Lucio Patané, dalla spirale dei complotti alla Croisette

L'attore è protagonista del corto di Valerio Ferrara selezionato alla Cinef


Bill Gates rettiliano, la teoria dei lampioni intermittenti, il 5G, le scie chimiche, i cinesi. Insomma, tutta “la verità che non ci dicono” è al centro del cortometraggio Il barbiere complottista, saggio di diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia di Valerio Ferrara, che ha il suo debutto oggi al Festival di Cannes nella sezione La Cinef, dedicata ai film prodotti dalle scuole di cinema di tutto il mondo. Il cinema breve italiano mancava dalla Cinéfondation dal 2018, ora ce lo riportano appunto il ventiseienne Ferrara (che ha appena centrato la cinquina dei David di Donatello con Notte romana e che ha collaborato come assistente alla regia di Bellocchio per Marx può aspettare e ora per La Conversione), e l’attore romano Lucio Patané, che tra una passata di schiuma e una di rasoio, prova a propinare ai clienti le teorie più assurde.

“Ho deciso di raccontare la storia di un uomo comune caduto nel vortice delle teorie del complotto – ha spiegato il regista – Attraverso due giorni e una notte nella vita di un barbiere di un quartiere popolare di Roma, ho provato a mostrare quanto queste teorie siano contagiose e quanto le persone siano contagiabili. Il barbiere complottista è un piccolo racconto metropolitano, la storia di uomo e delle sue ossessioni”. Quest’uomo è incarnato appunto da Lucio Patané, che ha alle spalle 20 anni di cinema, spesso in piccoli ruoli ma altrettanto spesso in film e serie importanti, come Miss Marx e Nico,1988 di Susanna Nicchiarelli e la serie Boris.

Patané, come è nato il suo coinvolgimento ne Il barbiere complottista?
Ho incontrato Valerio Ferrara sul set di Romolo e Giuly, di cui lui era assistente alla regia, e tra noi si è creato subito un bel rapporto. Gli ho chiesto “che vuoi fare da grande?” e lui mi ha risposto “il regista”, allora gli ho consigliato di fare una buona scuola di cinema, possibilmente il Centro Sperimentale di Cinematografia, oppure di andare all’estero. Poi siamo rimasti in contatto, ho visto i suoi altri lavori e abbiamo lavorato molto insieme sulla scrittura e la messa in scena de Il barbiere complottista. Ed eccoci qui a Cannes, con il suo cortometraggio di diploma al Centro selezionato dalla Cinef.

Cosa ha pensato quando ha letto questa storia?
Che fosse molto interessante, una grande opportunità di riflettere su un tema attualissimo. Il mio è un personaggio dei nostri tempi, segnato dal corto circuito dell’informazione non verificata presa dal web e dalla manipolazione dell’informazione stessa, che fa entrare molti nella spirale di una realtà parallela. Abbiamo girato a luglio 2021, faceva un caldo tremendo e quel disagio mi ha aiutato a entrare meglio nel personaggio, a dargli umanità.

Conosce qualche complottista cui ha potuto ispirarsi?
Sì, conosco varie persone che sono cadute nella spirale del complottismo, e da loro ho appreso tante cose, ma soprattutto mi ha aiutato moltissimo ascoltare la trasmissione radiofonica La zanzara, su Radio24, cui telefonano persone che seguono notizie improbabili, che farneticano e si costruiscono realtà parallele per spiegarsi i perché della vita.

Come sta vivendo questa selezione a Cannes?
Sono molto felice, è una grande soddisfazione. Ho scommesso sul potenziale della storia e anche per me essere a Cannes è una bella opportunità. Oltre che per Valerio, anche per me è come una laurea. Tra l’altro mi sarebbe piaciuto frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia, ma quando ho deciso di fare l’attore ero già oltre i limiti di età. Sono conosciuto dagli addetti ai lavori ma non dal pubblico, spero d’ora in poi di avere la possibilità di mettermi alla prova con ruoli e toni diversi.

Il suo primissimo ruolo lo ha avuto da bambino, diretto da Monicelli. Com’è andata?
Sì, ho avuto il privilegio di essere battezzato al cinema da Mario Monicelli in Amici miei – Atto II. A 8 anni scrissi in un tema che da grande avrei voluto fare il calciatore o l’attore, due anni dopo Francesco Germi, figlio di Pietro e assistente alla regia di Monicelli, mi vide a scuola e volle venire a parlare con i miei genitori perché pensava che fossi giusto per fare il bambino del film. Passai il provino e mi ritrovai a Firenze a fare un’esperienza meravigliosa con Gastone Moschin, Adolfo Celi e Renzo Montagnani, che erano quelli con cui avevo più a che fare sul set e da cui imparai tantissime cose, prima di tutto il rispetto e il lavoro insieme per un obiettivo comune. Crescendo ho preso un’altra strada, ho studiato legge all’università, e solo più tardi sono tornato alla recitazione e mi sono formato con tante scuole e seminari.

Prossimamente dove la vedremo?
Ho un bellissimo ruolo nella quarta stagione di Boris, che arriverà in autunno, poi sarò nella seconda stagione di White Lotus, nelle ultime puntate di Bang Bang Baby e nella serie Circeo.

Michela Greco
25 Maggio 2022

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