Aldo Nove, bis a Locarno


Cinquecentomila leoniJohnny Weismuller, ovvero Tarzan, ovvero Gianfranco Funari. Con un salto singolare che di logico ha ben poco Aldo Nove e Andrea Liberovici filmano Cinquecentomila  leoni, un’allegoria del sistema hollywoodiano che crea miti e li distrugge.
Nel 1924 Johnny Weismuller vince l’oro olimpico nel nuoto. Nel 1932 diventa una stella con l’interpretazione di Tarzan. Nel 1977 è colpito da un serie di infarti, muore invalido nel 1984.
I registi lo immaginano negli ultimi giorni di vita e mostrano i dettagli di un corpo in decadenza che si trascina sulle piastrelle scrostate di una piscina vuota, set perfetto per la scarna messa in scena di un’ospedale psichiatrico. A vestire i panni dell’attore, perduto in un flusso di parole – firmate Aldo Nove – e immerso in un universo sonoro – firmato Liberovici – senza contatto con la realtà é Gianfranco Funari.
“Il legame tra Gianfranco e Weismuller mi ha stimolato: mi piaceva l’idea di rappresentare l’invecchiamento di un idolo hollywoodiano attraverso un uomo, un fenomeno unico nella tv italiana, che non ha paura di mettere in scena la propria biologia” spiega Nove, fresco autore di La piu’ grande balena morta della Lombardia, alla platea di Locarno che ha selezionato il film di 9 minuti tra i Cineasti del Presente Video.
Il vulcanico Funari, sposo novello che marca a vista la moglie Morena, esplode: “Ho fatto me stesso perchè, come Tarzan, ho vissuto urlando, passando con le liane da un avviso di garanzia ad un altro. Finire la vita nella pazzia mi è congeniale”.

Andrea Liberovici, compositore classe 1962, illustra il lavoro sul sonoro: “Compongo musica elettroacustica che è come cinema per le orecchie. Per me le immagini sono sempre connesse alla percezione sonora. Piu’ che l’aspetto narrativo mi interessava capire come la voce di Gianfranco potesse incontrare la prosa di Aldo. E’ venuto fuori un gorgoglio interiore, sintomo della delirante giungla mentale di un attore che non distingue piu’ tra vero e falso, di uno stato d’animo non necessariamente corrispondente alla realtà. Forse Johnny Weismuller è morto sereno”.

Appunti romani
Una filastrocca di Nove è il trait d’union che unisce Cinquecentomila leoni a L’apprendista, cortometraggio del giovane Giacomo Gatto passato nella stessa sezione del festival ticinese. Girato in pellicola 35mm, ricco di sfumature grigio-blu e riferimenti pittorici, accompagnato dal suono delle campane, ossessione del giovane filmaker, gioca sui confini tra vita e morte.
Cambia tutto in Appunti romani di Marco Bertozzi, documentario prodotto dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico. In 56 minuti attraversa l’immaginario di una città, Roma, attraverso sequenze soprattutto non fiction, ritrovate in varie cineteche europee. Si apre con vedute di fine Ottocento, riprende la città eterna pomposamente celebrata dai cinegiornali fascisti, tocca gli anni Sessanta ed arriva fino al presente.
Tra gli italiani di Cinesti del Presente Video in programma i prossimi giorni: Strade Blu. Storie dalla provincia americana di Nene Grignaffini e Francesco Conversano e Détour De Seta di Salvo Cuccia.  

06 Agosto 2004

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