vista tecnico e dal punto di vista artistico, questo ti permette di confrontarti con realtà  produttive imponenti e sicuramente ti  carica di grosse responsabilità ma è proprio questo che cerco, perché questo ti fa crescere sempre come professionista, io credo che quando la qualità richiesta è alta, quello  è il momento in cui sei chiamato a fare anche di più di quello che ti viene chiesto, ma personalmente questo è qualcosa che faccio  sempre,  io amo il mio lavoro e  cerco sempre di dare qualcosa in più, a tutte le persone con cui collaboro, che sia un corto o Freaks Out, il mio modo di lavorare non cambia,  mi piace pensare che chiunque si trovi a guardare i miei lavori, possa percepire la qualità artistica, lo sforzo produttivo e la passione che ci metto nel farli, se così non fosse, dovrei cambiare lavoro.  Per me è fondamentale essere soddisfatto dei lavori che faccio.                    

Andrea Guglielmino
30 Dicembre 2021

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