Non toccate il cane di Keanu

Keanu Reeves torna alla ribalta nei ruoli d’azione che lo hanno reso famoso: John Wick in sala dal 22 gennaio


Dopo il momento di declino fisico di due anni fa – che lo vedeva notevolmente ingrassato – coinciso anche con una certa ‘stanchezza’ dal punto di vista professionale, Keanu Reeves torna alla ribalta nei ruoli d’azione che lo hanno reso famoso: l’anno scorso era in 47 Ronin, diverntente variante americana del wuxiapian orientale. Oggi lo ritroviamo in John Wick (in uscita con M2 il 22 gennaio), nel ruolo di un rabbioso killer prezzolato che si vendica contro un gruppo di pericolosi criminali che gli hanno ucciso… il cane. L’assunto è decisamente sopra le righe, e così anche il film, action spaccaossa abbastanza tradizionale, che però trova qualche carta da giocarsi proprio nella volontà di non prendersi troppo sul serio, un po’ come accadeva in Commando con Schwarzenegger o in Trappola in alto mare con Steven Seagal.

Così si riescono facilmente ad accettare trovate assurde come un hotel specificamente pensato per ospitare assassini (con la regola tacita di non poter regolare conti all’interno della struttura), battute un po’ surreali – ‘John non è l’uomo nero. E’ quello che mandi a uccidere il fottuto uomo nero’ – e personaggi (soprattutto i ‘cattivi’) scritti come se fossero villain da fumetto di serie B.

“Il tono della sceneggiatura era sovversivo e avvincente – dice il produttore Basil Iwanyk – la trama, ricca di spunti emozionanti, era un’ottima premessa per un film d’azione. E’ la storia di un uomo che perde sua moglie e subisce un’irruzione in casa, durante la quale gli rubano la macchina e uccidono il suo cane, che proprio la sua amata gli aveva regalato. Credo che il fine ultimo dei film d’azione sia riuscire ad abbinare una premessa semplice e accessibile a uno stile iperreale”. “Il personaggio non scende a compromessi – spiega Chad Stahelski, regista insieme a David Leitch – non volevamo raffigurarlo come lo stereotipo del bruto assassino, ma sottolineare che fosse un uomo che aveva sofferto una perdita dopo l’altra. Keanu dà uno spessore emotivo a tutti i suoi ruoli. Non è mai veramente duro e, proprio come John, attraversa l’intero spettro delle emozioni: depressione, rabbia, dolore e speranza anche quando diventa furioso. E in ultima analisi, trasmette ancora la sua umanità”. “Non è uno psicopatico – commenta Reeves – credo che John sia in fondo un uomo buono. Ha vissuto due vite, una da assassino e una da uomo felicemente sposato. Ha provato a cambiare e a seppellire il suo destino, ma senza sua moglie tutto è perduto. Non uccide innocenti ma solo quelli che provano a fargli del male”.

Andrea Guglielmino
16 Gennaio 2015

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