Salvatore Esposito: “ho imparato a non prendermi troppo sul serio”

Nella commedia diretta da Andrea Porporati, l’attore napoletano interpreta un boss che si trova nel corpo di una bambina di 11 anni appassionata di danza. Lo abbiamo intervistato al Giffoni Film Festi


GIFFONI VALLE PIANA – “I bambini ci insegnano quanto è importante divertirsi, guardare il mondo con curiosità. Questo ruolo mi ha fatto ritrovare il piccolo che è in me e capire che il mestiere dell’attore va fatto senza prendersi troppo sul serio”. Salvatore Esposito, abbandonati ormai i panni di Genny Savastano nella serie Gomorra, nel film Rosanero diretto da Andrea Porporati torna a fare un boss della camorra, Don Totò, anche se solo per pochi minuti, un criminale che poi si ritrova miracolosamente nel corpo di una bambina di 11 anni appassionata di danza, Rosa (Fabiana Martucci al suo debutto). “Raccontare con ironia il mondo della camorra può arrivare anche di più alle persone, soprattutto ai giovani”, dice a “Cinecittà News” l’attore dal Giffoni Film Festival, dove il film Sky Original, tratto dall’omonimo romanzo di Maria Tronca, è stato presentato in anteprima.

Esposito, cosa le ha fatto dire di sì al progetto?

All’inizio ero scettico, per il fatto che sarei dovuto tornare a interpretare ancora un boss della camorra. Ma quando ho scoperto che avrei fatto il criminale solo per cinque minuti e recitato nei panni di una bambina per tutto il tempo ho accettato. Andrea ha trovato la giusta chiave per raccontare questa fiaba moderna, anche un po’ dark. Come ci siamo divertiti noi, speriamo si diverta il pubblico.

Si dice che lavorare con i bambini, e gli animali, sia la cosa più difficile, perché possono anche rubarti la scena.

Io all’inizio ero più preoccupato perché non si trovava la giusta protagonista. Poi è arrivata Fabiana, che è riuscita a interpretare meglio di me il boss. Grazie a lei e a questo ruolo ho capito quanto sia importante ritrovare il bambino che è in me e che non bisogna prendersi troppo sul serio. Invito i giovani che vogliono intraprendere questa carriera di divertirsi sempre. Attraverso gli occhi dei ragazzi possiamo vedere il cinema in modo diverso. Loro sono curiosi, stacanovisti, pronti a fare domande e ascoltare. E se ci rubano la scena, ben venga.

Che possibilità le dà la commedia come genere di esprimersi?

Sento di poter essere più libero di spaziare e mettermi in gioco. Nelle storie drammatiche e autoriali forse avviene meno.

Quanto è importante parlare di camorra anche con ironia?

Raccontare un male attraverso un punto di vista diverso credo sia un modo per arrivare di più alle persone, soprattutto ai giovani, rispetto a quando lo si fa in un progetto serio e drammatico. Il film Jojo Rabbit è un esempio bellissimo con Taika Waititi fa Hitler in una chiave comica e sopra le righe.

In questo film ha anche collaborato alla sceneggiatura.

 Da quando ho deciso di buttare giù le mie idee per iscritto, come ho fatto nel mio primo romanzo Lo sciamano che diventerà presto una serie, ho iniziato a portare il mio contributo anche nelle storie che interpretavo per cercare di dare qualcosa in più al personaggio.

La voglia di comunicare in forme sempre diverse la spinge anche verso una regia?

Potrebbe esserci la volontà, se ce ne sarà l’occasione. Bisogna vedere se sarò in grado di farlo io. Magari il primo che chiamerò è Marco D’amore per chiedergli un consiglio. Si è chiuso un periodo importante della sua carriera.

Che cosa ha rappresentato per lei Genny Savastano?

È stato un regalo che mi ha fatto Stefano Sollima, affidandomi il personaggio. Mi ha aperto tante porte.

Oggi come sceglie i suoi progetti?

In base alla possibilità che ho di esplorare, valorizzare e divertirmi. Quando ha queste tre componenti allora per me è vincente. Lei ha lavorato anche all’estero.

Le esperienze internazionali cosa le hanno insegnato?

A livello artistico che noi italiani non abbiamo nulla da invidiare agli altri. Mentre a livello produttivo e organizzativo dobbiamo imparare tante cose. Dobbiamo alzare il livello per tornare a fare film e serie invidiati in tutto il mondo.

Il tema principale della 52esima edizione del Giffoni Film Festival è l’invisibilità. Chi sono gli invisibili secondo lei?

Sono quelle persone di qualsiasi età e ceto sociale che hanno una sensibilità estrema e un bisogno maggiore di sentirsi amati, supportarti e sostenuti. Spero che quelle persone che si sentono invisibili con il sostegno di tutti noi diventino più evidenti. Penso che anche un boss possa soffrire, sottovalutiamo il fatto che i cattivi non abbiano sentimenti. Don Totò è un uomo solo. Ostenta la violenza per essere considerato. Anche Genny è vittima del mondo in cui è nato e cresciuto.

Giulia Bianconi
25 Luglio 2022

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