Giorgio Tirabassi: “Quella volta che andai all’alba a Cinecittà per Fellini”

Giorgio Tirabassi, giurato all'Ortigia Film Festival, al cinema si lancia senza timore in personaggi sui generis come il mastro circense di Freaks Out e il curiale di Il Pataffio


ORTIGIA – Quella che sta vivendo artisticamente somiglia a una rinascita, ma lui minimizza, sostenendo sia parte delle normali altalene del suo mestiere. Giorgio Tirabassi, giurato all’Ortigia Film Festival, è un attore che con quarant’anni di carriera sulle spalle mantiene intatte quell’umiltà e umanità che lo fanno amare dal grande pubblico. Al cinema si lancia senza timore in personaggi sui generis come il mastro circense di Freaks Out e il curiale di Il Pataffio, dal 18 agosto in sala dopo l’anteprima al Festival di Locarno.

Ci racconta un ricordo che la lega agli Studi di Cinecittà?

Ne ho tantissimi. Ho passato sette anni tutti i giorni a Cinecittà per Distretto di Polizia, ma mi piace raccontarne un altro, dei tempi in cui stavo nella compagnia teatrale di Gigi Proietti, abbiamo lavorato insieme nove anni e ogni sera a veniva a vederci qualche suo amico illustre.

Ad esempio?

Federico Fellini. Una sera venne a vedere un nostro spettacolo e dopo andammo a cena con Proietti e altri sei attori. Io e gli altri sei eravamo da una parte del tavolo, poi c’era Proietti e infine, dall’altro lato, Fellini con la sua assistente. Noi stavamo per conto nostro, ascoltavamo i discorsi, a fine cena Fellini mi guarda e dice: “Posso avere il tuo numero di telefono? Hai una faccia interessante”. Sotto il tavolo ricevevo calci dai colleghi amici.

Diede il numero a Fellini?

Eccome, lo diedi alla sua assistente e dopo qualche giorno mi chiamarono per un appuntamento con lui proprio a Cinecittà. Ci vado, me lo ricordo dietro a una scrivania, entro, lui mi guarda, fa un sorriso e dice: “Vabbè, ci vediamo”, e io me ne vado. Dopodiché mi chiamano per farmi fare un contratto di sei pose per Ginger e Fred. Dopo aver firmato nessuno mi chiamò fino al giorno prima della scadenza – sarei stato pagato anche se non le avessi fatte – dandomi appuntamento alle 5.30 del mattino a Cinecittà. 

Come andò?

Mi portarono al trucco, mi misero baffi e impermeabile e mi fecero aspettare in una parte dello studio chiusa con dei pannelli, una sorta di grande sala d’attesa. A un certo punto nel silenzio più assoluto compaiono 12 nani e mi si mettono seduti vicino. Dopo quattro ore iniziamo a girare e mi rendo conto di essere praticamente una comparsa in una scena dove Mastroianni arriva in un albergo e un gruppo di giornalisti andava lì a intervistarlo. Il giorno dopo non ci sono andato ed è finita lì. Però Cinecittà alle 5.30 di mattina resta un bel ricordo.

Con quali registi sceglie di lavorare oggi?

Ho accettato volentieri progetti validi come Freaks Out di Gabriele Mainetti e Il Pataffio di Francesco Lagi, ma sono tante le valutazioni che faccio, la novità del ruolo e della storia, la scelta delle persone con cui lavorare. Preferisco lavorare con autori che non cambino atteggiamento sul lavoro. Ci sono registi apparentemente mansueti che appena prendono il megafono in mano è finita. 

A proposito di Freaks Out il suo personaggio è stato molto amato dal pubblico.

Mi ha fatto molto piacere ricevere commenti positivi e affettuosi anche da parte della comunità ebraica romana. Oltre al contesto storico ha convinto l’umanità del mio personaggio. 

Al Festival di Locarno verrà presentato in anteprima Il Pataffio.

È un film insolito, da vedere, una commedia – da non confondere assolutamente con il film comico, che è tutt’altra cosa. Francesco Lagi viene dal teatro, questo si sente e si vede. Poi i produttori Marta Donzelli e Gregorio Paonessa sono validi e garanzia di qualità, hanno prodotto tra gli altri Miss Marx di Susanna Nicchiarelli che mi convinse molto.

Claudia Catalli
27 Luglio 2022

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