Giorgio Arlorio e quel flop di Monicelli

Insuccesso al botteghino, I compagni è diventato poi un film di culto. Ad analizzarlo, al Festival di Busto Arsizio, è stato lo sceneggiatore Giorgio Arlorio che in quel film si occupò del doppiaggio


E’ curioso il destino de I compagni, un film fortemente voluto da Franco Cristaldi che lo fece dirigere da Mario Monicelli, con un cast di tutto rispetto e con una sceneggiatura affidata oltre che a Monicelli anche ad Age e Scarpelli, cioè in poche parole il top della commedia italiana nel 1963. Gli elementi per un nuovo, grande successo c’erano tutti, ma il film non andò per niente bene con il pubblico. Forse spaventava quel titolo voluto da Monicelli che subito dopo la buttò in politica: “L’errore è stato mio, qualsiasi altro titolo avrebbe funzionato ma quello proprio no”. 

I compagni è diventato poi un film di culto ed è stato analizzato al Festival di Busto Arsizio da un punto di vista veramente inedito. L’ospite era il simpatico Giorgio Arlorio, docente del Centro Sperimentale, molto amato dagli studenti. Arlorio, che in carriera ha firmato sceneggiature importanti (per Lizzani, Pontecorvo, Steno, Bolognini, Corbucci…) non risulta nei titoli de I compagni anche se il suo ruolo era fondamentale: fu lui infatti a dirigere il doppiaggio, a conferire (date le sue origini) al film quella “piemontesità” che ne è una caratteristica fondante. “Non fu affatto facile – ha ricordato –  visto che Age, Scarpelli e Monicelli erano in quegli anni il top del cinema italiano e naturalmente erano molto gelosi del loro lavoro. Mi inserii di fatto in una contraddizione tra loro: Monicelli voleva il film recitato interamente in piemontese, Age, Scarpelli e Cristaldi volevano solo che ci fosse un forte accento. Prevalse questa linea e io mi diedi da fare per il doppiaggio impegnandomi anche in prima persona. La voce di Renato Salvatori è la mia, e presto le mie corde vocali anche al grande caratterista Pippo Starnazza e ad altri due personaggi minori. Soldati dà la voce al vecchio e temibile proprietario della fabbrica, nel film c’è Mastroianni che conserva la sua voce mentre tutti gli altri (compreso Folco Lulli e la giovanissima Raffaella Carrà) li ho fatti doppiare. E’ stato un lavorone che però mi diede grande soddisfazione. Avevo praticamente riunito tutti i piemontesi del cinema, forse per l’unica volta”.

Perché secondo lei il film non funzionò? “Ci fu un vero e proprio boicottaggio, si poteva scherzare su tutto ma non sulle fabbriche e gli operai. Erano gli anni della grande migrazione interna, stava già incubando quella rivolta che noi ricordiamo come l’Autunno Caldo del 1969. Io sono orgoglioso di aver partecipato a un film così profetico: quando negli anni ’70 venne fatto uscire nuovamente in sala rimediò in parte al fallimento della sua prima uscita di dieci anni prima”.

Caterina Taricano
02 Aprile 2014

BAFF 2014

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