Un premio dedicato ai minatori della Carbosulcis

La regista Valentina Zucco Pedicini ha vinto con 'Dal profondo' il Premio Doc It-Prospettive Italia Doc per il Migliore Documentario italiano. Protagonista del documentario l’unica minatrice italiana


“Dedico  questo premio ai minatori che sono 500 metri sotto terra a lavorare”, così la regista Valentina Zucco Pedicini mentre riceve il Premio Doc It-Prospettive Italia Doc per il Migliore Documentario italiano, vinto con Dal profondo, una produzione La Sarraz Pictures in collaborazione con Rai Cinema.
L’unica minatrice italiana, che lavora come tecnico nella miniera sarda di carbone Carbosulcis di Nuraxi Figus, è la protagonista del documentario, primo lungometraggio dell’autrice, 35enne brindisina, diplomata alla Scuola di documentario Zelig di Bolzano.

La Carbosulcis è l’unica miniera di carbone, attiva sul nostro territorio, balzata alla cronaca l’estate di un anno fa per la forte protesta dei 150 lavoratori contro la minacciata chiusura poi rientrata con la prospettiva del progetto ‘carbone pulito’. Ma all’orizzonte ora potrebbe esserci una dismissione controllata, con il placet della commissione europea di Bruxelles al piano presentato dall’azienda.
Quella manifestazione, scandita dallo slogan “Est sora de brunura” cioè “E’ l’ora del tritolo” e dai minatori barricati sottoterra con l’esplosivo, è raccontata dal documentario, ma non rappresenta il nucleo centrale della narrazione. “Quando la protesta è scoppiata ho avuto la conferma che aveva un senso il rapporto che da oltre un anno avevo costruito con quella realtà e con i loro soggetti. Le televisioni rimasero qualche giorno, il tempo necessario di offrire la loro visione all’esterno della miniera. Il mio intento era altro, non volevo realizzare un film politico in senso stretto, un reportage perché la lotta più grande dei minatori , non è la difesa, comunque importante, del posto di lavoro, ma quella quotidiana sottoterra con il rischio di incidenti mortali”

Dal profondo è un documentario che mette insieme tre piani narrativi. “In Sardegna sono rimasta affascinata dalle miniere abbandonate, e quando ho visitato l’unica rimasta aperta, forte è stata la sensazione della sfida registica di mostrare un mondo del tutto diverso da quello esterno. Il mio film si svolge quasi per intero nel profondo delle viscere della terra, tralasciando la vita fuori della miniera”, afferma l’autrice. Emerge così l’imponente e affascinante scenografia industriale, una misteriosa città sotterranea con le sue gallerie lunghe fino a 30 chilometri e percorse dalle macchine che trasportano i minatori.

C’è poi la vicenda personale di Patrizia, tecnica diplomata alla scuola mineraria di Iglesias, che da 26 anni scende a 500 metri sotto il livello del mare. “Nei miei precedenti lavori, due corti e un mediometraggio, la presenza femminile era stata sempre al centro della mia ricerca, così mi sono innamorata dell’idea di questa insolita presenza femminile in un mondo tutto maschile, una situazione dove si trova a suo agio”.
Terzo e ultimo piano narrativo è la coscienza di classe dei minatori: “L’identità del proprio mestiere è più forte di quella di genere – spiega la regista – ed è caratterizzata dalla solidarietà, dall’affidarsi l’uno all’altro e dal lavoro di squadra”.Tante le difficoltà affrontate nel corso delle riprese dalla polvere alla luce artificiale, alla scelta di una videocamera agile e di ottima resa, ma la collaborazione e l’impegno degli stessi minatori, trasformatisi sul set in assistenti, sono stati preziosi.

Nel film la protagonista, Patrizia, dialoga anche con il padre morto di silicosi. “Ha trascorso 37 anni in una miniera metallifera quando ancora si lavorava coricati per terra e con il piccone. Ricordo che da piccola cenavamo non la sera ma intorno alle cinque del pomeriggio quando rientrava affamato dal lavoro e voleva tutta la famiglia riunita”.
E torna anche un pensiero fisso della minatrice, quell’identificazione insolita con i grilli: “Siamo come i grilli. Infilati nelle fessure, schiacciati sotto le pietre, nascono e muoiono qua. Come grilli siamo, ma il nostro canto non arriva lassù, la nostra notte non finisce mai”. Là sotto infatti l’unica forma di vita è costituita proprio da questi insetti, che sono arrivati con il legname usato nelle gallerie e ora vivono nel buio e si sentono frinire tutto il tempo.

Dal profondo, vincitore tra l’altro del Premio Solinas Documentario per il cinema 2011, si vedrà prossimamente in Sardegna: il 22 novembre a Carbonia, il 23 a Cagliari e il 4 dicembre a Nuoro.

Stefano Stefanutto Rosa
18 Novembre 2013

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