Nanni Moretti, superstar a Bari, legge il “Caro Diario”

Protagonista dell'ultima attesa masterclass del Bif&st, il regista non ha fatto alcun cenno a "Mia madre"


BARI – “Manteniamo il mistero”. Basterebbe l’ultima battuta della masterclass (riferita alla genesi di Habemus Papam), per riassumere l’incontro di Nanni Moretti con il pubblico del Bif&st, di cui è stato l’ultimo, attesissimo ospite. Dopo la proiezione di Caro diario, il regista ha introdotto la lettura del diario di lavorazione che scrisse per quel film del 1993, “che cominciai a girare senza nemmeno rendermene conto – dice – pensando di realizzare un cortometraggio su me che vado in Vespa nella Roma deserta dell’estate, per poi mostrarlo solo nel mio cinema, il Nuovo Sacher”. Un monologo in cui il cineasta ha rievocato le sue insicurezze, le angosce legate a un film fatto con “leggerezza e irresponsabilità”, arrivando spesso sul set impreparato. Agli aneddoti della lavorazione si mescolano il ricordo del funerale di Fellini al Teatro 5 di Cinecittà; gli episodi accaduti durante le riprese alle Isole Eolie e sul set improvvisato a casa sua per il capitolo dei medici, mentre intanto la sua sala di Trastevere programmava Heimat per 13 settimane. E poi, insistente, ricorre tra le righe del diario il desiderio di finire il film in tempo per mandarlo alla Mostra di Venezia: “Alla fine non ci sono riuscito, invece sono andato al Festival di Cannes e ho avuto una fortuna internazionale inaspettata”.

In un Teatro Petruzzelli affollatissimo – decine di persone sono rimaste fuori – illuminato da una lama di luce che attraversava il palco buio, Nanni Moretti ha rievocato dunque quei giorni del 1992 e 1993 in cui preparava Caro diario, per poi passare a rispondere alle domande (o piuttosto ai timidi input) del moderatore Jean Gili, critico francese di cui dice “siamo amici da 30 anni, sul mio cinema è più esperto di me”. Come prevedibile visto il suo riserbo, neanche una parola è stata dedicata a Mia madre, il nuovo film del regista che sarà in sala dal 16 aprile (e poi probabilmente a Cannes) e di cui è uscito il trailer qualche giorno fa, in cui recita accanto a Margherita Buy e John Turturro. Né è stato lasciato alcuno spazio per le domande del pubblico o della stampa, al contrario di quanto accaduto nei giorni scorsi con gli altri grandi registi passati al Bif&st.

Grande spazio, però, al racconto di come lui, il regista italiano più amato dai francesi, ha affrontato i suoi set: “Il mio lavoro di spettatore – ha spiegato – ha influenzato il mio lavoro di regista. Alla fine degli anni ’80, dopo un periodo in cui la sceneggiatura era stata molto sottovalutata sia nei film commerciali che d’autore, c’è stato un ritorno della sua importanza, ma accompagnato da un certo accademismo: vedevo compitini ben fatti. Non mi andava quindi di replicare film già fatti bene tante volte e per raccontare la crisi di un militante comunista mescolando la dimensione privata e quella politica, ho usato una piscina e una partita di pallanuoto. Insomma mi sono preso la libertà di raccontare lo smarrimento della sinistra italiana in modo non realistico. Oltre che in Palombella rossa, anche in Caro diario e Aprile si sono mischiati i momenti della preparazione, del set e del montaggio: li ho affrontati in modo molto libero. Si può fare così se hai un rapporto non troppo ufficiale col produttore o se, come me, hai una casa di produzione”.  

Dopo, però è arrivata La stanza del figlio, con cui Moretti è tornato al cinema più scritto e strutturato, e ha vinto la Palma d’Oro a Cannes: “Con gli anni sono diventato più esigente, ora il momento della scrittura è quello più difficile, mentre quello più faticoso e angosciante resta quello delle riprese. Poi arrivo con sollievo al montaggio, dove lavoro con una persona sola e non ho più davanti decine di persone che aspettano che mi venga un’idea, e poi magari non ce l’ho”. Poi, quando Gili gli ricorda che Fellini, pochi mesi prima di morire, disse in un’intervista a Le Monde che gli faceva piacere che esistesse nel cinema italiano un “giovane Savonarola”, Moretti risponde “Sono sicurissimo che Fellini non abbia mai visto un mio film: non gli interessava vedere i film degli altri. Se c’è qualcosa di cui sono fiero nella mia vita, è di non averlo mai invitato, né costretto a vedere un mio film. Forse parlava di me come personaggio”.

