Da Trento alle Ande, emozioni in alta quota

Genziana d'oro del Trento Film Festival a Samuel in the Clouds del belga Pieter Van Eecke, Premio della giuria a Gulistan, Land of Roses della turca Zaynê Akyol


TRENTO – La montagna ha le sue regole implacabili, ma dipende dai suoi protagonisti per vederle applicate. Il Trento Film Festival omaggia ogni anno da 65 edizioni gli artisti dell’immaginario d’alta quota, che siano esploratori o alpinisti, scrittori o poeti. 118 film, 148 appuntamenti per 260 ospiti che hanno coinvolto gli amanti della cultura, dell’ambiente e dell’avventura. Aperta dalla star delle Dolomiti Reinhold Messner (qui trovate la nostra intervista), che ha raccontato tredici cime leggendarie nello spettacolo “Il fascino dell’impossibile”, e proposto il suo esordio alla regia Still Alive, ha presentato un programma cinematografico intenso, con un Concorso Internazionale da 10 film accolto con interesse dal pubblico e dalla giuria che ha assegnato le Genziane d’Oro. L’Italia ha presentato due film: See You in Texas, girato interamente nei monti Trentini, racconta di una coppia di ventenni e della loro sfida quotidiana contro il tempo inclemente e la voglia di vivere la propria giovinezza mentre sono impegnati in quota ad allevare cavalli; è ambientato invece in Perù Jardines de Plomo del piemontese Alessandro Pugno, che documenta la lotta di una comunità rurale contro l’inquinamento causato da una miniera.

Tra le pellicole più apprezzate del concorso, vincitore della Genziana d’oro, Samuel in the Clouds del belga Pieter Van Eecke, ritratto di un instancabile appassionato della natura, gestore della più alta stazione sciistica delle Ande boliviane, e una delle più alte del mondo, dove però il riscaldamento climatico ha cancellato ogni traccia di neve. Lui non si rassegna, come l’ultimo giapponese rimasto nella giungla alla fine della seconda guerra mondiale, e ogni giorno parte dal suo rifugio per andare ad accogliere i turisti in arrivo portando avanti la sua attività come fa da decenni. I climatologi dicono che le precipitazioni non torneranno, ma lui continua a sperare di rivedere le cime della sua montagna di nuovo imbiancate. Per il Premio della giuria dalle pacifiche Ande ci spostiamo sulle montagne del Caucaso e del Medio Oriente, al confine con la Siria, sulle tracce delle combattenti curde in Gulistan, Land of Roses della turca Zaynê Akyol, che si mette alla ricerca dei ricordi della Gulistan del titolo, sua cara amica, emigrata in Canada come lei, che si è unita al PKK ed è morta in combattimento nel 2000. Nel farlo entra in contatto con un gruppo di accanite guerrigliere che vivono costantemente un teso addestramento, pronte a difendere la loro patria senza confini dalla minaccia dell’ISIS.

Il Paese omaggiato quest’anno è stato l’Islanda, luogo estremo per eccellenza, in cui il grande Nord si confonde con la montagna e la natura regala alcuni dei suoi spettacoli più sorprendenti. Il manifesto è proprio dedicato all’Islanda dall’artista Guido Scarabottolo, un disegno fatto “per essere esplorato alla ricerca di cose che sono dentro di noi”. “Continua così – dichiara Luana Bisesti, direttrice del festival – il nostro impegno per far viaggiare il pubblico del festival, alla scoperta di luoghi unici e affascinanti, intendendo il viaggio come esperienza di conoscenza dell’altro, come contaminazione dei punti di vista e come apertura dei propri confini”. Tra i testimoni delle bellezze islandesi anche Fabio Volo, protagonista dell’evento “L’Islanda non è poi così glaciale…”. Lo scrittore, attore e conduttore tv e radiofonico ha raccontato dei suoi viaggi insieme alla compagna Johanna Hauksdottir – che proprio dell’Islanda è originaria – e ad Alberto Faustini.

Due gli eventi di chiusura che hanno nobilitato lo spazio cinema del Trento Film Festival, due film che si sono conquistati ammirazione in giro per il mondo. La principessa e l’aquila di Otto Bell, fra i semifinalisti per l’Oscar al miglior documentario e applaudito a Toronto, che celebra la storia di Aishoplan, ragazzina mongola che ha lottato per proseguire, lei donna, la tradizione della sua famiglia e del suo popolo di addestrare aquile. Il padre combatte insieme a lei, che si guadagnerà sul campo i galloni vincendo la competizione annuale fra i più abili addestratori della Mongolia, prima donna nella storia a riuscirci. Panorami di grande fascino e il viso dolce, ostinato e arrossato dal freddo della giovanissima protagonista conquisteranno anche il pubblico italiano, dove il film uscirà in settembre per I Wonder.

A chiudere il festival, la sera di domenica 7 maggio, l’anteprima del documentario francese La vallèe des loups (nella foto) del cineasta amante dell’estremo Jean-Michel Bertrand, che non pochi rischi si è assunto in prima persona per seguire tre anni di vita quotidiana di un branco di lupi da poco stabilitosi in una valle nascosta e di grande fascino. Uno dei molti casi di riconquista dell’animale selvaggio delle montagne alpine, in un film che racconta anche un’ossessione, quella del suo autore, e dei limiti nel rapporto fra l’uomo e la natura selvaggia. In apertura, invece, è stato presentato un curioso kolossal giapponese ambientato e girato nelle montagne dell’Himalaya. Everest – The Summit of the Gods di Hideyuki Hirayama è tratto da un manga del grande autore di fumetti Jiro Taniguchi, morto da pochi mesi, pubblicato anche da noi per Rizzoli con il titolo La vetta degli dei. Nel film, girato con grande ambizione epica e qualche scivolata nel trash, la scoperta in un negozietto del Nepal di una macchina fotografica potrebbe portare alla risoluzione di uno dei grandi misteri della storia dell’alpinismo: George Mallory fu o no il primo a raggiungere la vetta dell’Everest, prima di morire l’8 giugno 1924?  

Mauro Donzelli
08 Maggio 2017

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