Ken Loach: un altro mondo è possibile

E’ Ken Loach con I, Daniel Blake il re del palmarès di Cannes 2016. Seconda Palma a dieci anni di distanza per il regista britannico, che aveva già conquistato il premio con Il vento che accarezza l'e


CANNES – E’ Ken Loach con I, Daniel Blake il re del palmarès 2016. Seconda Palma a dieci anni di distanza per il regista britannico, che aveva già conquistato il premio con Il vento che accarezza l’erba. La sua umana storia di moderna povertà ha conquistato la giuria, e ora si appresta a fare lo stesso con il mondo. “Il Festival – ha detto Loach – è molto importante per il futuro del cinema. Ringrazio innanzitutto i suoi lavoratori. E’ grazie a loro se siamo qui. Cercate di restare forti, per favore. Ci sono persone che faticano a trovare il cibo nel quinto paese più ricco del mondo. E’ un mondo pericoloso, con un progetto di Austerity neo-liberalista che ci ha portati alla catastrofe. Ci sono milioni di persone ridotte alla fame, per la grottesca ricchezza di pochi. Il cinema serve anche a rappresentare questo, le persone che combattono contro i ricchi e i potenti. Ma c’è un pericolo di disperazione che porta la destra ad avvantaggiarsi. Diamo un messaggio di speranza, un altro mondo è possibile e necessario”.

La cerimonia, condotta da Laurent Lafitte – tra l’altro presente nel film Elle di Paul Verhoeven, molto applaudito ma a secco di premi – dopo due anni di patrocinato di Lambert Wilson, è scorsa liscia presentando un paio di momenti leggermente fuori tono, di fronte a cui lo stesso presentatore sembrava sentirsi imbarazzato. Il primo sono state le lacrime prolungate di Xavier Dolan, vincitore del Grand Prix con il suo Juste la fin du monde. Il giovane ‘ragazzo prodigio’ che aveva già acquisito lo stesso premio due anni fa con Mommy non riesce a controllare le emozioni e sbotta in un pianto a tratti dirotto, trovando però il tempo di ringraziare famiglia con cui “mi trovo molto meglio rispetto a quanto fa il mio protagonista con la sua – ha detto – Non è mai facile condividere emozioni con gli altri. I miei sono personaggi a volte buoni, altre cattivi, ma soprattutto feriti”. Debordante e sopra le righe anche Houda Benyamina, vincitrice della Camera d’or con Divines.

La regista entusiasta prende possesso del palco e come posseduta lo cattura per più tempo del previsto, lanciandosi in mille ringraziamenti anche coloriti di un linguaggio piuttosto vivace. Insomma dice un sacco di parolacce, ma lo fa convinta della sua causa, che sono i diritti delle donne: “Mia madre ha fatto dei lavori di merda – esclama – ma ora è evidente che il Festival è nostro. Ci sono più donne nelle selezioni e la presidente della giuria (si riferisce a quella specifica del premio) ha il clitoride. Cannes è nostra!”. Per il resto musica e colore. A Jean Pierre Leaud va la Palma d’onore: “Io a Cannes ci sono nato – dice – quando Truffaut ha presentato I 400 colpi. Ora sono di nuovo qui con La mort de Louis XIV (ilm dello spagnolo Albert Serra in cui Léaud interpreta appunto il sovrano francese, presentato qui come evento speciale). Mi pongo la stessa questione che si poneva Bazin, ovvero ‘cos’è il cinema?”.

Non riesco a rispondermi, ma Cocteau diceva che ‘è la sola arte che cattura la morte al lavoro’. Dopo un breve concerto è la volta del premio al miglior attore, che è Shabab Hosseini, per Forushande di Asghar Farhadi. “Ringrazio Dio per questa possibilità – dice – e penso a mio padre che è in cielo. Questo premio lo devo al mio popolo e glie lo rendo col cuore”. Il film vince tra l’altro anche il premio per la miglior sceneggiatura, e il regista ne approfitta per raccontare un aneddoto: “Mentre stavamo lavorando il mio ingegnere del suono ci ha lasciati durante le riprese. Mi hanno proposto di vedere un film per distrarmi, visto che i lavori erano fermi. E mi hanno portato a vedere Mad Max, si vede che era un segno”, dice riferendosi a George Miller, regista dell’action con Tom Hardy che quest’anno presiede la giuria e gli sorride di rimando. In tenuta informale Jaclyn Jose, protagonista del film Ma’ Rosa di Brillante Mendoza e vincitrice del premio per la miglior interpretazione femminile, per il quale si ritrova spiazzata e senza parole come un pesche fuor d’acqua. Premio alla regia a pari merito a Cristian Mungiu e Olivier Assayas, e in particolare il primo spende parole per il cinema d’autore, “che non sta tanto bene – dice – se sopravvive è proprio grazie ai festival e a Cannes in particolare. Ma non abbassate la guardia”.

Andrea Guglielmino
22 Maggio 2016

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