Infine, sul possibile “senso di vuoto” che può provare un regista tra un film e l’altro, soprattutto quando – come nel suo caso, magari passano 4-5 anni – il regista di Mia madre spiega: “Oltre che regista, sono anche produttore, distributore, esercente, direttore di festival e attore, e non faccio mai queste cose per dovere, ma sempre per il piacere di lavorare con persone con cui mi trovo bene. Ho attraversato vari mestieri del cinema anche perché mi sembrava di completare mio lavoro di regista, è un modo di ricaricarmi. Per me come per molti registi fare un film è un grande investimento psicologico ed emotivo, al termine del quale si arriva scarichi. Nel mio caso non è automatico finire un film e iniziarne un altro”. In attesa del 16 aprile, oggi, intanto, al Teatro Petruzzelli Moretti riceve il Federico Fellini Platinum Award, un premio all’eccellenza cinematografica. Nonostante lui continui a ripetere – e l’ha fatto anche oggi – “penso spesso di essere un regista modesto”.

Michela Greco
28 Marzo 2015

Bari 2015

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Cinema & Fiction, tv italiana in cerca di innovazione

Al Bif&st il convegno "Cinema & Fiction: convergenze parallele?", un momento di confronto tra protagonisti del settore per capire quale possa e debba essere il ruolo della fiction in Italia, mentre dagli Stati Uniti arrivano i successi di serie tv che vantano attori da Oscar e ascolti strabilianti.
"Il problema dell'Italia è che non ha un'industria culturale degna", dice il direttore di 8 e 1/2 Gianni Canova, mentre Maurizio Sciarra si rivolge alla committenza e dice "La tv è ferma a 20 anni fa, non innova da decenni", mentre sta per arrivare in Italia il ciclone Netflix. Tra gli altri relatori Silvia Napolitano, Matilde Bernabei, Daniele Cesarano, Veridiana Bixio e Luca Milano per Rai Fiction

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Alba Rohrwacher due volte miglior attrice al Bif&st

Il messaggio dell'attrice: "Ringrazio il bellissimo Festival di Bari per questi riconoscimenti che arrivano a due film molto importanti per me, Hungry Hearts e Vergine giurata. Ringrazio il pubblico numerosissimo del festival. Purtroppo non posso essere con voi perché sono a Lisbona al Festival di Cinema Italiano. Ma sono davvero felice. E voglio ringraziare la Giuria dei Critici del Concorso Ufficiale e la Giuria Popolare delle Opere Prime"

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Bif&st: 2016 con Mastroianni e gli attori

73mila spettatori. Ovvero 2.500 in più rispetto allo scorso anno. La conferenza stampa di bilancio del Bif&st numero 6, guidato come sempre da Felice Laudadio, è la cronaca di un trionfo, ma anche un molto simbolico "passaggio di consegne" all'amministrazione locale futura, a cui il direttore e il presidente Ettore Scola chiedono in coro di confermare la fiducia in un progetto culturale che richiama un pubblico numerosissimo e giovane. Con il governatore Nichi Vendola in scadenza di mandato, resta un margine di incertezza per il futuro, che Laudadio cerca di scongiurare annunciando già non solo le date - dal 2 al 9 aprile 2016 - ma persino il programma del settimo Bif&st, che sarà dedicato a Marcello Mastroianni nel 20° anniversario della sua scomparsa, con una retrospettiva in 50 titoli. Al Teatro Petruzzelli la cerimonia di premiazione presentata da Stefania Rocca. Miglior regista Francesco Munzi, migliori attori Elio Germano, Alba Rohrwacher, Anna Foglietta e Carlo Buccirosso

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Margarethe Von Trotta: “Sorelle, il segreto del mio cinema”

La regista tedesca, protagonista a Bari di una splendida master class, ci parla del suo nuovo film Die abhandene Welt, ispirato a una vicenda autobiografica, la scoperta di avere una sorella segreta. Protagoniste Barbara Sukowa e Katja Riemann, due attrici a cui è molto legata. Ma in questa intervista ci parla anche della sua infanzia e della scoperta delle colpe del nazismo, arrivata solo negli anni '60, perché l'argomento era tabù nel dopoguerra. E rivela: "Avrei voluto lavorare con Gian Maria Volontè e Marcello Mastroianni, in Germania non abbiamo attori così"


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