Egidio Eronico: “Amate sponde e il mio concetto visivo”

Il documentario diretto da Egidio Eronico, co-prodotto da Cinecittà, è un'opera colossale che ha richiesto quattro anni di riprese. Un viaggio composto solo da immagini e musica lungo tutto lo stivale


Un concerto da sentire con gli occhi, un film da guardare con le orecchie. Al tempo stesso, uno studio visuale, sorprendente ed empatico della natura profonda dell’Italia. Tutto questo è Amate sponde, documentario diretto da Egidio Eronico presentato alla Festa del Cinema nella sezione Freestyle. Il film, prodotto da EiE Film, Schicchera Production, Sky in co-produzione con Cinecittà, è un film colossale, che parte dallo spazio per poi percorrere tutto lo stivale italiano (avvalendosi del sostegno di ben 7 Film Commission) senza mai pronunciare una singola parola. Un viaggio fatto di continue scoperte, di contrasti straordinari e di una narrazione sommersa che sfrutta solo le immagini, le musiche e i suoni.

Alla regia troviamo Egidio Eronico, di formazione architetto, che nella sua lunga carriera ha realizzato alcuni film di finzione e molti documentari, tra cui l’ultimo Nessuno mi troverà, sulla scomparsa di Ettore Majorana.

Un film complesso, che abbraccia tutta l’Italia e che è caratterizzato dalla mancanza di dialoghi. Da dove è venuta l’idea per questo progetto, in qualche modo, folle?

L’idea l’ho coltivata per tanto tempo ed era legata al fatto che sono stato per tanto tempo un architetto militante. Ho sempre pensato che non conosciamo, come collettività, i luoghi che abitiamo. Sono stati anni di ricerca interdisciplinari. Lo volevo senza parole perché lo spettatore doveva trovarsi di fronte a un susseguirsi narrativo di immagini che lo colpissero, lo facessero riflettere ed emozionare, senza sovrastrutture di tipo analitico, sociologico, dal punto di vista del linguaggio verbale. Sono dell’opinione negli anni ’20 il cinema era già al massimo della sua potenza espressiva, era un mezzo collaudato ed emozionantissimo.

Qual è stato l’iter di scrittura, progettazione e produzione del film?

Ho scritto una sceneggiatura di 240 pagine composta da immagini, dati e note. Avevo chiaro tutto il percorso che volevo fare, ci sono pochissime cose che sono entrate nel film per caso. Ho iniziato a girare nel 2019 e ho finito nel maggio del 2022. Quasi senza accorgercene siamo arrivati a lavorarci per quasi quattro anni. Man mano che andavo avanti con le riprese, sono arrivato a una fase che ritenevo matura e ho potuto chiudere il montaggio. Ovviamente ho girato una montagna di materiale che adesso cercherò di sfruttare in qualche modo, magari con una mostra sui temi del film, con delle stanze immersive.

La partitura musicale è la colonna portante del film, come ci ha lavorato?

Le colonne portati del film sono le immagini filmate da Sara Purgatorio, che è la direttrice della fotografia, e le musiche di Vittorio Cosma. La musica l’ho pensata fin da subito come una sorta di suite. L’impianto musicale e narrativo è assimilabile a una sinfonia inglese di Bach: c’è un preludio, poi dei movimenti, lo sviluppo, dei ritorni e si chiude più o meno con le stesse note del preludio, suonate in maniera diversa. Si tratta di sentire le immagini e vedere la musica. Non si capisce se sono le immagini che spiano la musica o viceversa. Volevo qualcosa di moderno, che rispecchiasse il nostro tempo, una musica per orchestra, con strumenti acustici ma anche elettronici.

Che percorso distributivo avrà il film?

Al di là della distribuzione classica nelle sale che dovrebbe arrivare tra gennaio e febbraio, faremo una tournée di cine-concerti. Proietteremo il film nei cinema, nei teatri e nelle piazze con l’accompagnamento dell’orchestra dal vivo. Spero di fare addirittura una proiezione a Palermo, allo Zen.

A proposito dello Zen: nel film compare insieme ad altri quartieri popolari come Corviale a Roma o Porta Palazzo a Torino. Il film spazia da cose grandissime, quasi sovrumane (lo spazio, i vulcani), a cose piccolissime, quotidiane.

Siamo una civiltà millenaria, siamo figli della Magna Grecia e, attualmente, abbiamo una ricerca scientifica tra le prime al mondo, anche nella robotica e nel ramo aerospaziale (entrambi raccontati nel film, ndr), sia a livello di progettazione che della realizzazione. Abbiamo una delle migliori scuole dell’obbligo e una delle migliori sanità pubbliche al mondo. Non sono cose che nascono per caso. Però lo stesso paese che riesce a produrre questa eccellenza, non riesce ad affrontare allo stesso livello il tema, ad esempio, della raccolta dei rifiuti, che allo Zen raggiunge un livello inaccettabile. L’ho piazzato subito dopo la scena a Piazza Gaudenti a Milano. Da una parte la città del contemporaneo e del glamour e dall’altra situazioni urbanistiche da quarto mondo. Inaccettabile ad ogni livello, soprattutto per un paese come il nostro. In questo film, il mio è stato uno sguardo privo di retorica, ma non per questo l’ho distolto.

 

Carlo D'Acquisto
16 Ottobre 2022

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