Fabio Resinaro: “genere e cinema d’autore: un matrimonio fortunato”

Premio Caligari: l’intervista al regista di Ero in guerra ma non lo sapevo, tra i sei finalisti del riconoscimento nel nome del regista romano. "CinecittàNews" conferirà una Menzione Speciale


MILANO – Fabio Resinaro, regista di Ero in guerra ma non lo sapevo, è nella rosa dei sei finalisti del Premio Caligari, all’interno della XXXII edizione del Noir in Festival. “CinecittàNews”, media partner della manifestazione, conferirà una Menzione Speciale ad una delle sei opere candidate, incontrando giorno per giorno – fino al 7 dicembre, serata della premiazione – due autori nominati per il premio. 

Fabio, una riflessione sul genere nel cinema, che ha fatto grandi alcune stagioni e che di recente sta tornando a occupare la parte più interessante della produzione italiana. Da autore, cosa permette in più scegliere di abbracciare un genere? Che valore aggiunto dà a una storia? Che dialogo stabilisce con il pubblico?

Il discorso sul genere mi fa sempre pensare che non esistano film che non abbiano un genere. Spesso si intende come un film di genere un film non d’autore, come se i film che sposano un genere in particolare non potessero avere una voce autoriale; mentre a me, come autore, piace tanto… giocare con i generi, giocare con gli strumenti di linguaggio, utilizzarli per delle aspettative, poi magari attenderle o disattenderle. L’ingresso ulteriore dei generi nel panorama cinematografico consente di esplorare più tematiche, ci sono più strumenti, una miglior tavolozza per colorare le nostre storie. Penso sia fondamentale questa apertura, che arriva dopo una chiusura incomprensibile di tanti anni. Il cinema è un’arte di sintesi, quindi fa molto riferimento alle visioni precedenti di altre opere, quindi fa molto riferimento a immaginari già esistenti: questo fa il genere e il pubblico sa già cosa aspettarsi. Per questo è uno strumento anche narrativo, tu sai che proponendo un certo codice puoi fare un diverso uso dell’aspettativa del pubblico. 

Nello specifico del suo film – Ero in guerra ma non lo sapevo – perché ha scelto il genere, su quali paradigmi dello stesso ha puntato e come ha costruito il film in quest’ottica?

 Rimanendo sulla stessa linea di ragionamento precedente, io avevo a che fare con una storia di cronaca, che era già stata ribattuta parecchio e quindi apparteneva già all’immaginario. La storia era interessante ma secondo me valeva la pena farne un film potendo aggiungere un punto di vista alla vicenda, così il mio approccio è stato raccontare quello che non era stato ancora raccontato, cioè il punto di vista più intimo al protagonista, Torregiani, svincolandolo da opinioni politiche di parte. Quindi i generi che ho toccato con questo approccio si sono generati naturalmente: il dramma e il thriller per raccontare quello che sa il personaggio, tutto da capire. 

Per il suo film, in finale al Premio Caligari, e in generale per la sua idea di cinema di genere, ci sono degli autori o delle opere di riferimento?

È una riflessione che non ho mai fatto espressamente rispetto al mio film. Mi piacciono i film che usano il genere, che non ne sono intrappolato, che sono invece consapevoli dell’uso che stanno facendo dell’immaginario in cui si muovono. Slegandomi dal film in particolare, penso a Fight Club che in realtà è una commedia romantica anche se nel tono è un thriller o Magnolia, davvero indecifrabile come genere e ogni linea narrativa usa un genere diverso, dalla commedia al dramma. Per Torregiani ho fatto un esercizio anche un po’ svincolato da certi codici di genere, è stato un esercizio per mettermi un po’ in discussione, un approccio più autoriale, tenendo conto del racconto della persona. 

Claudio Caligari, a cui il premio per cui è nella rosa dei finalisti è dedicato, che passo pensa abbia impresso, nel nome del genere, nel cinema italiano?

Quello di cui parlavo all’inizio, ovvero che il genere e il cinema d’autore non devono essere due cose slegate ma possono anche trovare un matrimonio fortunato. 

Nicole Bianchi
06 Dicembre 2022

Noir in Festival 2022

Intelligenza Artificiale

Steven Soderbergh e Zoë Kravitz: la sincerità dell’intelligenza artificiale

Kimi è un’assistente domestica intelligente, Angela una programmatrice informatica che soffre di agorafobia, ma “la voce” di un crimine la spinge a superare il suo limite: Concorso Internazionale al Noir in Festival

Noir in Festival 2022

Alfred Hitchcock al Noir: “Vi amo spettatori, mi piace giocare con voi”

Il film di Mark Cousins, My name is Alfred Hitchcock, in anteprima europea a Milano: un testo filmico già fondamentale, per l’intrattenimento pop quanto per lo studio della narrativa immaginaria

Noir in Festival 2022

‘Bowling Saturne’ conquista il Black Panther Award: a ‘Profeti’ Menzione Speciale

Miglior Film Noir 2022 il franco-belga di Patricia Mazuy; la Giuria decreta un riconoscimento anche all'opera di Alessio Cremonini con Jasmine Trinca

Noir in Festival 2022

Premio Caligari 2022: podio per ‘Piove’ e ‘Una femmina’

La Menzione Speciale di "CinecittàNews" al film di Francesco Costabile e il riconoscimento assoluto dell’anno all’horror del 29enne Paolo Strippoli


Ultimi aggiornamenti