Il cinema italiano contro il fanatismo

Molto impegno nelle dichiarazioni dei premiati ai Nastri d'argento 2016, dalla difesa dei diritti civili all'elogio della tolleranza. Ma non manca il "rodimento" dopo partita


TAORMINA – Non era facile risollevare l’umore del pubblico dopo la proiezione, nel Teatro Antico, della partita Germania-Italia. Ci ha provato l’attrice Matilde Gioli, chiamata a condurre la settantesima cerimonia di consegna dei Nastri d’Argento. “Sono emozionatissima”, ci confida prima di salire sul palco, dove sfoggia un abito sfavillante firmato Valentino con tanto di coroncina in testa, un look che Leo Gullotta definisce “da fata turchina”. Tra i primi ad affiancarla, un’effervescente Sabrina Ferilli che si lascia andare a battute sul “rodimento post-partita”, per poi evidenziare l’attualità del film Io e lei. A proposito di attualità interviene Marco d’Amore: “Non è vero che il cinema non cambia niente: smuove coscienze e stimola intelligenze”. Concorda Paolo Virzì che, nel ritirare i quattro Nastri per La pazza gioia e nel chiedere scusa alle sue attrici (“Ho approfittato della loro generosità e del loro modo viscerale di vivere il cinema”), si dice fiero di far parte della comunità del cinema italiano: “In questo momento di astio e angoscia, il nostro cinema parla di tolleranza, simpatia per gli ultimi e gli esclusi. Ironia e autoironia sono l’antidoto migliore contro il fanatismo, il dogmatismo e la ferocia che attraversa il mondo”. 

Edoardo Leo si fa portavoce, insieme a Fiorella Mannoia, di Emergency per “l’apertura di corridoi umanitari per portare aiuti e assistenza ai migranti”. Poco prima Maria Sole Tognazzi, Ivan Cotroneo e Francesca Marciano parlavano di diritti civili esprimendo un desiderio: “Speriamo non siano più un tema delicato, ma diventino nel cinema un tema quotidiano, mai scandaloso. Il soggetto di Io e lei è nato pensando a due donne diverse per raccontare che l’amore è uguale per tutti”. Tra le dediche, intenerisce quella di Valeria Bruni Tedeschi: “Ai miei figli che mi danno la forza di fare tutto, a Micaela Ramazzotti che mi ha sopportato per due mesi, a Paolo Virzì che ha trasformato in miele i miei difetti facendomi sentire accolta anche nelle mie cose più sgangherate”. Micaela Ramazzotti dedica il Nastro “a tutte le donne che sono cadute, si sono rialzate e meritano tutto il diritto alla gioia, all’amore e alla comprensione”. Beppe Fiorello rivolge un pensiero di gratitudine alla famiglia Borsellino, Carlo Verdone a Nino Manfredi e intanto la commozione collettiva per il ricordo dell’agente Graziella Bonacchi, a cui Stefano Accorsi dedica il suo Nastro, è palpabile.

Impossibile non ricordare anche Claudio Caligari: “Mi ha fatto fare un’esperienza, quella di Non essere cattivo, che ha cambiato la mia vita”, dice commosso Alessandro Borghi. Accanto a lui Luca Marinelli condivide l’emozione: “Grazie a Claudio e a tutta la banda Caligari: perché noi oggi siamo una banda”. Non vengono trascurati i fenomeni del botteghino. Così Pietro Valsecchi: “Non sarei qui se non avessi scoperto Zalone: voi siete grandi, ma Checco è un grande artista, e lo diranno le prossime generazioni. Con quattro film ha raggiunto 196 milioni di incassi”. Di risposta Paolo Genovese, pluripremiato per Perfetti sconosciuti, ironizza: “Io sono arrivato a 100: non sono i milioni, ma tutte le persone che lavorano nei miei film dietro le quinte e a cui sento di dover dedicare il Nastro”. Chiude Leo Gullotta, che festeggia anche i suoi settant’anni e spegne simbolicamente una candelina, ricordando che il cinema “non insegna: offre proposte per riflettere, crescere e capire meglio”.

Claudia Catalli
03 Luglio 2016

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